Un pollo per due

Piccola guida ad uso del comune cittadino per non farsi ingannare dalle statistiche.
Un pollo per due

Colpisce la quantità di statistiche che ci troviamo ogni giorno davanti, su giornali, televisione e Rete. Al tempo stesso mi colpisce la superficialità con cui queste vengono proposte: una delle prime cose che raccomando ai miei studenti, infatti, è di leggerle usando il loro senso critico!

 

La statistica (le riviste di tipo sanitario, per esempio, ne sono piene) viene sempre più utilizzata per “fare informazione”: si mostrano grafici, si leggono percentuali, si parla di medie. In base alle statistiche si tirano conclusioni, si fanno osservazioni, si prendono decisioni.

Ma chi legge, molto spesso non è in grado di capire quanto vogliono dire, oppure addirittura se siano corrette o no. Spesso, in situazioni di incertezza (prima di elezioni, o nel fare sondaggi, oppure prima di prendere decisioni) chiediamo aiuto alle statistiche. La statistica, però, solitamente non può dare certezze, ma solo indicazioni in cui si tiene conto del grado di incertezza.

Trilussa ha scritto una simpatica poesia (vedi box), dove sottolinea che la statistica non può essere ridotta al solo calcolo di una media. Soprattutto perché una interpretazione parziale dei dati può portare a grossi errori!

Può succedere a questo proposito che chi ci fornisce i risultati delle statistiche sia interessato a farci vedere solo una parte della verità, dandoci informazioni non complete. Può anche capitare di leggere statistiche fatte su un numero di dati o di osservazioni troppo piccolo.

Si legge in un simpatico inserto de Il Sole 24 ore (30 agosto 2007) proprio sulla statistica: «Le sole statistiche di cui ci possiamo fidare sono quelle che noi stessi abbiamo falsificato», come diceva Churchill.

 

Vediamo alcuni esempi semplici. Il primo sulla media. Sapere che un gruppo di persone ha un’età media di 25 anni non fornisce alcuna informazione: potrei trovarmi di fronte a persone tutte di 25 anni, ma anche a ragazzi dai 20 ai 30 anni. Oppure il gruppo potrebbe essere formato da ragazzi di 16 anni con un solo adulto, oppure ancora da alcuni neonati con i loro nonni.

Quante volte sui giornali sentiamo parlare di medie, di tempo medio di attesa, di stipendio medio o cose simili. Conoscere anche l’età minima e massima del gruppo può aiutarmi a farmi un’idea più precisa… alle volte bastano pochi dati in più, per avere un quadro chiaro.

Un altro esempio: le stime. Quando non abbiamo dati precisi e completi, dobbiamo fare delle stime. Per esempio, posso dire che arriverò a casa alle 19 oppure verso le 19. Nel secondo caso, quel “verso le 19”, che potrebbe essere “a meno di 10 minuti”, fornisce una stima con un intervallo di tempo. In tale intervallo di tempo è contenuta l’incertezza della mia informazione. Se quindi “verso le 19” sottintende “a meno di 10 minuti” passa un’informazione che sarà ben diversa da quella “a meno di 30 minuti”, nel caso ad esempio di rischio di traffico.

Consideriamo l’auditel, il famoso sistema che fornisce dati sull’ascolto televisivo (anche se qui da noi in Italia sembra diventato un indice della qualità di una trasmissione!). Sappiamo che il valore dell’auditel è stimato sulla base di un campione, molto piccolo, di residenti italiani.

È interessante richiamare un articolo di Paolo Lòriga, uscito anni fa su Città nuova, in cui commentava l’indice di ascolto della partita Italia-Corea dei mondiali… veniva fuori che il numero di italiani che aveva visto la partita superava il numero totale degli italiani stessi!

Il dato dello share è abbastanza strano: ad esempio dicono che il TG1 di ieri sera era al 12,3 per cento, dato che poi viene confrontato con quello del TG5, del TG3; in base a tali confronti si stilano quindi le classifiche e si scrivono commenti. Dopo quanto scritto sopra, sembrerebbe più corretto fornire una stima di un intervallo dei valori (ad es. dire che lo share è stato dal 10 al 15 per cento…). Probabilmente, dato il campione molto esiguo, l’intervallo dei valori risulterebbe nella realtà esageratamente grande e quindi privo di informazioni significative (cosa capirei se mi dicessero che lo share del TG1 di ieri sera è stato “circa” del 12,3 per cento, cioè tra il 5 e il 19,6 per cento?).

Forse per questo motivo non molto tempo fa si è cominciato a parlare, prima delle elezioni, della famosa “forchetta”.

 

Altro esempio: i sondaggi. Vanno di gran moda, e solitamente sono poco dispendiosi. «Cosa ne pensate del candidato A? Chi preferite tra A e B? Date un giudizio sulla pulizia della vostra città. Quanto spendete alla settimana per fare sport?».

Il buon senso ci suggerisce subito che una cosa sarà fare un sondaggio via Rete, un’altra farlo via telefono nei pomeriggi, altro ancora farlo dal vivo in una piazza. Nel primo caso risponderanno persone che utilizzano spesso la Rete, nel secondo caso risponderanno prevalentemente anziani e ragazzi che fanno i compiti. Attenzione allora a chiederci sempre (e le statistiche serie lo fanno) a chi ci si è rivolti, o, come si dice, da chi è composto il campione.

Piccoli accorgimenti, ma utili e necessari per fare bene il nostro mestiere di cittadini informati e consapevoli. Usare la testa e ragionare, quindi, anche davanti ad una qualsiasi statistica.

 

La statistica curiosa

«Sai ched’è la statistica? È na’ cosa/ che serve pe fà un conto in generale/ de la gente che nasce, che sta male,/ che more, che va in carcere e che spósa./

«Ma pè me la statistica curiosa/ è dove c’entra la percentuale,/ pè via che, lì, la media è sempre eguale/ puro co’ la persona bisognosa./

«Me spiego: da li conti che se fanno/ seconno le statistiche d’adesso/ risurta che te tocca un pollo all’anno:/ e, se nun entra nelle spese tue,/ t’entra ne la statistica lo stesso/ perch’è c’è un antro che ne magna due».

Trilussa

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