Una primavera a Praga

Praga, settembre. È una gioia vedere tanti vescovi di Chiese diverse tra la folla nel ponte San Carlo, mentre un cielo estivo fa splendere cupole e campanili della città d’oro. Alcuni turisti notano le vesti scarlatte dei prelati orientali, si fermano a chiedere chi sia questo gruppo. Vengono a sapere che si tratta di vescovi di diverse nazioni, dal Brasile all’Australia, dall’India agli Usa, dal Medio Oriente alla vecchia Europa, uomini di culture ed età diversificate – dai capelli candidi di un vescovo luterano alla barba nera di un quarantenne metropolita siro-ortodosso -, che si incontrano per vivere, anche grazie alla spiritualità dei Focolari, un ritorno alle radici dell’esperienza cristiana: scoprirsi fratelli. È segnato infatti, questo loro convegno, da fitti scambi e riflessioni sotto il titolo impegnativo: La mia notte non ha oscurità, una frase attribuita al martire Lorenzo, che invita a trasmettere luce negli aspetti di buio culturale del nostro tempo. E il titolo continua: Per una cultura della resurrezione ad indicare come rispondere al gran bisogno di speranza, nella Chiesa e nell’umanità. Momenti intensi come questo la possono alimentare e diffondere. A fine convegno, ne parliamo con il card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, coordinatore della manifestazione. Eminenza, dopo 26 anni di incontri come questo, c’è ancora spazio per una novità? Credo proprio di sì. Questo incontro secondo me è stato il più bello di tutti, veramente. Non solo per il clima estivo o le meraviglie di una città come Praga, ma soprattutto perché è emersa fortemente l’esperienza di comunione tra i vescovi qui riuniti, oltre alla realtà ecumenica che si vive qui nella Chiesa locale e con i Focolari. Tutto ciò si è concretizzato in particolare durante alcuni momenti. Penso alla messa nella cappella di San Venceslao che risale ai tempi della cristianità indivisa, incorporata nella cattedrale gotica di San Vito, considerata cuore della diocesi e della nazione. Commovente l’insieme di vescovi e popolo, in questa chiesa dove il martirio di san Venceslao – a tutt’oggi il personaggio più sentito in Cechia – ha fatto capire a noi vescovi quanto è vero che il sangue dei martiri è seme dei cristiani. Situato in mezzo ai palazzi governativi, questo santuario sta a significare anche che l’ambito civile e quello ecclesiale devono collaborare per la crescita spirituale di tutta la popolazione. Un altro momento intenso l’abbiamo vissuto nel Centro Madre Teresa alla periferia cittadina. Un luogo che non è solo la prima chiesa dedicata alla santa di Calcutta, ma un centro che vuole servire un quartiere nuovo con attività caritative, sociali, un consultorio familiare, un centro giovanile… Si è presentata la comunità dei vescovi alle 400 persone presenti, alcune di alto profilo intellettuale, politico, ecclesiale: una gioia per noi stare in mezzo alla gente, farci conoscere come fratelli e nello stesso tempo trasmettere la nostra testimonianza di Chiesa viva, uscita rafforzata e più unita dalla persecuzione di un regime disumano. Il 24 settembre c’è stato l’appuntamento con il Consiglio ecumenico nazionale. Un altro grande momento. I 20 membri del consiglio ecumenico ceco, nella Casa di Preghiera della Cìrkev bratrskà (Chiesa dei fratelli) sono intervenuti presentando le attività che svolgiamo insieme. Il consiglio comprende i rappresentanti di dodici Chiese, alcune molto piccole, che insieme raggiungono una percentuale del 4 per cento della popolazione, mentre noi cattolici formiamo il 27 per cento: il restante 69 per cento del popolo ceco si dichiara piuttosto deista: non però ateo, come erroneamente si scrive in Occidente… Il Consiglio è un organismo vivo, in cui per esempio collaboriamo efficacemente per una pastorale militare. Pur trovandoci in uno stato laicista, grazie alla nostra concordia, abbiamo potuto nominare – per ora – 19 cappellani militari che vivono accanto ai soldati non tanto per celebrare o predicare ma soprattutto come fratelli. È un modo di essere presenti nella società attuale – il consumismo è scoppiato anche qui dopo l’89 – e di fare opera di evangelizzazione attraverso queste persone, ben scelte in comune accordo tra le Chiese. Lavoriamo ugualmente nelle carceri e forse ci apriremo prossimamente agli ospedali. Uno dei risultati più importanti che abbiamo raggiunto è stato il riconoscimento reciproco del battesimo ed un accordo sul modo di celebrarlo. I vescovi erano stupiti dall’ attività ecumenica qui in Cechia, ma anche della vita sotto il comunismo e dello sviluppo del movimento dei Focolari durante quegli anni. Qualcuno allora ha parlato della primavera ecumenica di Praga, sia per la cordiale collaborazione fra le Chiese sia per la scoperta della fede in un Paese martire. proposito dei Focolari, il gruppo dei vescovi ha incontrato il movimento nella loro cittadella a pochi chilometri da Praga. Il movimento ha sostenuto con operosità discreta l’intero convegno, ma ha offerto soprattutto la sua spiritualità tramite le meditazioni di Chiara Lubich sul grido di abbandono di Cristo in croce che oggi incontriamo in qualche modo nella notte culturale del nostro Occidente. Una autentica luce per comprendere gli uomini del nostro tempo. Ma ha fornito pure segnali di una visione nuova della cultura, illuminata dal carisma dell’unità, che si diffonde, a mo’ di inondazione – per usare un termine patristico – nei diversi ambiti del sapere e dell’agire, come già possiamo constatare. Come in ogni nostro convegno ecumenico, il momento spiritualmente più coinvolgente rimane il patto dell’amore reciproco che i vescovi hanno formulato fra loro in solenne semplicità nella cittadella, circondati dalle persone del movimento. I presenti hanno potuto constatare quanto sia vero che questi vescovi si amano sul serio come fratelli, felici di incontrare la gente, di gioire con loro, di trovare una fede viva in tutti, nei bambini, nei giovani, nelle famiglie. Questo incontro mi resta impresso come un forte segnale di speranza e come esperienza della presenza operante di Cristo fra noi. Così il cardinale. Che la presenza di Cristo in mezzo – come ha promesso a chi è unito nel suo nome – tra questi vescovi di varie Chiese sia reale lo si è infatti potuto notare non solo nei momenti di preghiera ma anche quando andavano al self-service e si aiutavano a vicenda, quando stavano insieme a tavola, nelle loro conversazioni durante i viaggi in pullman… ma soprattutto dalla gioia sincera e dal clima fraterno che regnava tra loro. Al punto che uno di loro ha potuto chiedersi e chiedere: Ma perché, ora che ci troviamo così uniti, e sentiamo la presenza di Cristo tra noi, non cominciamo ad aprire tra noi un dialogo anche sui problemi teologici?. Chissà, potrebbe essere a via da seguire. TRE DOMANDE A CHRISTIAN KRAUSE Vescovo luterano, già presidente della Federazione luterana mondiale, Krause è persona cordiale e sincera. Dottor Krause, lei partecipa al convegno ecumenico per la quinta volta. Cosa rappresenta per lei questo tipo di incontro? Come prima cosa devo dire che questi congressi sono diventati per me un po’ la mia patria spirituale. A volte, un vescovo si può sentire solo, qui invece siamo in molti. Non facciamo politica né ecclesiastica né teologica: siamo solo fratelli. Durante questi giorni sperimentiamo la presenza spirituale di Cristo fra noi. Questo va ben oltre le frontiere che normalmente conosciamo, oltre i comportamenti diplomatici che si devono assumere in alcune circostanze. Condividiamo inoltre esperienze da tutto il mondo. Ad esempio, io ascolto le sofferenze dei miei fratelli anglicani, la cui Chiesa sta vivendo una forte tensione interna, vengo a conoscere la difficoltà di essere cristiani in Medio-Oriente… e potrei continuare l’elenco. Viviamo dunque una condivisione del cuore, unita alla preghiera. Dopo una esperienza del genere, cosa le rimane particolarmente impresso? Una cosa molto semplice: ho dei fratelli in tutto il mondo, in tutte le Chiese, e mi lega a loro il patto dell’amore scambievole. Questa è l’impressione principale. Poi, mi rimane impressa l’accoglienza straordinaria ricevuta qui a Praga. Con il cardinale Vlk c’è una bella amicizia, perciò è stato davvero un momento culmine poter stare nella sua bellissima città, vedere anche la casa dove vive. Infine, ho perso alcune amarezze che mi portavo nell’anima dopo la pubblicazione, da parte della Congregazione per la dottrina della fede, delle risposte a cinque quesiti circa la dottrina sulla Chiesa. Ora, a fine convegno, devo ammettere che insieme siamo riusciti ad andare al di là delle barriere: tra noi vale il rispetto gli uni verso gli altri, e questa è una cosa buona. In me si lega anche ad un sentimento di gratitudine alla Chiesa romano-cattolica, cui appartengono il cardinale Miloslav Vlk e i Focolari, per aver organizzato un incontro di questo tipo. Perciò: l’amicizia fraterna, la condivisione a livello mondiale e la comunione ecumenica restano per me i momenti più significativi del convegno. L’ecumenismo, sembra, attualmente non gode di troppa salute… Noi luterani in questo decennio stiamo preparando un grande giubileo per il 31 ottobre 2017, quando si celebreranno i 500 anni da quando Lutero ha appeso le sue 95 tesi alla porta della chiesa di Wittenberg, fatto che segnò un’epoca nuova, spezzando l’unità in Europa. Mi spiace che alcuni protestanti in Germania si avvicinino a questa data in modo poco ecumenico, perché fra il 1517 e il 2017 c’è stato il 1999, l’anno in cui ad Augusta abbiamo firmato con i cattolici la Dic hiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, e non possiamo tornare indietro. Perciò questo anniversario io credo dovremmo festeggiarlo insieme ai cattolici. Invece sembra che oggi la parola d’ordine sia quella di affermare il profilo di ogni singola Chiesa. Eppure, la gente se ne sta andando dalle chiese, sia protestanti che cattoliche… Per questo motivo ho sottolineato il pericolo che la nostra Chiesa, come anche la cattolica, si stia ritirando su sé stessa. Spero però che un congresso come questo possa essere una testimonianza di un modo diverso di fare ecumenismo. Infatti questa comunione costruita fra noi non si può spaccare, tanto che mi piacerebbe svolgere un prossimo convegno a Wittenberg, città di Lutero e simbolo della riforma, a testimoniare l’ecumenismo della comunione, della vita, come lo stiamo attuando noi nella spiritualità dell’unità. Sarebbe una chance ed anche un compito specifico, secondo me, dei Focolari.

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