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Italia > Parità di genere

Un debito storico nei confronti delle donne artiste

di Verónica Cañizares Ramos

- Fonte: Città Nuova

Il ruolo delle donne artiste nella storia è sempre stato sminuito. Oggi, molti musei cercano di rivalutare queste pittrici del passato e dar loro maggior spazio all’interno delle mostre.

Fonte; Wikipedia

Secondo lo studio sulla disuguaglianza di genere nel sistema dell’arte in Spagna, realizzato dalla storica Marta Pérez Ibáñez, le donne occupano solo il 27% dei cataloghi delle gallerie e il prezzo delle loro opere è inferiore.

Chi non conosce Picasso, Dalí, Velázquez, Monet, Van Gogh, Greco o Cézanne? Ma lo stesso vale per Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Florine Stettheimer, Maruja Mallo, María Blanchard, Judith Leyster o Elizabeth Siddal? No, in realtà i primi sono ben noti dai i loro cognomi, ma molte di loro invece rimangono ancora sconosciute.

Questo dimostra quanto la storia dell’arte sia in debito con le donne artiste, che sono state sottovalutate per secoli. Dagli anni Settanta è emersa una corrente di teoriche e attiviste femministe che si sono dedicate a denunciare questa realtà e a salvare e rendere visibili le grandi artiste dimenticate ai margini della storia, relegate al ruolo di muse, la cui unica funzione era quella di ispirare i grandi artisti sopra citati.

Come spiega Helena Sotoco, manager culturale con una prospettiva di genere e creatrice dell’account Instagram @femme.sapiens, grazie a questa prima generazione di storiche dell’arte femministe sono state recuperate figure come Artemisia Gentileschi. L’opera dell’artista italiana è stata presentata al pubblico negli Stati Uniti nella mostra “Women Artists:1550-1950” (1976).

Se c’erano meno donne artiste, era perché all’epoca era praticamente impossibile per le donne abbandonare il loro ruolo di mogli e madri per dedicarsi professionalmente a ciò che le appassionava. Non avevano le stesse opportunità sociali, educative o economiche degli uomini. Nonostante ciò, molte sono riuscite a superare le barriere sociali del loro tempo e a sviluppare il loro lavoro. Tuttavia, quando una donna riusciva a superare tutte queste barriere, doveva comunque affrontare il disprezzo dei colleghi maschi che, interessati a mantenere i propri privilegi, arrivavano persino a rubare le sue opere per spacciarle per proprie, come spiega Ana Maria Díez Iglesias nel suo lavoro “Las mujeres artistas a lo largo de la historia: Entre la invisibilidad y el expolio” (Le donne artiste nel corso della storia: tra invisibilità e saccheggio).

L’associazione spagnola di donne artiste “Blanco, Negro y Magenta”, che lavora sul concetto di genere attraverso mostre, incontri e una propria rivista, afferma che l’occultamento delle donne come artiste è un’altra forma di violenza. L’artista e manager culturale spagnola Dora Román, membro dell’associazione, assicura che, al di là del silenzio, era ancora più grave quando le donne venivano private del riconoscimento come autrici delle loro opere.

Ci sono casi evidenti che, secondo Román, sono praticamente provati. Un esempio è La lattaia di Bordeaux, un dipinto di Goya che si suppone sia stato un anticipo dell’impressionismo in Spagna e che si sospetta sia stato in realtà dipinto dalla sua figlioccia, Rosario Weiss Zorrilla. E non è l’unico caso: Fontana, considerata l’opera più influente del XX secolo e attribuita a Marcel Duchamp, secondo Román, è stata –come prova una lettera– la baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven ad inviarla a Duchamp. Inoltre, la storia ha tolto a Hilma af Klint il merito della nascita dell’arte astratta, che tutti i libri attribuiscono a Kandinsky.

Allo stesso modo, le donne artiste furono relegate a muse o amanti dei grandi artisti maschi, come nel caso di Elizabeth Siddal (1829-1862), passata alla storia come la prima modella e amante di Rossetti, mentre in realtà era una pittrice e scrittrice inglese. Come gli altri preraffaelliti, dipinse spesso soggetti medievali e scrisse anche poesie che furono pubblicate dopo la sua morte. Merita quindi un riconoscimento all’interno di questo gruppo di artisti vissuti durante l’epoca vittoriana in Inghilterra.

Allo stesso modo, le donne artiste furono relegate a muse o amanti dei grandi artisti maschi, come nel caso di Elizabeth Siddal (1829-1862), passata alla storia come la prima modella e amante di Rossetti, mentre in realtà era una pittrice e scrittrice inglese. Come gli altri preraffaelliti, dipinse spesso soggetti medievali e scrisse anche poesie che furono pubblicate dopo la sua morte. Merita quindi un riconoscimento all’interno di questo gruppo di artisti vissuti durante l’epoca vittoriana in Inghilterra.

Artemisia Gentileschi (1593-1656), una delle più importanti artiste italiane del Seicento, eppure una delle più sconosciute fino a poco tempo fa, è stata la prima donna a entrare all’Accademia di Belle Arti di Firenze, la stessa istituzione da cui è passato Michelangelo, e nemmeno questo era stato rilevante per riconoscerle il suo posto nell’eredità della storia dell’arte. Durante la sua vita sopportò l’indifferenza e il rifiuto del mondo dell’arte del suo tempo perché era una donna, molti dei suoi dipinti furono attribuiti al padre o ad altri artisti maschi, e per secoli fu considerata una semplice curiosità.

Le sue opere si trovano oggi in varie gallerie di tutto il mondo, la più famosa Giuditta che decapita Oloferne si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze. La sua opera Madonna col Bambino è visibile anche alla Galleria Spada di Roma. A Madrid la sua opera Madonna e Bambino con rosario si trova nel Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.

Tutto ciò ha contribuito all’esistenza di un divario di genere nel mondo dell’arte odierno. Sebbene le istituzioni stabiliscano una parità che consenta alle donne di occupare il posto che spetta loro nella sfera artistica, nella pratica le donne artiste continuano a essere relegate, come dimostra la loro scarsa presenza nei musei, dove occupano solo il 27% dei cataloghi delle gallerie e non hanno le stesse opportunità degli uomini. Tuttavia, è vero che sempre più musei si stanno sforzando di recuperare l’eredità di tante donne artiste e stanno gradualmente aumentando il loro spazio nelle mostre, il che dovrebbe essere la strada da seguire fino al raggiungimento di una vera parità.

Una deuda Histórica con las artistas

Según el Estudio sobre desigualdad de género en el sistema del arte en España de la historiadora Marta Pérez Ibáñez, las mujeres ocupan solo el 27% de los catálogos de las galerías, y el precio de sus obras es menor.

¿Quién no conoce a Picasso, Dalí, Velázquez, Monet, Van Gogh, Greco o Cézanne? Ahora bien, ¿ocurre lo mismo con Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Florine Stettheimer, Maruja Mallo, María Blanchard, Judith Leyster o Elizabeth Siddal? No, de hecho, ellos son de sobra conocidos por sus apellidos, pero muchas de ellas continúan invisibilizadas.

Esto demuestra hasta qué punto la historia del arte tiene una deuda pendiente con las mujeres artistas infravaloradas durante siglos. A partir de los años 70, surge una corriente de teóricas y activistas feministas que se han dedicado a denunciar esta realidad y a rescatar y visibilizar a las grandes artistas que quedaron olvidadas en los márgenes de la historia, relegadas al papel de musas, cuya única función era inspirar a los grandes artistas antes mencionados.

Como explica Helena Sotoco, gestora cultural con perspectiva de género y creadora de la cuenta de Instagram @femme.sapiens, gracias a esta primera generación de historiadoras del arte feministas se recuperaron figuras como la de Artemisia Gentileschi. La obra de la artista italiana se mostró al público en EE.UU. en la exposición “Women Artists:1550-1950” (1976).

Si hubo menos mujeres artistas es porque en aquella época para las mujeres era prácticamente imposible abandonar su rol de esposas y madres para poder dedicarse profesionalmente a aquello que les apasionase. No tenían las mismas oportunidades sociales, educativas ni económicas que los hombres. Aun así, muchas consiguieron traspasar las barreras sociales de su época y desarrollar su trabajo. No obstante, cuando una mujer lograba traspasar todas esas barreras, todavía tenía que hacer frente al menosprecio de sus compañeros varones, quienes interesados en mantener sus privilegios, llegaron incluso a robar sus obras para hacerlas pasar por propias, tal y como explica Ana Mª Díez Iglesias en su trabajo “Las mujeres artistas a lo largo de la historia: Entre la invisibilidad y el expolio”.

Desde la asociación española de mujeres artistas “Blanco, Negro y Magenta”, que trabaja el concepto de género a través de exposiciones, tertulias y su propia revista, aseguran que la ocultación de la mujer como artista es una forma más de violencia. La artista y gestora cultural española Dora Román, miembro de la asociación, asegura que más allá del silencio, todavía era más grave cuando a las mujeres se les quitaba la autoría de sus obras.

Existen casos evidentes, que según Román, están prácticamente demostrados. Un ejemplo es La lechera de Burdeos, un cuadro de Goya con el que se supone que se avanza al impresionismo en España y que se sospecha que en realidad lo pintó su ahijada, Rosario Weiss Zorrilla. Y no es el único caso, Fuente, considerada la obra más influyente del siglo XX y atribuida a Marcel Duchamp, según argumenta Román, está demostrado por carta que fue la baronesa Elsa von Freytag-Loringhoven quien se la envió a Duchamp. Por su parte, la historia también le ha quitado el mérito del nacimiento del arte abstracto a Hilma af Klint, ya que en todos los libros se le adjudica a Kandinsky.

Asimismo, las mujeres artistas fueron relegadas a musas o amantes de los grandes artistas masculinos, como es el caso de Elizabeth Siddal (1829–1862), quien ha pasado a la historia como la primera modelo y la amante de Rossetti, cuando en realidad fue una pintora y escritora inglesa. Al igual que el resto de los prerrafaelitas, pintaba a menudo temas medievales y también escribía poemas que fueron publicados después de su muerte. Por lo tanto, merece su reconocimiento dentro de este grupo de artistas que vivieron durante la época victoriana en Inglaterra.

Por su parte, cabe destacar el caso de Artemisia Gentileschi (1593–1656), una de las artistas italianas más importantes del siglo XVII y aun así una de las más desconocidas hasta hace poco. Fue la primera mujer en conseguir entrar en la Academia de Bellas Artes de Florencia, la misma institución por la que pasó Miguel Ángel, y ni si quiera fue relevante para tener su lugar en el legado de la historia del arte. Durante su vida tuvo que aguantar la indiferencia y el rechazo del mundo artístico de su época por el hecho de ser mujer, muchos de sus cuadros llegaron a ser atribuidos a su padre o a otros artistas varones y durante siglos aguantó el ser considerada como una mera curiosidad.

Actualmente, sus obras están repartidas en diversas galerías alrededor del mundo, la más famosa Giuditta che decapita Oloferne puede visitarse en la sala Uffizi, Florencia. También su obra Madonna col Bambino se puede visitar en la Galería Spada, Roma. En Madrid se puede visitar su obra Madonna e Bambino con rosario en el Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.

Todo esto ha contribuido a que hoy exista una brecha de género en el mundo del arte. Aunque desde las instituciones se establece una paridad que permita a las mujeres ocupar el puesto que les corresponde en el ámbito artístico, en la práctica las artistas siguen siendo relegadas; un ejemplo es su escasa presencia en los museos, pues ocupan solo el 27% de los catálogos de las galerías y no se las dota de las mismas oportunidades que a los hombres. No obstante, es cierto que cada vez más museos se están esforzando por recuperar el legado de tantas artistas, y poco a poco van incrementando su espacio en las exposiciones, lo que debe ser el camino a seguir hasta alcanzar una igualdad real.

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