Un indù di origine indiana come Premier inglese

La nomina di Rishi Sunak come Primo Ministro del Regno Unito porta novità inattese e alcune prime storiche, non solo per i sudditi di re Carlo III ma, a ben guardare, per tutto il mondo occidentale.
Rishi Sunak (AP Photo/Frank Augstein)

Rishi Sunak, il nuovo Premier del Regno Unito, sebbene cittadino britannico nato sul suolo di Sua Maestà (allora Elisabetta II), è di origine indiana. Proviene, cioè, da quella terra che era considerata il gioiello della Corona britannica, la colonia per eccellenza, quella che, da un punto di vista amministrativo e politico, codificò il processo di sfruttamento coloniale iniziato dalla Compagnia delle Indie Orientali nel XVIII secolo.

Allo stesso tempo, da quel mondo così diverso dalla nazione che aveva imposto il potere coloniale, emerse una figura come Gandhi, profeta non solo dell’indipendenza indiana, ma anche della legge universale della non-violenza e di alcuni diritti fondamentali dell’uomo e della donna.

La storia familiare del nuovo Premier inglese è una vera sintesi di geografia e geopolitica del Commonwealth. Infatti, i genitori sono emigrati in Inghilterra dall’Africa orientale nel 1960. Il padre Yashvir, medico generico, era nato in Kenia dove gli indiani sono una presenza molto importante, mentre la madre Usha, farmacista, proveniva dalla vicina Tanzania. I nonni, invece, erano nativi del Punjab da dove, poi, erano arrivati in Africa. Questi i fatti.

C’è però molto di più in questa semplice notizia che, con tutta probabilità, avrebbe fatto tremare i polsi, e non solo, all’Inghilterra di Winston Churchill e di Lord Mountbatten (che aveva negoziato l’indipendenza del Sub-continente indiano dal potere coloniale di Sua Maestà). Mai un Paese occidentale aveva avuto un Primo Ministro o Presidente di tradizione religiosa indù, anche se da tempo varie città (e Londra è una di queste) hanno sindaci musulmani.

Non si può negare che i processi coloniali, e le conseguenti teorie etnocentriche che li avevano accompagnati, trovano qui degli effetti boomerang non indifferenti. Per secoli, i popoli colonizzati erano stati considerati di rango inferiore di fronte a quella che era ritenuta l’unica vera civiltà. E non si tratta di retaggi superati. Basta vedere e ascoltare commenti nel nostro Paese, dove siamo molto meno avvezzi ad avere persone provenienti da altre culture (e di altre religioni) in posizione di potere amministrativo e politico. Ricordiamo l’esperienza, tutt’altro che facile, dell’on. Cécile Kyenge, ministro dell’Integrazione nel 2013.

Il mondo anglosassone – in particolare proprio quello britannico – ha vissuto, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, un progressivo evidenziarsi di processi sociali che oggi riconoscono l’importanza del merito rispetto alla etnia o cultura (e religione) di nascita. Contemporaneamente, i vari governi dei decenni trascorsi dopo il conflitto mondiale hanno favorito (o sono comunque rimasti aperti) i processi migratori anche in vista di assicurare manodopera a basso costo.

In tal modo, hanno velocizzato i processi di multiculturalismo in Gran Bretagna che, pur rimanendo aperti e per certi versi irrisolti, hanno, comunque, messo in moto meccanismi, in qualche modo, integrativi. È questa la cornice che ha permesso una notevole mobilità sociale nel Regno Unito, non solo fra i cittadini di origine inglese ma anche con e fra coloro che provengono dalle ex-colonie.

Oggi famiglie che erano considerate immigrati di origine coloniale sono pienamente integrate nella società inglese fino ad arrivare ad esprimere un sindaco nell’ex-capitale dell’Impero di Sua Maestà, e ora, addirittura, un capo del governo. Come qualcuno suggerisce un Primo Ministro di origine asiatica (di una ex-colonia), di cultura indiana e di religione indù rappresenta il trionfo e l’evidenza che il merito deve prevalere sul destino sancito dalla nascita e che le società si avviano ad essere sempre più multiculturali non solo alla base ma anche al vertice.

Sarà interessante vedere nel prossimo futuro, in occasione di conferenze internazionali, due indiani a capo di due grandi mondi, come quello inglese e quello indiano. Narendra Modi e Rishi Sunak si incontreranno e nei loro confronti bilaterali, sebbene entrambi originari del grande sub-continente indiano, rappresenteranno gli interessi e la sensibilità di due mondi, un tempo opposti e che oggi appaiono incredibilmente vicini (almeno al vertice).

Per ironia della sorte, Sunak è diventato Premier del Regno Unito proprio nei giorni della celebrazione del Diwali, la più importante delle feste indù, particolare ripreso in modo significativo dal Primo Ministro indiano Modi che, proprio nel clima di questa grande festività, in un tweet di congratulazioni, ha auspicato la trasformazione «dei nostri legami storici in una moderna partnership».

Ma c’è anche chi si è spinto più in là di Narendra Modi, come ha fatto Sudhanshu Trivedi, il portavoce del Bjp, il partito nazionalista indù attualmente e saldamente al potere in India. Il politico indiano ha affermato che forse «non è solo una coincidenza o un segno della provvidenza il fatto che nella notte di Diwali, il Kaal Chakra (il ciclo del tempo) stia indicando un nuovo disegno», con un premier di origini indiane chiamato ad «avere il ‘Raj’ sulla Gran Bretagna a 75 anni dalla fine del dominio coloniale».

Ma c’è anche chi ha ripreso il discorso da un’altra prospettiva, affermando che l’India stessa dovrebbe interrogarsi sui processi di induizzazione che si stanno realizzando al suo interno. Per esempio, Shashi Tharoor – l’esponente del Partito del Congresso sconfitto pochi giorni fa da Mallikarjun Kharge nella corsa alla guida della formazione politica dominata dalla famiglia Gandhi – aveva sostenuto che «i britannici hanno fatto qualcosa di molto raro al mondo, collocando un membro di una minoranza nella carica con più poteri. Chiediamoci onestamente – aveva aggiunto riferendosi all’India – può accadere anche qui?».

Non si può negare che i processi globali stanno veramente disegnando un mondo diverso sotto tutti i punti di vista. E non è che l’inizio!

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