Un uomo libero chiamato Abbé

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Lo si creda o no, in questa Francia secolarizzata e laicista lo chiamavano tutti l’abate. Il presidente della Repubblica, Jacques Chirac, gli ha decretato l’omaggio della Nazione. L’Assemblea nazionale si prepara a votare una legge che porterà il suo nome e che permetterà ai senzatetto di sporgere denuncia contro lo Stato se, dopo le giuste richieste, non otterrà nessuna risposta concreta. Tutti i giornali di destra o di sinistra gli dedicano pagine intere, le televisioni e le radio programmano delle emissioni speciali. Nelle manifestazioni pubbliche si riconosceva la sua cappa floscia, il suo inseparabile basco e il suo bastone. Infaticabile o piuttosto dimentico della sua stanchezza, non perdeva una sola delle battaglie in difesa della dignità dei più poveri. Ma chi era quest’uomo che i piccoli di questo mondo adoravano, che i grandi rispettavano e che faceva tremare i governanti quando con la sua voce tremolante lanciava invettive per difendere i più poveri? Un uomo libero. Da bambino diceva: Sarò marinaio, missionario o brigante. In realtà, è stato un po’ di tutto ciò, un avventuriero pronto a mettersi fuorilegge se stimava una legge ingiusta. E lo faceva in nome dell’uomo, in nome di Dio. Nato nel 1912 in una famiglia del borghesia di Lione, scoprì san Francesco a 19 anni, in occasione di un pellegrinaggio ad Assisi. La sua decisione era presa: diede la sua parte di patrimonio familiare ad opere di carità ed entrò nei Cappuccini. La sua salute non gli permise di restarvi, e così diventò sacerdote a Grenoble. Nel 1942, davanti alla persecuzione degli ebrei, entrò a far parte della Resistenza. Henri Grouès diventa allora l’Abbé Pierre. Accoglierà ebrei e perseguitati, fornirà dei documenti falsi a chi ne aveva bisogno. Inseguito dalla Gestapo, raggiungerà il generale de Gaulle ad Algeri, entrando poi a far parte a Parigi del Consiglio nazionale della resistenza. Sarà eletto deputato dal 1945 al 1951. Sempre al servizio di più poveri, fondò nel 1949 le comunità degli Straccioni di Emmaus, da noi conosciute semplicemente come Comunità Emmaus. Come accadde ai pellegrini di Emmaus, una presenza misteriosa dà senso alla vita di coloro che sono nella prova. La frazione del pane è il segno forte della condivisione. È tuttavia il terribile inverno del 1954 che lo mette in prima linea sulla scena mediatica, per l’appello della sua voce ferma ma commossa sulle onde di una stazione radio: Amici miei, aiutatemi! Una donna è appena morta per il gelo, questa notte alle tre di mattina… Quest’appello scatenerà un formidabile slancio di generosità con l’arrivo di coperte, di vestiti, di tende, di volontari… Da quel giorno l’Abbé Pierre non smetterà più di assillare i politici e i media, i gruppi e gli individui, come fece allorché, nel gennaio del 1954, il piccolo Marc morì di freddo: Che cosa si può fare, immediatamente, affinché questo scandalo cessi?. Poiché l’abate non aveva soluzioni, faceva appello agli altri, a cominciare dai più poveri, per trasformare i suoi compagni di disavventura in compagni di Emmaus. Il processo che la nostra società fa a Dio è un processo fatto ai credenti: Oggi, il solo credente rispettabile è chi non è un credente con gli occhi chiusi, ma chi ha il coraggio di essere credente a tutti i costi; cioè chi è come chiunque altro suo fratello ferito, ribelle, scandalizzato per l’accumularsi di ingiustizie contro gli innocenti , affermava nella Mariapoli di Digione del 1972. L’Abbé Pierre aveva una fede nella misericordia di Dio a tutta prova. I commentatori, in questi giorni, lo sottolineano seppur con discrezione: Saint domicile fixe, santo fissa dimora, lo chiama Liberation, un giornale di sinistra molto poco favorevole alla Chiesa istituzione, facendo un gioco di parole con sans domicile fixe, senza fissa dimora. Uomo di Dio lo si dice volentieri. O uomo di preghiera. Dal 1985 al 1993 si era ritirato nel monastero benedettino di Saint- Wandrille. Quindi vivrà nella comunità Emmaus più vicina al monastero. E ad Assisi volle celebrare i suoi vent’anni di sacerdozio. Uomo libero, nessun politico riuscì ad arruolarlo dalla sua parte, al punto che nel 1992 rifiutò il distintivo di Grande ufficiale della Legione d’onore, per protestare contro l’ingiustizia edilizia. Uomo libero lo fu anche nei confronti della Chiesa istituzione, di cui deplorava l’immobilismo e il timore di esporsi, pur conservando un immenso amore per la persona dei vescovi e del papa: Il Buon Dio mi ha dato il senso delle insolenze misurate, disse di sé un giorno. Fedeltà, profezia, uomo di azione, uomo di preghiera: quest’uomo è stato per decenni in testa ai sondaggi delle persone preferite dai francesi, finché chiese di essere ritirato da questo genere di sondaggi. In occasione del suo ordinamento sacerdotale, il cardinale Daniélou gli avrebbe detto: Domani, quando sarai disteso al suolo, rivolgi una sola preghiera allo Spirito Santo, chiedendogli di accordarti l’anticlericalismo dei santi. ESSERE DONATORI DI GIOIA Le parole dell’Abbé Pierre alla Mariapoli di Digione, il 26 luglio 1972. Nel Vangelo, c’è una parola sorprendente, incomprensibile, sconcertante, una parola frequentemente ripetuta dopo la parola Padre. L’amore eterno disceso tra noi, quando vuole chiamarsi, si chiama spesso Figlio dell’uomo. Quando guardiamo il Cristo in croce, bisogna essere capaci di leggere tutto ciò che vi si trova: c’è tutto il dolore umano, il dolore della carne, del corpo, il dolore della disperazione del cuore abbandonato: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? . Ma egli ha voluto essere così totalmente come noi che ha voluto esserlo nel punto dove il dolore ci fa dire l’assurdo. Gesù è quello che così riassume tutto il dolore del cuore e del corpo, quello di tutta l’umanità e di tutti i secoli. Dobbiamo essere i credenti di questa fede vivente, di questa fede che può essere legittima speranza solo se è quest’amore di misericordia, rivolto verso i più sofferenti per servirli per primi e, politicamente, per farli servire per primi. Se così non si fa, ci si dice credenti ma non si ama. Dai dei soldi alla questua, ma non dai. Il dolore degli altri è estraneo alla tua vita. Siamo amati: è questo il canto di gioia che deve essere nostro, proprio quando siamo tentati di rimanere schiacciati dalle sofferenze che non riusciamo a guarire, ma alle quali vogliamo essere partecipi. È questa certezza di sapere che siamo amati e perdonati che può farci essere, perfino sotto il peso della pena, dei donatori di gioia. Abbé Pierre

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