Una povera Tosca

Alle Terme di Caracalla a Roma è in scena la musica di Puccini.

Chissà cosa ha spinto Franco Ripa di Meana ad inventare un palco obliquamente scivoloso e disorientante per i cantanti, con una gigantografia della topografia di Roma e grossi cerchi rossi a segnare i luoghi dell’azione: Castel sant’Angelo diventava un’indicazione topografica, Sant’Andrea della Valle una Madonna di Lourdes… E fermiamoci solo a considerare l’uccisione di Scarpia col crocifisso, il pastorello con l’agnello che bela (risate del pubblico), Tosca che muore svenuta come una eroina romantica e poi la folla di preti neri schierati di continuo. Purtroppo, non si tratta di incidenti di percorso. Spiace per Ripa di Meana, ma Caracalla, col cielo di Roma e le rovine, merita molto di più e certi allestimenti vanno bene al chiuso o all’estero…

 

Peccato soprattutto per Fabio Armiliato che festeggiava il ventennio del debutto proprio qui con Tosca! Armiliato è stato il migliore della serata. Voce virile, maschia, un “E lucean le stelle” di finezza nelle mezzevoci e nei pianissimi – da tempo non ne sentivo uno simile – attore sempre naturale. Micaela Carosi, invece, appariva una Tosca a volte sotto sforzo e, non per causa sua, impacciata (la scena della seduzione di seduttivo ha proprio poco…). Giorgio Surjan disegnava uno Scarpia privo di retorica e misurato. Paolo Olmi ha guidato un’orchestra, microfonata come i cantanti, cercando colori e “rallentati” per far arrivare al pubblico almeno qualcosa delle squisitezze timbriche di quest’opera astuta, carnale, tipicamente da Belle époque e dell’Italietta nazionalista, anticlericale e borghese dell’epoca. Ma che resta stampata nella mente e nel cuore. Pubblico folto, come meritava la prima opera della stagione estiva. Speriamo meglio in Carmen.

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