Un consigliere, un continente

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“Un’opportunità di crescita condivisa che ribadisce il ruolo di Firenze nel cammino dell’integrazione”. Così Leonardo Domenici, sindaco della città del giglio commenta soddisfatto l’esito del voto che ha portato tra le aule del consiglio comunale e provinciale, volti nuovi e” un po’ diversi. Per la precisione 23 persone, in maggioranza di nazionalità filippina. “È la lista che è stata più capace di servirsi di “passaparola” pur non essendo la più numerosa”, mi spiega Mariella Ghionda del Centro studi per stranieri La Pira. “Al di là della campagna informativa da parte dell’amministrazione comunale e provinciale per suscitare l’interesse della gente per questa iniziativa è stato necessario un vero e proprio tam-tam. Ecco perché sono stati coinvolti soprattutto quei cittadini stranieri che fanno parte di associazioni presso le quali si ritrovano, mentre gli altri, la maggior parte, a dire il vero, che non hanno un punto di riferimento, le notizie le vengono a sapere per caso. Se si aggiungono poi i mille problemi quotidiani, si capisce che il coinvolgimento non è automatico. Il concetto di partecipazione alla vita politica è frutto delle democrazie mature, chi ha problemi personali, di lavoro, di regolarizzazione, di fami-glia o altro, forse non ha il tempo di dedicarsi a queste iniziative”. E comunque se a Firenze – che dalla mia interlocutrice mi viene tratteggiata come una città attenta alle politiche sociali e scolastiche che favoriscono l’integrazione, con tanti rapporti personali nei quali prevale l’amicizia -, le elezioni si sono svolte alla fine di novembre, un appuntamento simile si svolgerà a Roma in marzo. Né sono queste le prime, né le ultime città a promuovere una simile iniziativa, ma quelle che lo stanno facendo in questo periodo. “Scusate il ritardo” esordisce l’on. Berliri, consigliere comunale, ad un incontro pubblico che vede riuniti gli abitanti di un quartiere romano, quello della Pisana. Cittadini di vario colore chiamati per capire meglio, insieme, la novità di queste elezioni. Il “ritardo” non è dovuto al traffico della capitale, ma ad un iter legislativo che ha impiegato quasi dieci anni per l’approvazione della delibera che indice queste elezioni. Il punto di partenza, infatti, è la legge 203 del 1994 che ratifica nella legislazione italiana, la Convenzione di Strasburgo del ’92 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale. Ecco perché alla Pisana, varie forze presenti sul territorio si sono messe d’accordo e hanno collaborato per questo pomeriggio nel quale volevano affermare con forza: “Ci siamo” ci incontriamo” come cittadini”.”. Claudio ed Elisa Guerrieri, fra i principali organizzatori dell’appuntamento, non si sono lasciati fermare dal timore di uno scarso coinvolgimento della gente del quartiere dato il carattere di novità dell’argomento in questione. Hanno invece lavorato con impegno per realizzarlo, insieme a molti altri. E la partecipazione c’è stata, frutto di tanti rapporti costruiti quotidianamente, come mi raccontano. E come posso costatare se, fra i convenuti, italiani e non, il clima è di “famiglia”. La proposta di un consigliere per ogni continente, presentata come un valore aggiunto per la città, porta in sé numerose potenzialità. I 4 consiglieri comunali e i 19 municipali eletti, potranno infatti partecipare alle sedute del consiglio, prendere la parola, partecipare alle sedute delle commissioni, avanzare proposte ed interpellanze pur senza esercitare il diritto di voto. “Vorremmo sentire quali sono i loro problemi non come immigrati ma come cittadini – mi dice l’on. Berliri -. È un cambio di prospettiva. A Roma vivono più di 200 mila stranieri, che non possiamo considerare solo come forza lavoro, ma nostri concittadini a tutti gli effetti, preoccupati come noi dello sviluppo della città. Hanno dunque il diritto di dire la lo-ro non solo sui problemi dell’immigrazione ma su quelli che hanno tutti i romani, sulla scuola, sul trasporto pubblico, sul piano regolatore, sull’economia, sul bilancio, su tutte quelle materie che si discutono nei consigli comunali o municipali, per decidere in che modo deve andare la nostra città. “Questo, è ovvio, è solo un piccolo passo, non è la panacea dei problemi dell’immigrazione né dell’integrazione, per la quale ci vorrebbe un cambiamento di mentalità. Forse basterebbe cominciare a chiedersi perché vengono qui da noi, perché ci sono dei paesi in cui si muore di fame, se abbiamo qualche responsabilità anche noi”. Da parte nostra c’è la volontà di fare un ulteriore passo verso l’integrazione, di dare un piccolo segnale. Da tanti anni il comune sta facendo tantissimo per i cittadini più disagiati, ma questo non è un provvedimento nei confronti di persone emarginate o che hanno bisogno di assistenza sociale bensì di integrazione nei confronti di tutti, anche di quelli ricchi che vivono qui da tanto tempo, che sono ben inseriti nel tessuto sociale ma che non hanno la possibilità di dire la loro nelle istituzioni “. “Io credo che il vantaggio maggiore da questa competizione elettorale ce l’abbiano i cittadini stranieri perché cominciano a toccare con mano il funzionamento delle istituzioni, a chiedere di vedere rispettati i diritti, a dare la loro opinione non più come subordinati ma come persone che a pieno titolo vivono in questo territorio e quindi debbono esprimere il loro parere – aggiunge l’altro consigliere comunale presente, Maurizio Bartolucci -. Però noi stessi abbiamo un grandissimo vantaggio perché la presenza sul nostro territorio di persone che servono solo a determinate mansioni, senza avere rappresentatività, costituisce un elemento negativo. Per non contare il fatto che Roma, come altre grandi città, vede diminuire i propri abitanti. Siamo infatti in presenza di un territorio che vive la modernità con tutte le sue contraddizioni e quindi la presenza di queste persone di altri paesi è importante sia perché arricchiscono la città di culture diverse ma anche perché portano nuove forze nel lavoro, nelle idee, nella creatività. Tutto questo ha bisogno di essere rappresentato altrimenti noi avremmo un consiglio comunale non completo”. Nessuno dei due miei interlocutori nega la difficoltà di queste elezioni: difficoltà di comunicazione, nella comprensione dei meccanismi, nel rapporto con le istituzioni, nella lingua. Non bastano certo le circa 300 iscrizioni giornaliere alle liste elettorali registrate nelle prime settimane. Per questo l’ufficio elettorale del comune è diventato itinerante: si sposta nelle parrocchie, nella moschea, nei luoghi di aggregazione. Al di là della comunicazione istituzionale, dei pannelli sugli autobus, dei cartelli stradali, di volantini, annunci via radio in 10 lingue diverse, più di tutti, anche a Roma è il tam-tam fra le persone quello che sembra dare più risultati. “È importante il coinvolgimento di tutti – conclude Bartolucci -. Se ogni romano parla con i propri amici stranieri abbiamo già raggiunto l’obiettivo. Io stesso, oltre che per il mio lavoro, lo faccio nella vita di tutti i giorni”. DALLO SCENARIO INTERNAZIONALE A QUELLO ITALIANO Nel mondo, una persona ogni 35 residenti è nata all’estero ed i migranti, stando all’ultimo censimento dell’Onu, nel 2000 sono risultati 175 milioni, pari al 2,9 per cento della popolazione mondiale. Fra i motivi che spingono così tante persone a spostarsi, uno dei più frequenti è sicuramente da indicarsi nelle condizioni di vita proibitive dei loro paesi. 2,4 miliardi di persone sopravvivono con una media di appena sei dollari al giorno e di questi, la metà, con un solo dollaro al giorno. Il bacino più consistente di migrazione, con i suoi 35 milioni di cittadini stranieri, è il continente europeo con punte del 36,9 per cento sulla popolazione totale in paesi come il Lussemburgo e medie intorno all’8-9 per cento in Germania, Belgio e Austria. Più basse le percentuali nei paesi mediterranei, con l’Italia che tocca il 4 per cento. Nel nostro paese i gruppi più consistenti sono i marocchini (172.834 pari all’11,4 per cento del totale), gli albanesi (168.963 corrispondente all’11,2 per cento), i rumeni (95.834), poi i filippini (65.257) e i cinesi (62.314). Il 58,7 per cento dei nostri immigrati vive nel nord Italia, soprattutto a ovest (32,8 per cento); il centro ne accoglie il 28,3 per cento, il sud l’8,9 per cento, le isole il 4,1 per cento. A livello regionale il primato va alla Lombardia (348.298), seguita dal Lazio (238.918), Veneto (154.632), Emilia Romagna (150.628) e così via. Roma, col 90 per cento degli immigrati del Lazio è la provincia con più stranieri in Italia, seguita da Milano. Due sono i motivi prevalenti della richiesta del permesso di soggiorno: il lavoro e il ricongiungimento familiare. Altri motivi, quelli religiosi, di studio, di residenza elettiva. (Dal Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes)

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