Beirut. C’è una certa attesa qui in Libano per la venuta di papa Leone XIV, dopo avere atteso invano papa Francesco, impedito più dalla guerra che ha coinvolto Israele, Hamas e Iran, che dalle sue precarie condizioni di salute. L’attesa è più forte qui che in Turchia, dove i cristiani sono un piccolo manipolo, prima tappa del percorso ecumenico di papa Prevost. Ad Ankara dovrà fare i conti con un presidente “forte”, che non ha esitato a limitare al massimo lo spazio d’azione dei cristiani, mentre a Beirut incontrerà un presidente “debole” ma maronita, quindi cristiano orientale legato a Roma.
Il programma è denso: in Turchia, dal 27 al 30 novembre, il viaggio avrà come focus l’ecumenismo e la commemorazione del 1700° anniversario del primo Concilio di Nicea, avvenuto nel 325 d.C. Le tappe principali saranno ad Ankara, per gli incontri istituzionali; a Istanbul, per gli incontri istituzionali e con il patriarcato ecumenico; infine a İznik, l’antica Nicea, con un evento chiave, l’incontro ecumenico di preghiera presso gli scavi dell’antica basilica di San Neofito. Verrà firmata una dichiarazione congiunta con il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, nel palazzo patriarcale di Istanbul. Papa Prevost visiterà pure la Sultan Ahmet Camii, la Moschea Blu, a Istanbul.
In Libano, invece, papa Leone resterà dal 30 novembre al 2 dicembre. La tappa in Libano vuole essere un segno di sostegno a un Paese che sta attraversando gravissime crisi politiche, economiche e umanitarie, ed è intesa a promuovere la convivenza religiosa e la pace nella regione. Vi saranno incontri con le istituzioni dello Stato e con le diverse comunità cattoliche e cristiane. Il papa visiterà il Porto di Beirut, il luogo devastato dalla tragica esplosione del 4 agosto 2020; visiterà poi luoghi spirituali importanti come Annaya, Harissa e Bkerké, pregherà sulla tomba di Mar Charbel e presiederà una grande messa nel Beirut Waterfront prima della cerimonia di congedo. In sintesi, nove discorsi, cinque saluti e due omelie.
Alcune riflessioni vengono naturali, a cominciare dal fatto che per il suo primo viaggio papa Leone ha voluto seguire “mimeticamente” i desideri del suo predecessore. Se una nota è chiara nei primi mesi del suo pontificato, è che Prevost segue Bergoglio non contraddicendo mai quanto fatto dal papa argentino. Casomai prende decisioni correttive, che non possono mai apparire come un diniego, una smentita, tanto meno un cambiamento radicale di tutto ciò che Bergoglio ha fatto. Anche questo viaggio. Vedremo quale sarà lo stile dei suoi interventi, come si comporterà coi giornalisti in volo, come si immergerà nella folla. Da notare che Prevost ha mantenuto la prassi del predecessore di inserire nel programma una visita a un’istituzione caritativa.
Altra nota, altrettanto ovvia, è quella dei motivi che hanno spinto Prevost a scegliere il Medio Oriente, la terra di Gesù come meta del suo primo viaggio. Per la Turchia, il motivo sta tutto nella celebrazione, con Bartolomeo, dell’anniversario del Concilio di Nicea. Mentre per il Libano le motivazioni sono più “politiche”. In questi mesi, papa Leone è stato infatti criticato da una certa stampa per non aver gridato abbastanza fortemente per quanto avveniva a Gaza o nel sud del Libano, e per aver ricevuto con tutti gli onori il presidente israeliano, manifestandosi quindi meno pro-Pal del suo predecessore. Certamente, Prevost non ha gridato, ma lo ha fatto perché non è nelle sue corde, perché è un uomo riflessivo, uomo delle congiunzioni unitive e non avversative, perché ha rimesso in moto i canali tradizionali della diplomazia vaticana, senza strombazzare ma agendo nell’ombra. Questo viaggio, insomma, dovrebbe mostrare pubblicamente quanto il papa abbia a cuore i problemi del Medio Oriente e della sua gente, senza mai rompere, cercando di gettare ponti più che abbattere muri.
Una terza nota non può non riguardare il Paese che ha dato i natali a Prevost. Prudente e mite, Leone XIV ha tessuto la sua tela in questo periodo, attento a non rispondere mai direttamente alle estemporaneità del presidente Trump, ma riaffermando con fermezza le priorità vaticane (pensiamo alle politiche migratorie). È uno stile a cui dovremo abituarci, quello di Leone XIV, anche con una certa fatica, come accadde per Francesco. Quel che è certo, è che Prevost non ha messo gli Stati Uniti al centro dei suoi interessi, imitando in questo quanto aveva fatto il suo predecessore con l’Argentina.
Infine, il viaggio in Turchia e Libano ha un primo valore infra-cattolico – cioè i rapporti con le Chiese orientali legate a Roma, relazioni che non sono semplici come taluno potrebbe pensare –, un secondo valore ecumenico – in particolare in Turchia con gli incontri previsti con Bartolomeo, ma anche in Libano, dove coesistono una dozzina di Chiese diverse –, e un terzo valori interreligioso – Giovanni Paolo II aveva definito il Libano “un messaggio”, elogiando la convivenza di diciotto comunità religiose diverse riconosciute dalla costituzione –, valore che in Turchia assumerà una valenza particolare per la visita alla Moschea Blu, imitando in ciò i suoi predecessori. Buon viaggio, papa Prevost!