Un sogno di pace

Non capita spesso di vedere il mondo così concentrato da poterlo contemplare con un solo colpo d’occhio. Con i suoi colori, le sue antiche tradizioni. E capita ancora più raramente vedere popoli di religioni ed etnie diverse convergere a ricomporre l’unità della famiglia umana attorno al bene prezioso e fragile della pace. È successo a Palermo, nel cuore del Mediterraneo. Dal 1° al 3 settembre, ebrei, cristiani, musulmani si sono incontrati per capire come le religioni possono superare i conflitti e contribuire alla costruzione di un mondo di pace. Oltre 460 ospiti, in rappresentanza di tutte le confessioni cristiane e delle maggiori religioni del mondo. Erano presenti responsabili di organismi internazionali, membri del corpo diplomatico, esponenti di spicco del mondo della cultura. “Cercatori di unità e di pace”, arrivati nel capoluogo siciliano per partecipare al Meeting “Uomini e religioni” che ogni anno, sullo “spirito di Assisi”, la Comunità di Sant’Egidio promuove in una diversa città europea. Posta al centro del Mediterraneo, Palermo è stata scelta perché è crocevia di culture, civiltà e religioni, terra di confine tra l’occidente europeocristiano e l’oriente arabo-musulmano. Per la sua posizione privilegiata, la città è chiamata – per vocazione – a divenire ponte tra i popoli e le culture che si affacciano sul “marenostrum”. E Palermo ha dimostrato in questi giorni di essere pronta a prendersi questa responsabilità. Con entusiasmo ha risposto all’invito della Comunità di Sant’Egidio partecipando numerosa ai forum, alle tavole rotonde, agli incontri cittadini, alle manifestazioni di piazza. Seimila gli iscritti. Gente comune che ha reso, fin dal primo giorno, il Meeting una “festa dell’unità e della pace tra le genti”. Un segno di grande speranza per chi crede che la pace, la vera pace, nasce dal cuore dei popoli. Tre giorni di lavoro intenso durante i quali ognuno dei 400 ospiti ha preso la parola. È uno dei tanti segreti che si celano dietro il successo della Comunità di Sant’Egidio. Nessuno – alle loro iniziative – è semplice spettatore. Tutti sono protagonisti, in prima fila, a costruire un evento che o è di tutti o non è di nessuno. Ma dopo l’11 settembre ha ancora senso parlare di dialogo? Siamo davvero alla vigilia di uno scontro tra civiltà senza precedenti? Sono i due interrogativi che più spesso si sono ascoltati durante i dibattiti palermitani. Un “no senza equivoci” è stato pronunciato da tutti i leader religiosi a chi afferma che uno scontro tra le civiltà è inevitabile. “Il messaggio che deve uscire da questo raduno – ha detto mons. Diarmuid Martin, rappresentante della Santa Sede – dovrà essere quello di un corale no al conflitto “. “Una guerra contro il terrorismo – ha aggiunto – non potrà essere altro che una guerra in favore dello stato di diritto, una guerra che non vuole semplicemente bloccare un nemico ma favorire un’equa convivenza fra persone, popoli e diverse culture”. Purtroppo ad aggravare la situazione, già così tesa, proprio in questi giorni è cresciuta a dismisura la tensione fra Usa ed Iraq con la minaccia di una nuova guerra. E in Medio Oriente non cessa di scorrere il sangue. A Palermo, israeliani e palestinesi hanno potuto sedersi attorno ad uno stesso tavolo e… parlare della paura. Chi regna in questo momento in Medio Oriente è la paura. Tutti hanno paura di tutti. Ecco perché, a Palermo, israeliani e palestinesi hanno chiesto aiuto alla Comunità di Sant’Egidio. L’hanno chiesto il ministro israeliano Dan Meridor e la rappresentante dell’Autorità palestinese a Parigi, Leila Shahid. Una proposta sostenuta anche dal card. Roger Etchegaray, che rende ancora più probabile l’ipotesi di una preghiera mondiale per la pace e di un incontro tra le grandi religioni a Gerusalemme. Molti altri ancora sono stati i temi affrontati in questi giorni. Cardinali, patriarchi, pastori, rabbini e teologi musulmani hanno parlato del grido inascoltato dell’Africa, dei difficili ma non impossibili processi di pace in oriente, delle sfide dell’America Latina. Tutto il mondo è passato da Palermo dove i rappresentanti religiosi hanno dato prova di concretezza ed autenticità. Un’esperienza che dura ormai da 16 anni. Una lunga storia di dialogo che sta facendo maturare all’interno della Comunità di Sant’Egidio l’idea di dare vita ad un “Parlamento delle religioni e delle culture per la pace”. Un luogo di incontro dove uomini di religioni e rappresentanti dell’umanesimo laico “volontariamente si riuniscono per perseguire il fine della pace e liberare le religioni da ogni pericolo di strumentalizzazione “. “Non abbiamo intenzione – ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità – di lasciarci sopraffare dalle ondate di pessimismo, generatrici di diffidenza, chiusura e ripiegamento amaro su di sé”. È responsabilità delle religione “comunicare a tutti la speranza di essere migliori “. Il messaggio del papa è chiaro. Se Assisi nel 1986 segnò “l’inizio di un modo nuovo di incontro tra credenti di diverse religioni: non nella vicendevole contrapposizione… ma nella ricerca di un costruttivo dialogo “, oggi, ha aggiunto il papa, “vivere questo spirito è ancora più necessario ” per accendere “fari di luce” sulle tenebre dell’11 settembre. A Palermo questa speranza non solo è stata comunicata, ma ne hanno dato testimonianza incisiva i leader religiosi. Zoroastriani, sikh, shintoisti, buddhisti, cristiani, ebrei e musulmani, l’ultima sera si sono divisi in otto luoghi diversi della città per pregare, secondo le proprie confessioni religiose, per la pace. Si sono poi dati appuntamento in punto centrale della città dove – scortati dalle fiaccole e da un caldo abbraccio di Palermo – hanno raggiunto in processione l’immenso palco azzurro in piazza Politeama. “A chi uccide e fa la guerra in nome di Dio – hanno scritto nell’appello finale – diciamo: Fermatevi! Non uccidete! La violenza è una sconfitta per tutti! “. “Un sogno – ha detto Riccardi – si è acceso a Palermo… Possa questo clima di pace accompagnare i passi di tutti i credenti, di chi ritorna nella propria terra, di chi ritrova i conflitti e le tensioni del proprio mondo”.

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