Una fuga silenziosa dalla Capitale

Nuovi modelli dell’abitare e utilizzo di immobili di vecchia e nuova costruzione. Cittadini ed esperti ne hanno discusso a Grottaferrata.
Palazzi case condomini

Con un volo low cost si può arrivare a Londra con pochi euro in un fine settimana e conoscere i luoghi principali della capitale del Regno Unito. Così avviene per chi arriva a Roma. Il turismo di massa, secondo le previsioni degli esperti, interesserà quest’anno un flusso di 1.600 milioni di persone contro i 700 milioni del 2001.  

 

Questa libertà di movimento accompagna una riflessione. La gran parte degli abitanti sono estranei al luogo di residenza. Si muovono poco dentro la propria città. Compiono ogni giorno il tragitto per andare al lavoro e ritornano a casa senza conoscere ciò che accade in un quartiere limitrofo. È appena percepibile la visione complessiva della città, non considerata talvolta neppure un bene comune. Sono molto pochi i cittadini che si muovono per difendere l’ultimo brandello di verde rimasto tra i palazzi o che promuovono il recupero di aree degradate da destinare all’uso della collettività. Forti sono le pressioni dei costruttori e difficile è il compito degli amministratori divisi tra pressanti richieste abitative e interessi speculativi che rischiano di stravolgere il volto di un territorio.

 

Roma capitale presenta ancora un paesaggio con tratti campestri e agricoli. Dietro San Pietro esistono zone tutelate come parco naturale, con tanto di coltivazioni di frutta e verdura. Ma ci sono anche i quartieri dormitorio talvolta senza i servizi necessari, quali i trasporti, gli asili, le scuole e così via. Non mancano certo i centri commerciali, spesso considerati tra i più grandi d’Europa, sorti a discapito di quel presidio di prossimità e socialità che sono i negozi al dettaglio.

 

Nella gestione del territorio si consumano perciò idee diverse della convivenza che incidono in maniera decisiva nella vita delle persone e delle famiglie, che ogni anno si stanno spostando a migliaia dal centro storico verso i paesi e le cittadine dell’area metropolitana, intensificando un pendolarismo che non dispone di trasporti pubblici e reti stradali adeguate. Intanto i quartieri storici della Capitale hanno meno abitanti che nel 1951, ma il costo a metro quadro delle case cresce in maniera vertiginosa dappertutto. Alcuni urbanisti parlano di una vera e propria «espulsione di massa silenziosa» verso le periferie e le cittadine non solo limitrofe, ma di altre provincie. È in atto un crescente consumo di territorio, bene non infinito, spesso senza il rispetto di molte regole. Gli ultimi dati certificati a livello nazionale parlano, nel periodo tra  1990 e il 2005, di 3 milioni e mezzo di ettari di terreno agricolo coperti dal cemento, la dimensione di Lazio e Abruzzo messi assieme.

  

Ogni scelta produce, quindi, effetti a catena molto precisi come si può capire, ad esempio, seguendo il destino di tanti immobili, in via di dismissione, da parte del demanio. Come verranno gestiti? Ci sarà una ristrutturazione per ricavarne case a prezzo accessibile per tutti? Forme di housing sociale? O cessioni totali del patrimonio per un guadagno immediato? E in queste decisioni che ruolo avrà la cittadinanza?

Sono questi alcuni dei temi affrontati nel seminario pubblico Bene comune e gestione del territorio che si è svolto il 20 novembre a Grottaferrata, organizzato dalla rete di urbanisti, politici e giuristi espressione dell’ong New Humanity. Punto fermo l’idea che «La città, il paesaggio, il territorio, sono beni di tutti da condividere e valorizzare».

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