Una crisi non solo economica

Quest’anno è esplosa la prima grande crisi dell’economia globalizzata, che ci ha detto che una certa stagione del capitalismo ha esaurito la sua capacità generativa.
Borsa di Francoforte

Quest’anno è esplosa la prima grande crisi dell’economia globalizzata, che ci ha detto che una certa stagione del capitalismo, quello individualistico-finanziario, ha esaurito la sua capacità generativa e innovativa, e quindi deve presto evolvere. La finanza creativa e innovativa ha consentito all’Occidente industrializzato (in pratica Usa ed Europa) di alzare il suo tenore di vita nonostante negli ultimi venti anni la sua economia reale fosse entrata in profonda crisi, a causa della legittima crescita di Cina, Brasile, India.

 

Ma la crisi economica di questi ultimi decenni ha anche una radice in una crisi più profonda, e tutta interna all’Occidente, di natura spirituale, sociale, motivazionale. Di questa seconda crisi si parla poco, troppo poco, ma se l’Europa e gli Usa non saranno capaci di superare la mancanza di entusiasmo e di fame di vita che si insinua da tempo nelle sue persone e istituzioni, nessuna manovra o riforma finanziaria sarà capace di farci uscire dalle secche. L’economia la muovono, ben prima dei governi e delle istituzioni, le passioni e gli ideali dei cittadini, che oggi vanno rilanciati in un nuovo umanesimo, dove al nichilismo consumista si risponda con nuovi valori capaci di futuro e di felicità individuale e pubblica. L’eccessivo indebitamento privato (Usa) e pubblico (Europa) non è la causa della crisi, ma l’effetto, poiché ci siamo indebitati certamente per sprechi, vizi civili e malgoverno, ma anche per qualcosa di più serio.

 

In un mondo dove le relazioni e le comunità si impoveriscono, si risponde a queste nuove carestie di beni relazionali consumando più merci, e quando i soldi finiscono o ci vengono promessi a basso costo, ci si indebita. Oppure si dà vita (nei Paesi del Sud Europa) a uno Stato ipertrofico come risposta, sbagliata, al bisogno di salvare qualcosa di quella comunità di cui resta ancora una certa nostalgia nel Dna delle nostre culture meridiane. 

 

Ci attende un 2012 impegnativo, difficile, perché questa crisi non è di quelle che passano velocemente. Ma, come accade in tutte le crisi individuali e collettive, le stagioni difficili e dure possono diventare un tempo favorevole per attingere alle nostre energie più profonde, e magari ritrovarci migliori.

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