Un fondo per imprenditori in crisi

Il grande flusso dei finanziamenti delle banche si dirige verso le grandi società mentre aprono centri di ascolto per chi vuole fare impresa ma deve fare i conti con la recessione
Finanziamenti

Le imprese hanno bisogno di denaro per investire e creare ricchezza da distribuire. Secondo i dati della Cgia (Confederazione artigiani e piccole imprese) di Mestre, le banche preferiscono finanziare di gran lunga le grandi imprese, anche se, a conti fatti, risultano meno affidabili. Gli ultimi valori conosciuti, fermi a settembre 2011, raccontano di un gioco dove non c’è partita: su 1400 miliardi di euro stanziati per famiglie e imprese, ben 1134 (quasi l’80 per cento) sono andati a favore dei pochi grandi gruppi imprenditoriali esistenti in Italia, lasciando il resto a tutta quella estesa e creativa rete di imprese di piccole dimensioni che concretamente hanno retto il tessuto sociale ed economico italiano. La Cgia di Mestre, con il suo autorevole centro studi, ne è un esempio evidente, se si pensa a come questa zona d’Italia sia riuscita a resistere nonostante la scomparsa del gigantesco e inquinante petrolchimico di Porto Marghera.
 
A giudizio di artigiani e piccoli imprenditori la spiegazione è molto semplice e si trova nel fatto che le banche vedono spesso, nei loro consigli di amministrazione, titolari e dirigenti nominati dalle più influenti società di capitali. La carenza di liquidità per i piccoli imprenditori, anche in una zona ricca come il Nord-est, ha raggiunto livelli assai preoccupanti, tanto da spingere alcuni titolari di azienda a gesti estremi di impotenza e disperazione, fino al suicidio. Così, mentre il Paese è al centro del dibattito sulla rimozione delle tutele dell’articolo 18 per alcuni lavoratori dipendenti, avviene che tra Asolo e Montebelluna sia stato avviato un centro di ascolto per imprenditori con la consulenza di psichiatri del servizio sanitario nazionale e della Caritas di Treviso. Il progetto “Life Auxilium” nasce, come dice Stefano Zanatta, presidente della Confartigianato locale, da una salutare presa di coscienza: «La crisi va affrontata con coraggio e con tutti i mezzi e, prima di arrivare a gesti estremi, i piccoli imprenditori, i più colpiti dalla crisi economica, devono sapere che c’è ancora qualcuno che li può aiutare e sostenere. Ricordiamo che prima dell’imprenditore, c’è un uomo o donna, con la propria famiglia».
 
Un segnale importante che si associa a una proposta, avanzata da Giuseppe Bortolussi, presidente di Confartigianato di Mestre, di istituire un fondo di solidarietà in caso di mancanza di credito. Come dice Bortolussi, si tratta di «uno strumento che possa essere utilizzato da chi, dopo aver subito un rifiuto dalla banca, non sa più a chi rivolgersi. Le modalità potrebbero essere simili al fondo di solidarietà già esistente per chi è vittima dell’usura e del racket». Come ci è stato confermato dalla sede dell’associazione imprenditoriale, sembra che il progetto sia destinato ad andare a buon fine. Si tratta di recuperare a livello regionale una dotazione di qualche decina di milioni di euro, necessari per ridare speranza a una serie di operatori economici messi alle strette da un settore bancario che chiude le porte e l’accesso agli sportelli anche per qualche migliaio di euro, magari necessari per saldare debiti scaduti verso il fisco e gli enti previdenziali. Un reddito di emergenza e di ultima istanza che realisticamente può essere la salvezza in certe congiunture negative che potrebbero distruggere un patrimonio di operosità e di impegno che, spesso, produce occasione di lavoro e di reddito per altri lavoratori.
 
Un segnale che non potrà non essere colto a livello nazionale. Non solo come intervento di emergenza, ma con riferimento al sistema del credito. A chi e per cosa si presta denaro? 

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