Un sindacato multinazionale per la Fiat

Lavoro e globalizzazione nella due giorni di Torino che ha dato vita alla rete sindacale mondiale già esistente negli altri gruppi automobilistici. Intervista a Gianni Alioti della Fim Cisl internazionale
Fiat

"Player internazionale". Si chiama così nella scienza politica ed economica la società transnazionale che finisce per avere più potere, in concreto, di uno Stato. Come gli imperi di un tempo che vantavano di non vedere mai calare il sole sui loro possedimenti. Ma l’effetto dello spostamento di una produzione da un Paese all’altro non deve far pensare, per forza, alla remota Cina o al Brasile. Accade anche da noi, alla Fiat, dove il semplice annuncio di trasferimento nella vicina Serbia ha convinto sindacati e lavoratori a siglare accordi altrimenti ritenuti irricevibili. Come ci dice Gianni Alioti, responsabile dell’Ufficio internazionale dei lavoratori metalmeccanici della Cisl, davanti ad attori globali la forza lavoro, se vuole contare qualcosa, non può rimanere confinata in una forma organizzativa sindacale di tipo solo aziendale e nazionale.

 

L’incontro di due giorni ( 22 e 23 giugno 2011) svoltosi a Torino della rete sindacale "globale" del gruppo Fiat rappresenta l’esito di un lungo lavoro di tessitura, oltre le divisioni e le amarezze che accompagnano i rapporti tra le sigle dei rappresentanti dei lavoratori metalmeccanici in Italia, che ritrovano la loro unità a  livello mondiale per costituire il "World workers council" chiamato a dare voce e rappresentanza alle migliaia di addetti del gruppo Fiat-Chrysler. Una novità assoluta? Lo chiediamo ad Alioti che, tra l’altro, è anche il responsabile nazionale sicurezza del lavoro per la Fim Cisl: «Tutt’altro!», ci dice, «perché il movimento sindacale si è costituito fin dall’origine sull’idea di cooperazione e solidarietà internazionale. Nel nostro caso stiamo parlando della Fiat spa in cui sono occupate oltre 137mila unità di cui il 55 per cento fuori dall’Italia, mentre la Chrysler vede i suoi 50 mila addetti distribuiti attualmente tra Usa, Canada e Messico. I 62 mila dipendenti di Fiat Industrial (trattori e macchine industriali), recentemente distinta ma sempre facente parte del gruppo, sono collocati in Italia solo per il 29 per cento».

A che livello è il coordinamento dei lavoratori delle altre grandi multinazionali dell’auto?
«Esistono già da tempo accordi quadro internazionali e funzionano comitati aziendali mondiali per quanto riguarda le imprese francesi e tedesche. Con la statunitense Ford esiste una lettera di impegno in tal senso».

Il caso più interessante sembra quello della Volkswagen…
«Non solo. Anche per quanto riguarda il gruppo Peugeot Citroen esiste il riconoscimento di una Carta internazionale sulle relazioni sindacali che definisce i diritti di informazione, consultazione e co-decisione su temi come l’organizzazione del lavoro, i sistemi retributivi, la salute e la sicurezza nonché la sostenibilità sociale e ambientale».

Per quanto riguarda la Fiat cosa avete chiesto ?
«Come primo passo il riconoscimento del network globale del sindacato e l’avvio del negoziato di un accordo quadro internazionale sulla responsabilità sociale e ambientale e sui diritti fondamentali del lavoro estesi, beninteso, anche alla catena dei fornitori. Molto interessante, in tal senso, l’azione dei lavoratori statunitensi del gruppo verso le condizioni di quelli messicani».

Significativo il riferimento anche ai fornitori….
«Di fatto nel mondo globalizzato sono le imprese transnazionali che determinano, insieme con le reti di logistica e distribuzione, il flusso degli investimenti e i luoghi di produzione di lavoro coinvolgendo la sub-contrattazione dei fornitori». 

Un inizio interessante, ma che ostacoli dovete superare?
«Occorre saper compiere un salto culturale nei confronti di un clima autoritario ancora largamente presente nelle fabbriche italiane dell’auto. Perché altrimenti non si riuscirà a sviluppare quel clima necessario per vincere le sfide della qualità e dell’innovazione. D’altra parte la stessa nuova organizzazione del lavoro che si vuole diffondere basata sul Wcm, World class manufacturing, e l’Ergo-Uas presuppone il rispetto della persona e delle sue esigenze».

Per il momento nel coordinamento di quella rete che porterà al consolidamento del consiglio mondiale dei delegati sindacali della Fiat, ci sono tre italiani di Cgil, Cisl e Uil assieme ad un rappresentante brasiliano (nello Stato di Minais Gerais si trova, infatti, la fabbrica di auto più grande del mondo) e un delegato statunitense della United Auto Workers dal nome e cognome tipicamente italiani, Paolo Caucci, in quanto nipote di immigrati ciociari. Un segno di identità e di legame che rimane vivo dentro la globalizzazione delle merci e delle persone
».

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