Un sogno avverato

Non so come mai, ma siamo finiti a parlare di loro, di quando s’erano conosciuti. “È stato una sera, una quindicina d’anni fa – mi dicono -, ad un ballo popolare, in una festa di paese”. Germano le aveva chiesto di ballare e lei, Paola, aveva detto di sì. Un innamoramento istantaneo; una scintilla. In quei pochi minuti che ballarono sul parquet di legno, alle note dell’orchestrina di liscio, qualcosa scattò immediatamente. L’avvertirono tutti e due, subito. Tanto che quella notte, tornati alle loro case, rimasero entrambi svegli fino alle cinque del mattino. E appena poterono corsero a dir tutto agli amici. Erano giovanissimi, diciassette anni anni lei, qualcuno di più lui. Seguì… il fidanzamento, il matrimonio, quattro anni senza figli e poi: Arianna, Elia, Gabriele, Mariano. Non li avevo mai incontrati prima, ma mi attira subito la freschezza che traspare dai loro volti. Forse frutto della maturazione e della fedeltà negli anni, alla scintilla scattata allora, durante quel ballo. Siamo nel prato di fronte alla loro casa, immersi nel verde delle colline dell’alto Canavese. Una cena tra famiglie d’amici: ognuno ha portato qualcosa, il cibo è sui vassoi in una lunga tavola; i bambini giocano al pallone; ogni tanto si fermano, vengono a prendere un boccone di pizza o di frittata; ogni tanto spruzzi del portentoso Autan per allontanare le zanzare. Spontaneamente ci mettiamo a conversare. Paola e Germano mi raccontano di loro, poi di come hanno conosciuto Nico, un ragazzo albanese. Germano scherzando con un amico, uno molto impegnato in attività sociali, mi dice: “Vedi lui è uno che le grane se le va a cercare. Noi no, a noi c’è capitata. Ma è stata un’esperienza importante”. Undici anni fa hanno conosciuto Nico. Era scappato dall’Albania per venire in Italia, dove già viveva una sorella. Con la speranza di trovare lavoro e dare una svolta alla sua povera vita. Era partito lasciando a malincuore Valentina, sua moglie, e la figlia Lorena di cinque anni. Dopo una serie di peripezie capita nel loro paesino del Piemonte, una piccola comunità, appena cinquecento persone. È ospitato nella grande casa in cui abita e lavora Emilia, una signora anziana, una donna con un cuore grande grande, un cuore davvero d’oro. Lei non solo lo ospita, ma gli fa pure un po’ da mamma. Una sera Germano incontra Nico a casa di Emilia. Si conoscevano già. Nico è disperato, la testa fra le mani appoggiata al tavolo: per una serie di motivi in quella casa non può più stare, dovrebbe trovarsi un altro posto, ma come? S’è reso conto che la vita da clandestino in Italia non è come aveva immaginato. Non è riuscito a trovare lavoro e si presenta lo spettro di dover tornare in Albania, più povero di prima. Per venire in Italia aveva racimolato tutto quello che aveva, s’era pure ipotecato la casa. Un disastro, insomma. “Il lunedì, che era pochi giorni dopo – racconta Germano – Nico doveva partire. Io non sapevo cosa dire, lo vedevo così prostrato… Torno a casa e ne parlo con Paola”. Si guardano negli occhi. Loro cercano di vivere da cristiani, sul cristianesimo hanno basato il loro matrimonio. “Non basta provare un po’ di compassione, dobbiamo cercare di aiutare”, si dicono. Si fanno venire in mente amici, conoscenze. Poi l’idea. Sì. “Trovassimo un albergo, magari in montagna, potrebbe avere lavoro e anche vitto e alloggio”. Germano si mette subito al telefono. Poi, dopo tante telefonate, trova uno che non dice immediatamente di no. Si attacca a quel filo di speranza, Germano. L’albergatore vuole delle garanzie su Nico. Germano si offre per darle. Attesa. Poi il venerdì sera, proprio un pugno di giorni prima del fatidico ultimatum, la chiamata. L’albergatore dice che si può fare. Nico viene assunto, in situazione irregolare, ma con una sistemazione e un guadagno discreto. Intanto la moglie, in Albania, deve far fronte agli ipotecandi che vogliono i soldi: “Se noi ci dai i soldi, ci prendiamo la casa”. Ma come far arrivare i soldi in Albania? In quei tempi era estremamente difficile e, nella situazione di Nico, quasi impossibile. “È allora – continua Germano – che ci viene in mente di parlarne al nostro amico, quello lì, che ti dicevo, che le grane va a cercarsele. Lui conosce uno che ha una ditta con rapporti di lavoro con l’Albania. Ci penserà lui, m’assicura”. E ci riesce. Proprio il giorno prima dell’intimato sfratto, Valentina riceve da uno sconosciuto che si presenta a casa sua, i soldi inviati da Nico. Un tuffo al cuore di sollievo. Può pagare e restare nella sua casa. “È stata questa serie di coincidenze a stupirci. Noi avevamo cercato di fare del nostro meglio, ma la provvidenza sembrava assisterci e aiutarci tempestivamente, oltre ogni aspettativa. Ci sentivamo rincuorati nel vivere il cristianesimo: per quel poco che avevamo messo di nostro… Dio s’era preso a cuore la cosa. Toccavamo con mano la sua presenza”. Finita la stagione estiva Nico può ritornare in Albania. Quando rientra in Italia, alcuni mesi prima della riapertura della stagione di lavoro, Paola e Germano decidono di ospitarlo a casa loro. Ora hanno una casa più grande e possono farlo, prima vivevano un po’ allo stretto. Ma il vivere assieme, s’accorgono presto, non è facile. Ci sono abitudini diverse: a Nico il rapporto tra Paola e Germano, così vicendevolmente premuroso, su un piano di parità, pare scandaloso; d’altra parte Paola fatica ad accettare anche solo l’idea che lui ha della donna. Ma cercando di far leva sull’amore e sulla reciproca accettazione riescono a superare le divergenti mentalità. Nico comincia ad aiutare nei lavori in casa, ad accudire i bambini. Poi la speranza di mettere Nico in regola con i documenti. Esce un decreto legge che prevede la possibilità di assumere e mettere in regola extra comunitari che dimostrino siano stati in Italia prima di una certa data. “In quel periodo abbiamo assistito a piccoli- grandi miracoli – dice Paola -, la disponibilità di un medico a seguire Nico nei suoi problemi di salute ha reso possibile certificarne la presenza prima di quella data; e per noi la possibilità di assumerlo senza grosse difficoltà come collaboratore domestico “. Ciò significa che può godere del permesso di lavoro per due anni. Ma le difficoltà non tardano a farsi nuovamente avanti. Il precedente datore di lavoro non lo assume più. Trova allora lavoro in una comunità di persone che soffrono di vari tipi di problemi; e abita pure lì. Ma l’inserimento in quell’ambiente così particolare si dimostra molto difficoltoso; in quel periodo si rompe pure una gamba. “Intanto Paola stava portando avanti con fatica la gravidanza di Gabriele – dice Germano -, e noi non riuscivamo ad essergli d’aiuto. Cioè, avremmo potuto ospitarlo da noi, ma Paola non se la sentiva”. Poi anche la possibilità del lavoro in comunità termina, e Nico cade in una profonda depressione. In quei giorni Paola diventava madrina di battesimo per il figlio di un’amica: “È stato in quella circostanza che ho capito che essere cristiani significa dar la vita per l’altro – racconta -. E mi sono chiesta: ma se non riesco ad accettare in casa un uomo nella disperazione, che cristiana sono?”. La sera stessa telefonano a Nico dicendogli di pazientare ancora quindici giorni, intanto avrebbero preparato la casa per accoglierlo. “Ma proprio pochi giorni prima di trasferirsi da noi un tizio che ha un bar e che conosce bene Nico ci telefona. Dice che un’impresa che mette pavimentazione può dargli subito lavoro”. Si informano sulla ditta, pare proprio seria. Così viene assunto e siccome la sede di lavoro è Ivrea, Nico decide di stare ancora qualche mese in comunità fino a quando potrà permettersi di affittare un alloggio nella cittadina. “Da lì in poi, è una strada in discesa – continua Germano -. Nico viene assunto regolarmente, e la sua domanda di congiungimento familiare viene accolta. Intanto i datori di lavoro della sorella di Nico decidono di lasciargli gratuitamente la disponibilità di un grosso alloggio proprio dirimpetto a casa nostra. In paese – che è una comunità generalmente un po’ chiusa, dove ognuno si fa tendenzialmente i fatti propri – inizia una vera gara per aiutare Nico. C’è chi si dà da fare per sistemare l’alloggio; chi procura mobili per arredarlo. Alcuni mettono insieme i soldi per comprargli un frigorifero nuovo”. “È una storia a lieto fine, insomma – dice Paola -. Tempo fa, parlando fra di noi, si sognava di vedere le nostre famiglie vivere vicine. Il sogno s’è avverato”. Nico, Valentina, Lorena e Matteo, nato nel frattempo, sono ora pienamente inseriti nella realtà del paese. E tutto il paese ha partecipato con entusiasmo ai festeggiamenti per il battesimo e la cresima di Lorena, che ha voluto diventare cristiana. “Raccontandoti questa storia – conclude Paola – ormai s’è fatto buio sul prato e i grilli cominciano a cantare, mentre un po’ alla volta gli amici salutano e tornano a casa – mi rendo conto che tante persone, con le loro debolezze ed errori, ne hanno fatto parte come in un puzzle. Senza un solo tassello, non si sarebbe concluso “.

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