Una rivoluzione che sia costruzione

Chiara Lubich e i protagonisti del cambiamento.
Genfest 2000

Per quanto nata ben prima dell'era Facebook, Chiara Lubich non manca sul celebre social network: ci sono tre pagine a lei dedicate, con oltre 32.500 iscritti. Una di queste è curata dai Gen 3, i ragazzi dei Focolari: a conferma che la fondatrice ha qualcosa da dire anche a chi, anagraficamente, è venuto dopo di lei. A testimoniarlo è proprio il web: come osserva Francesco, «Chiara non faceva altro che trasmettere la Parola vissuta: e noi, con questi straordinari mezzi, perché limitarci a raccontare la nostra esperienza in stanzette chiuse?».
Un approccio ai media già promosso dalla Lubich, che fin dagli albori della Rete invitava i giovani a «riempirla di cose belle». Ecco così nascere post sui social network, video su YouTube con registrazioni di discorsi di Chiara o creati dai giovani stessi, che tramite esperienze o musica trasmettono la spiritualità dell’unità.
 
Ma Chiara ha molto da dire ai giovani d’oggi soprattutto sotto il profilo della loro voglia di cambiamento, esplosa in movimenti quali gli Indignados e Occupy Wall Street. Già negli anni Sessanta, decade della ribellione per antonomasia, la Lubich invitava i giovani del movimento Gen a fare una “rivoluzione”. Esigenza tuttora sentita: «Quello che Chiara ci ha insegnato – osserva Luca – è che una rivoluzione “efficiente” non può limitarsi alla demolizione di strutture inefficienti e alla deposizione dei responsabili di una crisi sociale, economica o politica. Deve corrispondere a costruzione: di rapporti interpersonali, di una famiglia nel senso più pieno, di un mondo più equo».
 
Una costruzione che parte da sé stessi: «Tutto è iniziato con un viaggio a Fontem – racconta Maura – per fare un'esperienza di volontariato in Africa». In quelle tre settimane, «l’ideale di Chiara ha cambiato la mia vita: ho capito che il mio desiderio più grande era aiutare i nostri fratelli africani, ma non avevo le conoscenze per farlo. Così ho deciso di reiscrivermi all'università, alla facoltà di Scienze per la pace, la cooperazione e lo sviluppo». Ora Maura può affermare che «Chiara ci ha donato una spiritualità che ci permette di vedere la vita sotto un'altra luce: ogni nostra azione ha un sapore diverso perché è mossa dal raggiungimento del benessere collettivo e dell'unità». Anche Chiara conferma che la sua più celebre omonima le ha dato «una chiave di lettura della vita, per viverla nella sua dimensione più alta».
 
La cosa che i giovani sentono più forte però è che Chiara ha dato loro fiducia: «Ci ha insegnato che i “muratori” di questa nuova “casa” siamo noi – prosegue Luca –, perché il nostro slancio e le nostre idee danno lo stimolo alle altre generazioni». Di qui anche una responsabilità: «Chiara ci ha insegnato che possiamo e dobbiamo essere protagonisti di questo cambiamento – afferma Elisabetta – iniziando da colleghi, famiglia, amici, e anche i nemici». Anche Maura ritrova questa fiducia nel fatto che «noi siamo ancora capaci di sognare: gli adulti hanno i nostri stessi ideali, ma hanno più vincoli». Certo, ammette, «il rischio è che rimangano solo sogni: per questo è importante che si crei una rete con gli adulti».
 
L’11 marzo saranno i giovani i protagonisti dell’incontro “Chiara e le nuove generazioni” al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma) dalle 16 alle 18. In streaming su www.chiaralubich.org.

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