Un Patto per Napoli e lo sviluppo del Mezzogiorno

Il premier Draghi e il sindaco Manfredi hanno firmato un Patto per Napoli, che prevede lo stanziamento di un miliardo e 231 milioni di euro in vent’anni e l'impegno del Comune a stanziare risorse proprie. Previsti investimenti nelle infrastrutture, ma anche un aumento dell'addizionale Irpef. Attenzione riservata a donne e giovani.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, il Sottosegretario Roberto Garofoli, il Presidente della Campania De Luca, il sindaco Manfredi, e la Presidente del Consiglio Comunale Enza Amato, foto Governo con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

L’impegno assunto dalle forze politiche che avevano candidato Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli è stato mantenuto. Ieri, 29 marzo, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato con il primo cittadino partenopeo un patto per la città che prevede lo stanziamento di un miliardo e 231 milioni di euro diluiti in vent’anni. Una cifra necessaria a far fronte all’enorme debito pubblico accumulato nei decenni dal Comune, che ha superato i 5 miliardi di euro. I pagamenti, però, ha sottolineato Draghi, saranno legati al raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo, “esattamente come l’Italia fa con il PNRR”. Previsto anche un accordo per la promozione e l’attuazione di un sistema di sicurezza per la popolazione.

In base all’accordo per il ripiano del disavanzo, il Comune si impegna, per tutta la durata in cui è beneficiario del contributo, ad assicurare risorse proprie pari ad almeno un quarto del contributo annuo, da destinare al ripiano del disavanzo e al rimborso dei debiti finanziari. Non solo. L’amministrazione comunale dovrà migliorare la riscossione dei tributi, assegnando la riscossione coattiva a società specializzate. Aumenterà l’addizionale comunale dell’Irpef dello 0,1% dal 2023 e di un ulteriore 0,1% dal 2024. Dal 2023 verrà introdotta una tassa di imbarco aeroportuale. Si provvederà a valorizzare e vendere il patrimonio pubblico, a ridurre i fitti passivi dal 2023 e a razionalizzare il sistema delle partecipate, attraverso un piano che il Comune di Napoli dovrà definire entro il 1° settembre 2022.

“La nostra sfida – ha affermato il presidente del Consiglio nella Sala dei Baroni, nel Maschio Angioino, “è permettere a Napoli – e con Napoli, a tutto il Mezzogiorno – di mantenere la centralità che merita. Ed è una sfida che deve unirci tutti: Governo centrale, enti territoriali, società civile”.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina circa il 40% delle sue risorse al Sud, nel tentativo, finalmente, di colmare divari territoriali “ormai insopportabili. Il reddito pro capite del Mezzogiorno – ha spiegato il premier – è infatti poco più della metà di quello del Centro-Nord e il tasso di disoccupazione è più del doppio. Dobbiamo ammettere l’esistenza di una “questione meridionale”, ma dobbiamo allo stesso tempo evitare che si riduca a sterili rivendicazioni. Dobbiamo affrontarla con urgenza, determinazione, unità e umiltà. Perché l’Italia tutta ha bisogno che Napoli e il Mezzogiorno siano un motore del Paese”.

Per ripartire, Napoli può puntare su tradizione e innovazione. La tradizione tiene conto degli storici punti di forza: agroalimentare, turismo, moda. L’innovazione punta invece su aerospazio, industria dell’automobile, digitale. “Il polo universitario di San Giovanni a Teduccio, creato nel 2016 con il contributo decisivo dell’Università Federico II, ha permesso a tanti giovani di liberare il proprio talento. Napoli – ha sottolineato Draghi – sa dare il meglio di sé quando si apre al mondo”.

Gli investimenti del Pnrr riguarderanno anche i trasporti: 241 milioni saranno destinati al Porto, saranno completate le tratte dell’alta velocità Napoli Bari e Salerno Reggio Calabria, riducendo i tempi enormi dei collegamenti. Si investirà anche sul trasporto locale. “A Napoli – ha aggiunto il presidente Draghi – investiamo sulla metropolitana, sulla rete tranviaria, sugli autobus. Sperimentiamo una nuova concezione di mobilità urbana, basata sulla sostenibilità e sulle tecnologie digitali. Napoli si è classificata prima nella graduatoria dei progetti di mobilità sostenibile “MaaS”. La città vuole essere protagonista del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – e il Governo intende sostenerla”.

Per il premier, serve un salto di qualità nella gestione della spesa: “Il Piano va completato entro il 2026. Non possiamo lasciare che questi soldi vadano perduti o sprecati, come purtroppo è accaduto in passato ad altri, a molti fondi europei”.

Il premier Draghi e il sindaco di Napoli Manfredi, foto Governo con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

Molta attenzione viene riservata a “chi è stato lasciato ai margini della vita economica. Mi riferisco in particolare alle donne e ai giovani, le cui difficoltà a trovare un lavoro ben pagato sono allo stesso tempo una causa e una conseguenza dei ritardi di crescita del Mezzogiorno”. Nel 2020, il tasso di occupazione delle donne era di appena 35,1% al Sud, a fronte del 62% nel Centro-Nord, mentre il tasso di disoccupazione giovanile era del 35%, rispetto al 15% del Nord. In 18 anni, dal 2002 al 2020, più di un milione di persone sono andate via dal Sud, di cui il 30% laureate. L’impegno del governo è di aiutarle a rimanere nella propria terra.

“Il PNRR – ha aggiunto Draghi – è un’opportunità storica per affrontare molti dei problemi rimasti irrisolti nel Paese. E di farlo a partire dalle richieste delle comunità, con soluzioni e proposte condivise“. Ma serve legalità. Ecco perché, ha sottolineato il premier, “il Governo non intende tollerare infiltrazioni mafiose nella gestione dei soldi”. Tantissimi soldi, con una prima tranche immediata di 54 milioni entro il 31 marzo, data in cui, ogni anno, arriveranno i fondi.

Soddisfatto il sindaco Manfredi, per il quale quella di ieri è stata “una giornata di ripartenza. Napoli torna al centro della politica nazionale. Ora parte una nuova fase di impegno, di progettazione e di realizzazione degli obiettivi”. Tra i primi provvedimenti in programma ci sono l’assunzione di cento funzionari per il recupero dei tributi, il miglioramento della vivibilità e dei servizi per i cittadini. Con la firma del Patto per Napoli, trova dunque compimento l’impegno assunto dalle variegate forze che avevano convinto Manfredi a candidarsi: parte del Pd, M5S, Leu e Italia viva, nonché mastelliani, deluchiani e fuoriusciti di Forza Italia e di altre formazioni del centrodestra. Questa del resto era stata la condizione di Manfredi per affrontare una situazione economica di dissesto, seppur non ufficializzato

(Leggi qui il discorso integrale del premier Draghi)

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