Una risposta difficile

“Due miei alunni delle elementari hanno uno zio in carcere per omicidio. I parenti, d’accordo con la scuola, hanno sempre detto loro che è partito per un lungo viaggio. Tutto è andato bene per tre anni, ma ultimamente uno dei nipotiini ha preceduto la nonna al telefono ed ha sentito la parola “carcere”: di qui tante domande” È permesso in casi gravi ricorrere alla bugia per risparmiare ai bambini certe tragedie?”. Una suora insegnante Se il periodo della detenzione non fosse ancora tanto lungo ci si potrebbe quasi permettere, facendo una eccezione, di non dire la verità. La notizia sarebbe davvero tragica; ma per fortuna, riguardando un parente non in primo piano, meno grave. Il motivo per cui bisogna invece sempre dirla poggia infatti su di una larga ed indiscussa base. I bambini hanno una fiducia illimitata nei genitori e negli educatori. Se scoprono di essere stati ingannati, ne riportano un danno gravissimo. A volte qualcuno ha tentato persino il suicidio. In un articolo che riguardava i regali avvertivo addirittura il pericolo di presentare ai bambini personaggi non veri, anche se poco importanti, come la Befana o Babbo Natale. Tornando alla domanda della lettrice, qualora il bambino tornasse sull’argomento carceri e il periodo di detenzione fosse ancora tanto lungo, consiglierei di rispondere, “dilatando” la bugia, che lo zio è in carcere in attesa di giudizio. I nipotini crescono, e per loro, lo smarrimento risulterebbe molto più grave se apprendessero la verità da estranei.

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