Un frate “angelico”

Il Beato Angelico è il santo e l'artista del sacro, ma resta una figura da scoprire. Il 18 febbraio, giorno della sua festa, verrà ricordato dal cardinal Ravasi e da vari artisti nella chiesa di s.Agostino a Roma
Beato Angelico

Sabato prossimo, 18 febbraio,  è la festa di Giovanni da Fiesole, detto il Beato Angelico,  beatificato da papa Woytjla, e nominato patrono degli artisti. Un domenicano umile “angelico et divoto”, come lo ha definito Giorgio Vasari nelle sue Vite. Oggi è sepolto in un monumento sobrio ma decoroso nella chiesa domenicana di santa Maria sopra Minerva, a Roma, dove il frate ha passato l’ultimo periodo della vita, morendo nel 1455.

Sfruttato sino alla noia nelle immagini devozionistiche popolari e in una certa arte sacra anche attuale che confonde il sacro con il pietistico, l’artista solo da pochi anni ha cominciato  ad essere compreso nella sua genialità. Pittore già fatto quando veste l’abito domenicano, Guidolino di Pietro – diventato fra’ Giovanni – è miniatore e pittore ancora affascinato dal tardogotico ma si apre presto alle conquiste del Rinascimento, finendo addirittura come pittore del papa Nicola V e chiudendo una intesa carriera con la decorazione della Cappella Niccolina in Vaticano, tuttora visitabile.

Ma forse il culmine della sua poesia lo raggiunge nella decorazione delle celle del convento fiorentino di san Marco, dove viveva. Meditazioni dipinte, sobrie nella impostazione e dominate tutte – come la sua pittura – dalla luce “intellettuale e piena di amore”. Secondo la spiritualità domenicana infatti la sua arte consisteva nel trasmettere a tutti ciò che aveva contemplato. Di qui il senso di bellezza luminosa dei suoi volti, che non sono fuori dalla  realtà – come gli imitatori hanno pensato -, ma inseriti dentro ambienti proporzionati, e rispecchiano una reale felicità interiore. Le creature di Giovanni sono persone realizzate, uomini e donne felici, anche nel dolore. L’idea dell’arte angelichiana come qualcosa di edulcorato, di misticheggiante è fuorviante: Giovanni conosce il dolore, la morte, ma vede tutto sotto lo sguardo della resurrezione, tanto che si potrebbe dire che la sua arte è la raffigurazione visiva del Cristo-Verbo, secondo il vangelo di Giovanni.

Quale il messaggio che la sua avventura artistica – umana e cristiana (Giovanni non è mai stato un religioso “mondano” come certi frati pittori del suo tempo, come Filippo Lippi) – lascia a chi si occupa di arte a contenuto religioso esplicito, oggi? Forse quello di vivere intensamente il cristianesimo, in modo tale da avere la libertà di seguire e di oltrepassare gli schemi religiosi per far sì che l’ispirazione – soffio dello Spirito – dica qualcosa di realmente nuovo, senza semplicemente rinfrescare l’antico.

Perciò il convegno che si terrà sabato 18 alle 16,30 presso la chiesa di s.Agostino col cardinal Ravasi ed artisti come Kounellis, può essere un notevole stimolo in questa direzione.

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