Un documentario alla scoperta del genio di Raffaello

La sera del 2 giugno, nel giorno della Festa della Repubblica, su Sky Arte, prima visione del documentario del regista Phil Grabsky su “Raffaello alle scuderie del Quirinale”
Raffaello Sanzio - http://nevsepic.com.ua/art-i-risovanaya-grafika/2409-raffaello-sanzio-rafael-santi-37-rabot.html image, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=35440864

Per i tantissimi che – soprattutto a causa della pandemia – abbiano perso la «più grande» mostra mai dedicata a Raffaello, quella organizzata nel 2020 presso le Scuderie del Quirinale a Roma, per i 500 anni dalla morte dell’immenso artista rinascimentale, Sky Arte offre oggi la possibilità di recuperarla, in qualche modo.

La sera del 2 giugno, infatti, nel giorno della Festa della Repubblica, in prima visione alle 21.15 (ma poi si potrà vedere anche in streaming e on demand su Now) verrà trasmesso un interessante documentario dal titolo Raffaello alle scuderie del Quirinale: un’opera, diretta dal pluripremiato regista Phil Grabsky (esperto del genere documentario dedicato all’arte), che lega la composizione concettuale del percorso della mostra (sono 200 le opere prestate per l’esposizione da musei prestigiosi di tutto il mondo come il Louvre, gli Uffizi e la National Gallery) alla vita e al lavoro del genio di Urbino.

In questo film (passato per soli tre giorni al cinema lo scorso mese di settembre) parlano, tra gli altri, gli storici dell’arte Nicholas Penny e Tom Harry; il presidente delle Scuderie Mario De Simoni, il direttore dell’Accademia Raffaello di Urbino Luigi Bravi, la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta.

Insieme analizzano nel dettaglio la storia umana e artistica di un privilegiato (il padre di Raffaello era il pittore Giovanni Santi, in ottimi rapporti col Duca di Urbino Federico Di Montefeltro) che conobbe però la sofferenza presto (perse la madre a otto anni e il padre a undici).

Con elaborata chiarezza gli studiosi descrivono la forza creativa e la ricerca espressiva di Raffaello, le sue capacità pittoriche e l’interesse per l’architettura, lo studio dell’archeologia, senza trascurare la descrizione della sua articolata personalità, comprese le attitudini sociali e relazionali di questo gigante del Rinascimento, compreso il suo complesso rapporto (prima di amicizia e poi di competizione) con Michelangelo.

Il curatore della mostra, Matteo Lanfranconi, spiega quali sono le opere centrali della retrospettiva e perché si è scelto di costruirla con un tragitto a ritroso che parte dalla fine e arriva all’inizio dell’arte di Raffaello (non a caso l’esposizione è stata intitolata Raffaello 1520-1483).

Alla voce di Lanfranconi se ne aggiungono altre autorevoli, inclusa quella narrante, che ricostruiscono il rapporto di Raffaello col suo tempo e il suo lungo viaggio artistico da Urbino a Roma, passando per Città di Castello, Perugia, Siena e Firenze. Lentamente vengono svelate l’unicità, l’importanza fondamentale e il valore assoluto di «un artista – dice la voce narrante – che ha influenzato in modo incisivo la storia dell’arte».

La telecamera, visivamente capace di restituire la potenza dei colori veri, sia delle opere che della natura filmata, accarezza gli spazi espositivi, scruta l’arte mentre gli esperti la scandagliano. Spesso e volentieri l’obiettivo esce dalle scuderie per inquadrare la bellezza dei paesaggi urbinati e delle altre città percorse da Raffaello, a partire dalla sua grande casa natìa, a Urbino, fino alle antichità di Roma. Le immagini si lasciano coprire da parole precise e coinvolgenti: in testa le sublimi “recensioni” e le preziose considerazioni di Giorgio Vasari, ma anche quelle dello stesso Lanfranconi, che parla della «grande ricchezza e complessità dei vari piani narrativi e linguistici» di Raffaello, che lo rendono «molto più articolato, con molte più componenti e quindi più sorprendente rispetto alla stretta riconoscibilità alla personalità fortissima di Michelangelo e Leonardo».

Vediamo, nel racconto di questa mostra che dà ampio spazio al «sentimento collettivo per la morte di Raffaello», ma che non trascura le sue qualità progettuali, opere come La deposizione del 1507, o il Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, del 1518, a cui è stata data grande importanza nel percorso; e poi La Velata (1512-13), La fornarina (1519-20), tra gli altri, tra i tanti capolavori dell’esposizione.

Molto approfondito è il rapporto di Raffaello con Roma, con la Roma di allora, nella quale egli arrivò nel 1508. «La città dove portò a compimento la sua vita» dice Mario De Simoni; dove Raffaello «è diventato artista totale». Qui il suo talento di architetto, urbanista, archeologo, oltreché ovviamente di pittore, guarda l’antico, lo studia, ne comprende l’importanza di proteggerlo. «Ingrediente decisivo per infondere nelle sue opere umanità e naturalezza – aggiunge Lanfranconi – è la scoperta dell’antico».

È dunque nutriente e insieme godibile questo ritratto di Raffaello attraverso la mostra a lui dedicata al Quirinale. È denso di immagini incantevoli accompagnate da parole chiarificatrici, tra le quali meritano di essere riportate quelle ancora splendide del Vasari: «Il vero è che le altre pitture si possano chiamare pitture, ma quelle di Raffaello sono così vive – afferma lo storico dell’arte  – perché la carne delle sue figure sembra palpabile. Loro respirano, il loro cuore pulsa, accesa vitalità vi si scorge, e oltre alle lodi già ricevute hanno fatto guadagnare al nome di Raffaello ancora più fama. Per la bellezza di queste figure e la maestosità della sua pittura – continua il Vasari – le opere sembrano ammantate di ispirazione divina: chiunque le esamini direttamente rimane sbigottito, chiedendosi come l’intelletto umano lavorando con l’imperfetto mezzo di semplici colori, possa con l’eccellenza del disegno, far si che i soggetti nella pittura sembrino vivi»».

 

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