Una società a misura d’uomo

Primo appuntamento con il libro di mons. Giuseppe Petrocchi, L'arte di unire. Messaggi ai politici, di prossima uscita per Città Nuova: un'accorato invito alla promozione della concordia e ad un «nuovo disegno della società»
Mons. Giuseppe Petrocchi
Mons. Giuseppe Petrocchi, attuale vescovo delle diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, ha fatto un’analisi lucida e appassionata sulla vocazione del politico e l’editrice Città Nuova ne ha fatto un libro: L’arte di unire. Messaggi ai politici, a breve in libreria.  Ve ne proponiamo una riflessione tratta dalle prime pagine, risalente al 2000 ma di sferzante attualità, in cui esorta i politici a riportare in primo piano l’interesse della società e a lavorare per ciò che definisce «il tempo della concordia»

 

«A Voi, che rivestite compiti di Autorità e di Governo nelle Istituzioni e nelle Pubbliche Amministrazioni;

a Voi, che vi impegnate, a vario titolo, nella vita politica, sociale e sindacale;

a Voi, che operate come imprenditori e liberi professionisti;

a Voi, che agite nell’ambito della cultura e dell’educazione;

a Voi tutti, carissimi Fedeli, auguro pace e prosperità nel Signore (cfr. Dn 3,98).

 

«"Il mio Creatore – dice la Sapienza – mi fece piantare la tenda e mi disse: fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele" (Sir 24,8). Nella pienezza dei tempi, il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14): così Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ha condiviso tutta l’esperienza umana, eccetto il peccato. È entrato, a pieno titolo, nel tempo, assumendolo nel suo disegno di salvezza. La storia, perciò, è il teatro nel quale Dio manifesta la Sua presenza, ed è nelle vicende umane che – come cristiani – dobbiamo ricercare i tratti del volto di Dio. Perciò non possiamo – e non dobbiamo – distogliere da essa il nostro sguardo.

 

«Voi siete attivamente impegnati nella vita politica, ossia nella «molteplice e varia azione economica, sociale, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune»[1].

È certamente una scelta esigente e lodevole quella che avete fatto, dedicandovi a promuovere il bene della città. Ciò richiede, come condizione previa, la elaborazione di un progetto-uomo e un disegno-di-società a cui ispirarsi, così come la mobilitazione delle vostre migliori risorse: innanzitutto la saggezza, la gratuità, l’onestà, la perseveranza. Insieme all’essenziale “equipaggiamento” culturale ed etico, ciascuno di voi, nell’affrontare questa impresa, deve “dotarsi” di un atteggiamento indispensabile e complesso: la capacità di dare ascolto alle attese dei cittadini, che costituiscono il primo soggetto sociale al quale dovete relazionarvi.

 

«Tale rapporto prioritario con la “gente” esige la crescente valorizzazione degli organismi rappresentativi ed aggregativi nei quali i cittadini si raggruppano: questi “gangli” essenziali della vita civile possono contribuire molto a mediare costruttivamente il rapporto tra le “sedi del governo” e la “base”. Penso all’apporto che possono offrire le circoscrizioni; le associazioni culturali, spirituali, pedagogiche; i centri della attività imprenditoriale e produttiva; le confederazioni sindacali; gli operatori della comunicazione sociale ecc.

 

«In particolare, se non vuole esporsi al rischio di una seria “anemia culturale”, chi governa ha l’obbligo di captare e valorizzare, il più possibile, le energie intellettuali presenti nel territorio. Esse vanno creativamente consultate e convogliate nel processo ideativo che sta alla base di ogni programmazione: saranno poi gli “esperti” e i “tecnici” a raccogliere e rielaborare quei “contributi di base” formulando le ipotesi operative conclusive.

Mi pongo, ora, da nuovo cittadino di questa Provincia, una prima domanda: gli intellettuali, le forze sindacali, le associazioni culturali e produttive diffuse nel nostro comprensorio hanno trovato nei partiti e nei luoghi istituzionali gli “aeropaghi” qualificati in cui esprimersi? Sono stati messi in condizione di dare il loro specifico e non surrogabile contributo alla edificazione del bene comune?

 

«Sono convinto che occorra di continuo immunizzarsi, con una severa autocritica e con frequenti verifiche, dalla insidiosa (perché coperta da “buoni motivi”) e sempre in agguato tentazione di barricarsi in gestioni del potere, che non consentono, di fatto, il gioco della collegialità, fondata sulla dialettica del confronto e della concertazione (…).

 

«Le congiure di palazzo, le lottizzazioni di potere, le acrobazie verbali che spesso coprono i motivi reali che hanno generato le decisioni prese, diventano cortine fumogene sempre meno penetrabili dalla gente comune, che finisce o per dare una delega rassegnata a quanti considera “patroni”, in cambio di favori individuali, o per disinteressarsi del tutto allontanandosi, disgustata, dalla politica attiva.  Per incentivare la pace operosa nella comunità occorre che l’intera società recuperi il suo compito di soggetto fondamentale e attivo della vita politica: sapendo, sempre meglio, esercitare un ruolo propositivo e stimolante nei confronti delle amministrazioni locali. La comunità civile va aiutata a sviluppare e maturare, nelle varie sedi aggregative, la funzione di verifica dei programmi presentati nelle fasi elettorali, confrontando gli asserti professati con i risultati realizzati, per poi, con serenità e senza isterismi, chiamare al “redde rationem”, coloro che ha scelto per governare la cosa pubblica.

 

«Chiedo, perciò, alla nostra gente di riappropriarsi con maggior vigore del compito di esercitare la giusta revisione critica dell’operato dei suoi amministratori. Il buon politico non si misura tanto dal numero di richieste particolari accontentate, ma dalla capacità dimostrata di pensare e agire secondo autentici orizzonti universali: cioè mirati a promuovere lo sviluppo della collettività. La domanda basilare da rivolgere ad ogni amministratore, nel corso del suo mandato, può essere formulata così: cosa fai, non per pochi, ma per tutti? È, infatti, lo spirito di servizio “all’intero”, e non solo a singoli segmenti, che «unitamente alla necessaria competenza ed efficienza, può rendere “trasparente” o “pulita” l’attività degli uomini politici, come del resto la gente giustamente esige»[4].

 

«La comunità ecclesiale pontina, ispirandosi al Vangelo, considerato «il più potente e radicale agente di trasformazione della storia»[5]Essa, in particolare, è convinta che «a una società come la nostra, che rischia di perdere la vera ed integrale misura dell’uomo, il Vangelo può offrire una visione antropologica, autentica ed equilibrata, capace di individuare e proporre i necessari riferimenti etici per affrontare e risolvere i grandi problemi»[6]., e guidata dal Magistero sociale della Chiesa, intende, con umiltà e sincera gratuità, offrire il proprio contributo di pensiero e di azione alla edificazione del bene comune, nel pieno rispetto delle coordinate dottrinali e pratiche che ne definiscono l’identità e la specifica missione.

Proprio perché non collegata con alcun schieramento partitico, e animata da una leale volontà di operare a vantaggio di tutti, la Comunità ecclesiale intende esercitare la “diakonia della verità”: non per legarsi a qualcuno, quando ne rileva ed esalta il positivo compiuto, né per diventarne avversaria quando, con l’umiltà della franchezza, ne denuncia difettualità e negatività. Essa, attraverso un “discernimento comunitario”, desidera specializzarsi nella politica della mano tesa e della amicizia verso tutti, senza però confondere il piano della buona relazione con quello della onesta valutazione, ricordando il detto antico: «amicus Plato, sed magis amica veritas».

 

«Il servizio della verità, vissuta nell’amore, richiede la reciprocità: infatti non si può pretendere di correggere o consigliare un altro se non si tollera di ricevere correzioni e consigli. Per questo la Chiesa Pontina, avendo viva consapevolezza di essere, al tempo stesso, santa e sempre bisognosa di purificazione, dichiara, per bocca del suo Vescovo, la sincera gratitudine a quanti, ricambiando la franchezza fraterna, la aiuteranno a migliorare il suo volto umano, sia con la conferma ed il consenso che con il contributo critico e il richiamo costruttivo. Essa, inoltre, intende incrementare e meglio qualificare la sua attività di formazione nell’ambito socio-politico ed aprire spazi di incontro, nei quali avviare la tessitura di un dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, anche se di “diversa ispirazione ideale”, nell’intento di «di creare convergenze che non annullino le identità, ma al contrario valorizzino le diverse appartenenze e radici»[7]. Ribadisce, inoltre, secondo la logica del Vangelo, la sua scelta preferenziale dei poveri (…).

 

«Tra le tante questioni alle quali vorrei fare riferimento, per aprire con voi, in spirito di amicizia e di stima, un dialogo costruttivo, ritengo condividere, anche solo per accenni, alcune considerazioni sulla economia pontina. Di fronte alla pervasiva “monetizzazione” che domina l’assetto mondiale della produzione e del mercato, la Chiesa oggi innalza un forte monito, finalizzato ad attivare una nuova e più approfondita riflessione sul senso della economia e dei suoi fini. «Vorrei invitare i cultori della scienza economica e gli stessi operatori del settore, come pure i responsabili politici – afferma il Santo Padre – a prendere atto dell’urgenza che la prassi economica e le politiche corrispondenti mirino al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo»[9].

 

«Il lavoro, ricordiamolo, è un diritto e un dovere della persona umana. Tale fondamentale attività deve rispondere, certamente, ai criteri della buona produttività, ma non va mai sganciata dalla matrice etica, che deve presiedere, tutelare ed orientare l’intero processo del suo sviluppo. Infatti «una economia che non consideri la dimensione etica e non si curi di servire il bene della persona – di ogni persona e di tutta la persona – non può di per sé neppure dirsi “economia”, intesa nel senso di una razionale e benefica gestione della ricchezza materiale»[10]La doverosa riaffermazione di questi valori, universali ed intangibili, certo non dispensa dal fare diagnosi lucide e dall’intraprendere terapie forti.. Va, inoltre, ribadito che la conformità della azione economica alla sua anima etica non manca di avere risvolti positivi nello stesso processo di produzione. «Sembra ormai confermato dall’esperienza – continua il Santo Padre – che il successo economico sia sempre più condizionato dal fatto che vengano valorizzate le persone e le loro capacità, promossa la partecipazione, coltivate di più e meglio le conoscenze e le informazioni, incrementata la solidarietà»[11]

 

«Voci insistenti e ripetute, riportate anche sui giornali, confermano l’impressione che la nostra Provincia stia come planando verso assetti sociali ed economici che ci vedono collocati agli ultimi posti delle classifiche nazionali. Si notano tensioni sociali, che scorrono sotto la superficie, e, come accade nei fenomeni carsici, riappaiono a tratti, specie sotto forma di tendenza alla trasgressione. Anche le chiusure di attività imprenditoriali, annunciate o dietro l’angolo, e l’alto tasso di disoccupazione creano un clima di ansietà, di sfiducia e di insicurezza, che possono tradursi in fattori gravemente turbativi della vita sociale. Tra queste tristi evenienze va annoverata la criminalità organizzata, che getta una triste ombra sul nostro territorio e rischia di rivelarsi una «pesantissima ipoteca sulla nostra convivenza civile»[12]Nel quadro generale appena tracciato e tenendo conto della specifica crisi occupazionale che colpisce, con drammatiche conseguenze, il nostro comprensorio, appare improrogabile invitare voi, Politici e Amministratori della nostra Provincia, a trattare la congiuntura-lavoro come una urgenza prioritaria. È ricorrente l’idea che il sistema produttivo pontino sia, in larga parte, paragonabile ad una imbarcazione che, costretta a navigare in un mare in tempesta, accusi, con angosciante successione, l’aprirsi di numerose e larghe falle lungo le sue fiancate, suscitando, nell’equipaggio, il timore di un vero e proprio naufragio occupazionale. . Ancora una volta sento il dovere di lodare l’azione di contrasto, esercitata con determinazione ed efficacia, dalle Forze dell’Ordine.

 

«Una crisi ampia, come quella che viviamo, non può essere sbrigativamente ricondotta ad una sola variabile. Occorre, al contrario, un approccio multifattoriale, capace cioè di cogliere la interazione di molteplici elementi. È questa una analisi da condurre senza pregiudiziali interpretative e senza analgesici ideologici: diventerebbe altrimenti impossibile emettere le diagnosi giuste ed avviare le terapie adatte. Commentando la impressionante catena di “decessi aziendali” che caratterizza questo periodo, un qualificato Esponente del mondo imprenditoriale pontino, con cui sono stato a colloquio, esprimeva il malessere, suo e della categoria, dicendo: «Nella zona sembrano mancare prospettive e volontà di cambiamento. La sfiducia degli imprenditori locali non è data solo dalla mancata assegnazione dei contributi; il problema fondamentale degli industriali è l’interlocutore locale, che spesso risulta sfuggente. Ci sono aziende, radicate nel territorio, che hanno problemi con strutture amministrative locali che dovrebbero favorire le attività produttive e invece le complicano (es. con ritardi decisionali, esasperanti procedure burocratiche, lentezze nella decifrazione dei problemi ecc.). Il marketing – continuava – non è solo costituito dalla parte economica, ma anche dall’apparato amministrativo locale e infrastrutturale: vuole efficienza e tempi certi».

 

«È chiaro: la malattia che colpisce l’economia pontina ha radici lontane. Non bastano soluzioni rimediate e provvedimenti-tampone. Occorre, insieme, ripensare senza acredine il passato (sia remoto che prossimo) e avviare una concertazione allargata che consenta di rielaborare un progetto di sviluppo di ampio respiro. Nell’attuale contesto di una economia globalizzata e soggetta a rapide trasformazioni, occorre stimolare forme nuove di imprenditorialità, incentivare l’aggiornamento dei sistemi di organizzazione del lavoro e di commercializzazione dei prodotti; attivare il buon flusso dei finanziamenti e promuovere gli scambi tecnologici. Occorre, soprattutto, cercare una corrispondenza maggiore tra le risorse reali del nostro territorio e le attività imprenditoriali. L’economia importata – è stato scritto – ha dato risultati deludenti: è un modello, perciò, che va gradualmente sostituito con forme più “nostre”. Occorre anche aggiornare la logica del lavoro, senza dimenticare, tuttavia, che «la giustizia e l’equità richiedono che la mobilità, assolutamente necessaria in una economia in sviluppo, sia regolata in modo da evitare che la vita dei singoli e delle loro famiglie si faccia incerta e precaria»[13]. Non sta a me – né lo saprei fare – indicare quali sono le rotte da percorrere: vedo con chiarezza, però, quale deve essere il metodo da adottare: quello della convergenza solidale.

 

«Il Qoèlet afferma che «per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo» (Qo 3,1). Questo, per la nostra Provincia, deve essere il tempo della concordia, mirata alla definizione e alla promozione del bene comune. Occorre, perciò, sostenere energicamente una politica della concertazione, nel rispetto, certo, delle molteplici competenze e diversità. Ma la meridiana della storia locale indica, senza ombra di dubbio, che questa è l’epoca in cui bisogna far precedere l’interesse di tutti all’interesse di pochi, sapendo che non si può promuovere il bene generale senza il corale apporto di tutti i soggetti sociali.

 

«Esorto, perciò, ogni Amministratore a farsi promotore di concordia, non solo all’interno della propria area di competenza ma anche tra le varie ripartizioni che articolano amministrativamente il territorio pontino.  A voi politici, la Chiesa Pontina, nel confermarvi la stima e la debita cooperazione, chiede «di fornire agli occhi di tutti serie garanzie di competenza, moralità e chiarezza […] sapendo anteporre le esigenze del bene comune agli interessi personali o di gruppo»[14]Una società sana non è una società che non abbia problemi o che, in certe epoche della sua storia, non vada soggetta a forme di malessere causate dalla infiltrazione di virus aggressivi e destrutturanti. Una società sana è quella che, quando si ammala, ha in sé le risorse per guarire.. Dobbiamo esserne certi: il coraggio di puntare “insieme”, su questo obiettivo non mancherà di essere premiato, consentendoci di conseguire vantaggi che sarebbero stai impossibili senza una azione unitaria. 

 

«Sono sicuro che la nostra società pontina ha straordinarie potenzialità umane e materiali che le consentiranno di affrontare e superare questa difficile congiuntura. Noi abbiamo molta fiducia in voi, Amministratori e Politici. La Chiesa, infatti, deplora l’assenteismo di quanti, con l’alibi che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, si disinteressano della cosa pubblica[15]Sappiamo che siete spesso esposti alle critiche: fungete non raramente da parafulmini sociali, sui quali si abbattono le scariche di tante conflittualità e scontentezze collettive. Soprattutto non vi giunge, come dovrebbe, la gratitudine di coloro che voi beneficate con la vostra dedizione: dedizione che comporta alti costi personali e relazionali, come ben sanno le vostre famiglie. , e «stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità».[16] 

 

«Ho avuto modo, nel tempo trascorso in questa terra benedetta, di intuire le grandi risorse di cui è ricca: potenzialità positive che – ne sono convinto – superano ampiamente gli elementi di insufficienza e negatività. Non ho potuto, per motivi di tempo, accompagnare la rilevazione di aspetti socialmente problematici con la dovuta esposizione delle cose che vanno molto bene, anche grazie alla vostra opera. Il mio intervento, dunque, non intende scadere nella unilaterale presentazione di una sorta di “lista delle lamentele”, ma vuol essere un appello, fraterno, forte e stimolante. Esso poggia sulla fondata speranza che, insieme, sapremo trasformare questo momento difficile in una occasione favorevole: non solo per fare meglio ma per “essere di più”».

 

 



[1] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici [=ChL] (30 dicembre 1988), n. 42.

 

[4] Ibidem.

[5] Cei, Evangelizzazione e testimonianza della carità. Orientamenti pastorali per gli anni ’90 (8 dicembre 1990), n. 38.

[7] Cei, Progetto culturale orientato in senso cristiano – Una prima proposta di lavoro (28 gennaio 1997), n. 2.

[8] Cei, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 38.

[9] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXIII Giornata Mondiale per la Pace 2000 (8 dicembre 1999), n. 16.

[10] Ibidem.

[11] Ibidem.

[12] Cei, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 52.

[13] Costituzione pastorale Gaudium et spes (= GS), n. 66.

[14] Ibidem, n. 51.

[15] Cfr. ChL, n. 42.

[16] GS, n. 75.

[17] Ibidem, n. 26.

[18] Cfr. Cei, Progetto culturale orientato in senso cristiano, n. 8.

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