Un pianeta di cioccolata

Intervista a Mirella Delfini, giornalista scientifica, scrittrice appassionata (e ironica) in difesa dell’ambiente.
Mirella Delfini

Mirella Delfini mi accoglie nella sua stanza piena di libri, ricordi di viaggio, frasi celebri. Nata nel 1925, ha 86 anni portati con semplicità, sorriso coinvolgente e voglia di fare: continua infatti a scrivere libri, incontrare gente di tutti i tipi, rispondere a interviste e inviti a conferenze.
«Sono nata meccanico motorista – tiene subito a precisare –, ma mi divertivo anche a scrivere per un giornalino, finché un amico mi ha scoperto: “Tu scrivi e sai anche com’è fatta una macchina dentro?”. Detto fatto, ho iniziato a collaborare con Quattroruote». Sono poi seguite altre testate, come Rotosei, Tempo settimanale illustrato, con Tofanelli, e Il giorno.
«Facevo grandi viaggi, come in Iran nel periodo di Mattei, ero diventata sua amica. La mia passione però è sempre stata la fisica, anche se dopo la guerra per studiarla avrei dovuto dedicarmi all’università, cosa per me impossibile, per cui ho seguito scienze biologiche e nel frattempo mi guadagnavo da vivere scrivendo su argomenti scientifici».
La svolta avviene quando entra a Paese Sera. «Mi sono subito occupata dei primi voli spaziali. Gli argomenti misteriosi che nessuno capiva li affidavano tutti a me. Ricordo Barnard, col primo trapianto di cuore, e gli immunosoppressori, argomento “difficile”. Ero, però, l’unica senza tessera del partito. Anni prima, infatti, subito dopo la guerra – avevo 21 anni e la tessera fresca del Pci –, il partito mi aveva mandato a lavorare al ministero degli Esteri. Dopo qualche tempo, appena prima delle elezioni, mi chiesero di inviare un telegramma che suggeriva di non rimpatriare subito i nostri soldati dalla Russia, perché sotto le elezioni avrebbero potuto essere controproducenti per l’auspicata affermazione del socialismo in Italia. A quel punto ho stracciato la tessera; mi hanno risposto che dal partito non si poteva uscire, ma solo essere cacciati, per cui ho detto: “Cacciatemi!”. Era l’anno della Costituente, il 1947. Tornando a Paese Sera, siccome ero senza tessera, quando parlavano di politica si chiudevano in una stanza senza di me. Mi accusavano di trotskismo, ma sono comunque rimasta finché il giornale ha chiuso, negli anni Ottanta. Poi ho cominciato a lavorare per testate scientifiche tipo La macchina del tempo».
 
Come ha cominciato a scrivere libri?
«Nell’86 a Paese Sera c’era Forattini. In quel periodo scrivevo per la radio svizzera piccole storie sugli insetti. Le ho date a Forattini perché le corredasse di disegni. Dopo un mese mi ha telefonato Paolo Caruso, talent scout della Mondadori, per propormi, con mia grande sorpresa, di raccoglierle in un libro. Ho accettato perché “tanto mi diverto”. Questa frase mi è rimasta appiccicata per anni».
 
Cosa significa essere giornalista scientifica?
«Tutti devono capire quello che scrivo, anche la mia portinaia o governante. Bisogna battersi per questo. Ho letto tanti libri di scienza, ma pochi mi sono piaciuti, proprio perché erano per iniziati. E oltre che capire, la gente si deve anche divertire. Me l’ha insegnato Buzzati: “Ricordati di divertire la gente come ho fatto io, anche con le cronache di guerra”. La gente deve poter sorridere».
 
Che ne pensa di Internet?
«Da una parte è utilissimo, dall’altra milioni di persone cercano solo di annegare nelle chat, spesso di una volgarità incredibile. Per fortuna sono riuscita a tirarmi fuori da Facebook. Affogarci dentro è proprio da cretini, ma la gente è mentalmente pigra, vuole solo riposarsi».
 
Perché un libro intitolato “Homo stupidus”?
«Perché l’uomo ha dimostrato di non essere sapiens. Stiamo consumando le riserve del pianeta, abbiamo allevamenti infiniti di animali, mentre sappiamo che tanta carne fa male. Se uno vuole energie deve mangiare carboidrati, non carne».
 
Lei sostiene che è arrivata l’epoca delle donne…
«Sono più tenaci e meno superficiali degli uomini. Certo, hanno il limite di prendersi delle cotte, non solo per gli uomini ma anche per le cose, sono troppo emotive. Ma in compenso sono intuitive, mentre gli uomini sono incapaci di capire il prossimo, vedono solo l’interesse pratico, niente al di là del loro naso. Di speranza ne è rimasta poca in questo mondo. Distruggiamo la Terra mentre non abbiamo ancora trovato un pianeta di ricambio. Dovremmo invece ripiantare alberi e imparare di nuovo a costruire le cose con le mani. La salvezza è questa».
 
Il suo nuovo libro “Andrà tutto bene” è dedicato ai ragazzi…
«Ho speranza in loro. Il nostro ambiente è disastrato, quasi irrecuperabile. Solo i bambini piccoli possono capirlo. Un giorno uno mi disse: “Salvate il pianeta, è l’unico con la cioccolata!”».

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