Una nuova luce per illuminare il mondo

Il Nobel per la fisica a 3 giapponesi inventori del led (diodo a emissione luminosa). Trent’anni di impegno per un’impresa che sembrava impossibile. Una rivoluzione ecologica ed economica per il terzo millennio. La diffusione rapidissima in tutti gli ambienti e dispositivi
led

Gradualmente le nostre case, le strade delle città e gli oggetti che utilizziamo si convertiranno ai led. Il motivo è semplice, conviene: le lampadine a incandescenza (inventate alla fine dell’Ottocento da Edison) durano circa 1.000 ore, le lampade fluorescenti o neon (realizzate alla fine degli anni Venti del secolo scorso) 10.000 ore, mentre i Led 100.000 ore.

Non solo: i led hanno un bassissimo consumo rispetto alle altre lampade, perché l’energia elettrica viene convertita direttamente in fotoni luminosi tramite un semiconduttore, senza passare per il riscaldamento del filamento come nelle vecchie lampadine a incandescenza, che sprecavano in calore venti volte più energia. Una efficienza energetica che, tra l’altro, è in costante miglioramento.

Ancora: la luminosità di un led è senza paragoni. Il record attuale è di ben 300 lumen per watt. Per ora.

Se poi consideriamo che un quarto dell’energia elettrica consumata nel mondo è dovuto all’illuminazione, si capisce l’enorme risparmio possibile grazie alla diffusione dei led ed il vantaggio per l’ambiente. Una vera rivoluzione è quindi in corso, nei lampioni delle strade, nell’illuminazione delle nostre case, nei computer, nei cellulari e così via.

Anche la storia di questa invenzione è interessante. La prima idea di emissione di luce tramite semiconduttore fu proposta da Henry J. Round, un collaboratore di Marconi, nel 1907. Nei primi dispositivi realizzati alla fine degli anni Cinquanta, si riusciva a produrre solo luce rossa, poi verde. Ma per produrre luce bianca mancava il diodo a luce blu (rosso+verde+blu=bianco). Nonostante gli sforzi di industrie, laboratori e ricercatori di tutto il mondo, non sembrava possibile arrivare al risultato.

Solo la testardaggine dei 3 giapponesi – Isamu Akasaki e Hiroshi Amano dell’università di Nagoya e Shuji Nakamura dell’università di Santa Barbara in Californianell’inseguire «un sogno», ha infine portato nel 1992 al risultato tanto atteso. Da qui il premio Nobel per la fisica ai 3 ricercatori.

«Un’invenzione di grandissimo beneficio per l’umanità», ha commentato la commissione del premio, proprio come voleva Alfred Nobel quando, nel 1895, scrisse il suo famoso testamento nel quale istituiva il riconoscimento alle persone che apportano «considerevoli benefici all'umanità».

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