Un “Sogno” capriccioso

Il Sogno di una notte mezza estate Shakespeare si direbbe scritto apposta per stimolare invenzioni fantastiche: sceniche, registiche, interpretative. L’allestimento Giuseppe Marini sembra contenerle tutte. Sacrificando paura e mistero – atmosfere del mondo fiabesco e onirico della commedia -, egli spinge sul registro recupero dell’infanzia e sulla leggerezza. Crea un affascinante connubio tra musica (da Schubert a Bregovic, Nyman a Veloso), immagini, gestualità, alternando comicità e lirismo per sfociare, infine, in uno sprazzo tragico. Anche nel mondo delle due coppie di giovani, solito vicino a un registro drammatico, si insinua innocente comicità rende possibile la meraviglia. La percepiamo già nell’abbacinante prologo: gli attori schierati in bianchi pastrani, appaiono bendati, quindi, con specchi e una lente d’ingrandimento per acuire sguardo, rivolgono gli occhi ormai liberati verso il pubblico: un invito a riflettervisi e riconoscersi in queste vicende. Nel Sogno, come è noto, si sviscerano vari temi: le due coppie che si perdono nel bosco, inseguendosi amorosamente in variate combinazioni; il conflitto tra il re degli Elfi e la regina delle Fate; la recita buffa dei comici; il conflitto tra amore romantico e brutale, tra umani e mostri, adolescenti e adulti. Emblema di quest’ultimo aspetto è Puck, spirito obbediente di Oberon che tende ad emulare per elevarsi. Ma non vi riesce per una protesi ad una gamba che lo fa zoppicare. Cade sempre, ma si rialza, eternamente in bilico tra essere e non essere. Ai bamboleggiamenti dei personaggi – marionette capricciose, con tanto di schiaffi, di un teatrino irreale che ha la forma di una grande lunaoblò – seguono le buffonesche imprese dei comici con grembiule e fiocco, alunni alle prese con una scuola del vivere e del recitare. Marini compie un’operazione sul celebre testo tra le più interessanti finora viste, impegnando insieme attori giovanissimi e altri più consumati: come Giorgio Colangeli e Maurizio Palladino. Al Teatro della Cometa di Roma, e in tournée.

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