Un Baobab a Milano

Quando si parla di partecipazione politica a livello locale, spesso si fa riferimento soprattutto ad atteggiamenti di tipo oppositivo, come nel caso della cosiddetta sindrome di Nimby. Acronimo inglese per not in my backyard, letteralmente non nel mio giardino, è stato coniato negli anni Ottanta negli Stati Uniti dai politologi per descrivere il grave scollamento tra l’amministrazione centrale e quella locale in occasione della realizzazione di opere pubbliche. È tipico in effetti che il progetto urbanistico di infrastrutture, solitamente strutturato ed elaborato a livello nazionale, subisca critiche e opposizione al momento della realizzazione a livello locale, e cioè quando va a toccare direttamente interessi specifici, come nella realizzazione di autostrade o di centri di smaltimento dei rifiuti. Un caso noto a tutti, solo per limitarci ad un esempio, è il progetto per la linea dei treni ad alta velocità in Val di Susa. Il fenomeno, da una parte mette in evidenza la scarsa circolazione di informazioni, di conoscenza della realtà e dei bisogni locali e di mancanza di comunicazione del progetto; dall’altra segnala atteggiamenti di ostruzionismo, spesso senza possibilità di apertura al confronto costruttivo. Tuttavia, questa analisi non riesce a rendere conto della varietà delle motivazioni profonde che muovono i cittadini nel loro quotidiano a difesa di questioni universali, di diritti collettivi o anche di istanze locali: volontà di partecipare, desiderio di migliorare la propria città, motivazioni ideali. Il Baobab cresce Nasce così anche l’idea di Baobab, il sogno di un piccolo gruppo di giovani, milanesi per nascita o per adozione, accomunati da una domanda: com’è possibile vivere a pieno la vocazione di cittadini, sviluppando quella parte di sé – il senso civico – che appartiene alla natura più profonda dell’essere umano? La risposta che andavamo cercando non poteva che essere corale, comunitaria; ci siamo ritrovati a parlare, a discutere, a mettere insieme le nostre idee e i nostri dubbi; così è nato il Laboratorio di fraternità civica: un luogo di incontro, di discussione, di progetto a più voci. Un’immagine ha dato il nome al laboratorio: il baobab, appunto, gigantesco albero che accompagna la vita sociale dei villaggi africani; in Senegal, dove è molto diffuso, esso si impone come il cuore di ogni comunità, data la sua altezza che può raggiungere fino a 20 metri. Attorno ad esso si svolgono svariate attività: gli anziani, per esempio, raccontano favole ai bambini e tramandano così la tradizione culturale. Il baobab è l’icona della comunità che si riunisce e cerca insieme soluzioni a problemi collettivi, come un’epidemia che può colpire la popolazione del villaggio. Pare una provocazione, riproporre questa immagine soleggiata per un laboratorio nato nella metropoli milanese, dove molte persone accorrono solo per lavorare durante la settimana, altre ci sono giunte più o meno forzatamente per studiare in università, altre ancora ci sono nate e quindi convivono da sempre con la frenesia che la caratterizza, alcune aspettano solo di andare presto da un’altra parte; ma è per questo che è stata scelta. C’è bisogno di un grande albero, intorno al quale raccogliersi, per confrontarsi e discutere di questioni che riguardano la collettività, un punto d’incontro e di scambio, di arricchi- mento reciproco per prendere confidenza con la città, uscire dalla massa grigia dell’indifferenza, sdegnarsi di fronte alle ingiustizie, ai soprusi, al gelo che la attraversa, e contemporaneamente lasciarsi sorprendere da quanto vi è di positivo ed unico. Il laboratorio si configura oggi come un bozzetto di Milano: trenta persone diverse per età, per formazione, per provenienza, che hanno scelto di intraprendere questo percorso, mosse dal desiderio di conoscere meglio la città in cui vivono, per poterla amare. Si struttura come un percorso formativo a tappe, con cadenza mensile, in cui il gruppo si pone in dialogo con rappresentanti della società civile, del mondo politico e culturale, invitati a descrivere aspetti diversi della realtà urbana. Si va dal consigliere comunale con cui discutere i problemi di Milano e immaginare come potrebbe essere migliore in un futuro ipotetico, al responsabile di una comunità musulmana giovanile che aiuta a conoscere un volto nascosto della città attraverso il suo impegno di cittadino acquisito, al sindaco di un paese al confine di Milano, che descrive la sua funzione di primo cittadino, come governatore di contraddizioni che deve accogliere le esigenze di tutte le parti sociali per il bene della sua comunità. Che cos’è una città, Milano da immaginare, Volti della città, Prove di cittadinanza allargata, Cittadini senza città sono alcuni dei titoli proposti e affrontati con gli ospiti di volta in volta invitati, che hanno accettato di inserirsi nel nostro percorso. I veri protagonisti del percorso sono infatti gli iscritti al Laboratorio, i cittadini, chiamati a mettersi in gioco e ad interrogarsi su vari temi, attraverso un confronto in profondità. Esplorare la realtà del cittadino permette di approfondire temi culturali, sociali ed anche esistenziali su cui raramente ci si confronta. La regola delle relazioni Non è naturale cimentarsi nella pratica del dialogo e pochi vi si esercitano nelle comuni circostanze di convivenza, quali luoghi di lavoro, spazi di disimpegno, ambiti di confronto pubblico o ambienti familiari. A partire da questa constatazione è nata l’idea di un laboratorio nel quale lo stile di confronto fosse oggetto di particolare cura e attenzione, attraverso la regola delle relazioni, un insieme di indicazioni, sottoscritte da tutti i partecipanti al laboratorio (relatori compresi), che sancisce una modalità ben precisa di relazione, per un esercizio di comunione autentica. Ci si abitua al confronto, si impara ad ascoltare, si regala la propria idea e ci si fa mettere in discussione da quella altrui; si conquistano nuove certezze, si abbandonano vecchi pregiudizi e ci si arricchisce di domande e preoccupazioni. Ad esempio, la prima di queste regole è così formulata: Impegnarsi ad ascoltare l’opinione dell’altro, fino ad essere in grado di comprenderla così profondamente da saperla argomentare. Non sempre è facile, sembrerebbe quasi contro natura; eppure abbiamo sperimentato quale forza creativa possa scaturire da questo modo di dialogare. GLI IMPEGNI DI BAOBAB Impegnarsi ad ascoltare l’opinione dell’altro, fino ad essere in grado di comprenderla così profondamente da saperla argomentare. Spogliarsi di tutti i pregiudizi, i preconcetti e le esperienze negative, che possono impedirci di costruire un rapporto vero. Mettersi in gioco partecipando attivamente al confronto, offrendo le proprie idee, capacità e inquietudini, con l’umiltà di chi sa di aver sempre qualcosa da imparare. Lasciar da parte l’individualismo e aprirsi a un’esperienza di dialogo, perché il frutto di questo scambio è più della semplice somma delle singole opinioni. Essere liberi di sognare una città diversa, consapevoli del fatto che per cambiarla dobbiamo cominciare da noi stessi. Una città non ci basta. Vogliamo aprire il cuore e la mente al mondo, perché la misura della comunità è l’umanità. UNA CITTÀ? NON BASTA Se diventi un esperto di formiche capisci il mondo. Se ti dedichi con passione, con amore (…) a qualsiasi soggetto, arrivi a capire il mondo. Abbiamo fatto nostra la frase di Tiziano Terzani: diventare appassionati conoscitori di Milano non significa, nell’esperienza del Laboratorio Baobab, chiudere le porte al mondo esterno, bensì disporsi a comprendere e amare attraverso di essa il mondo intero, con le sue contraddizioni e ricchezze. Una città non basta, scriveva già negli anni Settanta Chiara Lubich, quando proponendo di dedicare ogni energia alla città, suggeriva di dilatare il cuore su una realtà più ampia: una città è grande, ma con un Dio, che ti visita ogni mattina se vuoi, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli. Accordati con lui e mira più lontano: alla tua patria, alla patria di tutti, al mondo. Ed ogni tuo respiro sia per questo, per questo ogni tuo gesto; per questo il tuo riposo e il tuo cammino. Questo amore fuori misura che il cittadino deve avere per la propria comunità è la sfida che stiamo provando a raccogliere con il nostro Laboratorio di fraternità civica. Per informazioni scrivere a: laboratoriobaobab@ libero.it

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