Un incancellabile ricordo di papà

Il racconto di una conversione nell’ex Repubblica federale tedesca. La nascita di un nuovo rapporto tra padre e figli.

È stato un dono conoscere meglio l’ex Repubblica federale tedesca da un’amica venuta a farmi visita. Elke è nata e cresciuta a Lipsia. Ha ricevuto il battesimo a 11 anni. Prima non aveva mai sentito parlare di Dio. Il comunismo aveva cancellato ogni traccia di Lui, così che in famiglia, a scuola, con amici e amiche non si parlava mai di religione e quindi si aveva la possibilità di vedere o sentire solo dottrine prive di realtà trascendenti. «Qualche volta – racconta – con le mie amiche per curiosità guardavamo, attraverso il buco della serratura, l’interno della chiesa evangelica, che c’era, ma non si vedeva niente. Era tutto buio. E questo ci dava un senso di angoscia».

La sua storia mi incuriosisce e le chiedo del rapporto che aveva con i suoi genitori. Elke mi racconta che era bello. «Con papà più intellettuale, con la mamma più pratico. La mamma prima della guerra era luterana, dopo che la guerra aveva distrutto tutto e anche i suoi sogni futuri, il suo amico è morto in guerra, ha lasciato la Chiesa. Papà era ateo. Stavamo bene in famiglia e sono cresciuta serena. Devo dire che era una buona famiglia. Ci sentivamo liberi di intraprendere tante iniziative. Anche con i vicini di casa ci trovavamo spesso per feste di compleanno, ecc. A scuola praticavamo molte attività, teatro, musica, feste varie… Papà dopo la guerra ha tanto cercato di dare un nuovo significato alla sua vita. E dopo una lunga ricerca è entrato nella Chiesa cattolica. Fisicamente soffriva di mal di stomaco e un amico gli ha consigliato di andare da una dottoressa che, dalla Germania dell’Ovest, si era trasferita nell’Est per prendere in mano uno studio medico lasciato da un dottore che era fuggito nella Germania libera. “È una persona brava, può aiutarti”, gli avevano suggerito. Mio padre ha accettato questo consiglio e, attraverso quella dottoressa, ha conosciuto il Movimento dei Focolari. Questo episodio è stato molto importante per la nostra famiglia. Si è aperta per noi la strada per entrare nella realtà cristiana, nella fede, specialmente per me».

Continuo ad interessarmi e le domando cosa le avesse dato il partito prima. «Il partito mi aveva aiutato a guardare ai bisogni degli altri – mi confessa –. A scuola, per esempio, i più bravi avevano affidati i compagni che avevano difficoltà. Si studiava insieme a casa, ci si aiutava. Quando, per esempio, vedevamo una persona anziana che non riusciva ad attraversare la strada, la aiutavamo. Quindi c’erano aspetti positivi». «Credevi ciecamente nel messaggio comunista?», mi sento allora di chiederle. «Sì – mi risponde–, perché non sentivamo nient’altro. Non ho vissuto nessuna esperienza negativa a proposito. Sono cresciuta solo con quei principi nella mia famiglia e poi allora ero molto giovane e non mi ponevo molte domande… Mio padre insegnava all’università; aveva un dottorato in agricoltura. Quando è diventato cristiano, ha dovuto lasciare l’insegnamento e lo hanno mandato nella biblioteca dell’università. Lì non poteva influenzare nessuno perché era un ambiente neutrale.

C’è un episodio che mi piace tanto ricordare del rapporto con mio padre. Lui aveva colto il nucleo centrale della spiritualità cristiana: l’amore reciproco: trattarsi da fratelli, vedere nell’altro Gesù. Questo cercava di vivere e ne ho avuta una profonda testimonianza. Aveva capito che in famiglia potevamo vivere “alla pari”. Certo, questo non annullava il fatto di essere padre e figli. Così un giorno, dopo la messa, lungo la strada per tornare a casa, ha detto a me e mio fratello più piccolo: “Facciamo un patto fra noi: voi mi potete dire quando sbaglio e anch’io posso dirvi quando non vi comportate bene”. Ho subito detto a papà: “Allora posso dire a mio fratello quando fa qualcosa che non va bene?”. “Certo – mi ha risposto –, puoi farlo”. Così ci siamo stretti la mano a vicenda e siamo tornati a casa. Avevamo tanta gioia dentro. Io ho cominciato a riflettere e a dirmi: “Devo osservare molto bene gli sbagli di papà. Finalmente posso suggerire qualcosa a lui e anche a mio fratello”. Poi mi è venuto in mente che anche loro potevano correggere me. Così mi sono impegnata di più a rispettare gli altri. In famiglia da quel giorno c’è stata più armonia fra noi. Ora, dopo tanti anni che mio padre è già partito per il cielo, mi rendo conto che aveva raggiunto un grado di umiltà molto grande per un uomo e addirittura per un padre, attraverso il fatto di chiedere di essere corretto dai propri figli. Grazie papà per questa tua lezione di vita».

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