Hichem Billal Magoura, algerino di 32 anni, trovato morto il 3 dicembre in un capannone del Porto Vecchio di Trieste; Nabi Ahmad, di 35 anni, e Muhammad Baig di 38, pakistani morti a Udine il primo dicembre per intossicazione da monossido di carbonio, in una casa abbandonata dove avevano trovato riparo accendendo un fuoco per scaldarsi senza adeguato ricambio d’aria; Shirzai Farhdullah, afghano di 25 anni, trovato morto il 29 novembre in via Barcis, a Pordenone, deceduto anche lui per lo stesso motivo. È la triste contabilità dei morti legati al freddo in Friuli Venezia Giulia nel solo mese di dicembre; e che mette in evidenza come le criticità relative alla casa – sia per cittadini italiani che non – e all’immigrazione siano strettamente legate, mentre i servizi già attivi per l’emergenza freddo non arrivano a raggiungere tutti.
Di qui l’iniziativa del costituendo Coordinamento regionale della Rete di persone e Associazioni del Terzo Settore (un gruppo di associazioni tra cui Centro Balducci, Articolo 21, Fondazione Luchetta Ota D’angelo Hrovatin e molte altre), che ha promosso per giovedì 11 dicembre alle 15.30 a Trieste un presidio in Piazza Oberdan, al di fuori del Consiglio Regionale. Lì è infatti in discussione una legge finanziaria definita come “ricca”: se così è, ragionano le associazioni, è indispensabile che si trovino anche i fondi da destinare ai Comuni perché i servizi cosiddetti “a bassa soglia” (ossia gli interventi per l’accoglienza “immediata” di chi, indipendentemente dalla nazionalità, si trovi in situazione di necessità) vengano attivati se non ci sono, o potenziati se insufficienti.

Manifestazione a Trieste a favore delle persone migranti. Foto di Saverio Scalera
Parte centrale del presidio è stato l’intervento di don Paolo Iannacone, presidente del Centro Balducci, a nome di tutto il Comitato: «L’Europa vara una stretta sui diritti legati all’immigrazione e all’asilo – ha ricordato -: nel prossimo mese di giugno entrerà in vigore il negoziato che prevede l’accelerazione dei rimpatri, il via libera in Paesi terzi per le espulsioni e una definizione comune e pericolosamente allargata dei cosiddetti “Paesi sicuri”. C’è il forte rischio che questo inasprimento delle norme conduca rapidamente verso quella che potrebbe essere la chiusura definitiva al diritto d’asilo e al diritto di poter accedere concretamente a canali regolari d’ingresso anche per altre, plausibili ragioni diverse dalla protezione (a esempio per studio o per lavoro). Nel frattempo, sul territorio regionale in soli pochi giorni si è consumata una tragedia: quattro migranti morti, accanto ai quali ci sono altre persone in sofferenza, dagli amici e compagni di viaggio ai familiari, che non riceveranno mai più una risposta al numero di cellulare che li manteneva in contatto con il loro caro, che ha perso la vita. Questa è una tragedia che riguarda volti concreti, che non vogliamo restino numeri […]
Ora siamo qui, davanti al Palazzo del Consiglio regionale, in una settimana particolare, quella in cui questa Istituzione affronta la sessione di bilancio 2026, che definisce la programmazione delle principali attività e la destinazione di 6 miliardi e mezzo di fondi pubblici. Con forza chiediamo che a supporto dei Comuni, soprattutto di quelli di confine, che risentono maggiormente dei flussi migratori, siano approvati seri provvedimenti a favore delle persone senza fissa dimora presenti sul territorio regionale, anche se in transito, incrementando i servizi a bassa soglia per quella che è chiamata “emergenza freddo”: è inaccettabile che regolarmente non vi si provveda, dal momento che tale situazione si ripresenta ogni anno, ed è dunque prevedibile e gestibile. È inaccettabile che sia irrisorio il numero dei posti nei dormitori per persone fragili e che sia comunque risibile a fronte dell’effettiva esigenza. È inaccettabile che chi vuole presentare la domanda di asilo, in attesa di accedere alle specifiche misure di accoglienza, sia abbandonato in strada per settimane o mesi.

Manifestazione a Trieste a favore delle persone migranti. Foto di Michele Negro
Siamo qui per chiedere l’individuazione di un piano di accoglienza, perché non è pensabile che l’inerzia istituzionale, accompagnata da una politica che esclude ed emargina, porti a un costo così alto di vite umane. Chiediamo la possibilità di incontrare il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, per un confronto aperto, leale e collaborativo, che abbia davvero a cuore la vita di tutte le persone, che si trovano nella regione di cui è presidente […]
Infine – ha concluso don Paolo Iannacone – desideriamo invitare la cittadinanza a condividere l’indignazione per quanto sta avvenendo nella nostra regione. Non possiamo restare in silenzio. Siamo cittadine e cittadini che rifiutano di tacere di fronte all’orrore, ritenendo che vi sia estremo bisogno di maggior equità e giustizia sociale nei confronti di chi viene lasciato indietro, italiano o straniero che sia: la povertà non ha passaporto!».
Interpellato da Città Nuova, don Paolo ha rinnovato l’auspicio di poter incontrare il presidente Fedriga e alcuni consiglieri, in particolare quelli che già hanno annunciato il proprio sostegno all’iniziativa; e confermato che, al di là delle sempre presenti tensioni nell’opinione pubblica tra chi vorrebbe limitare l’accoglienza e chi invece la vorrebbe incrementare, «gli ultimi avvenimenti hanno confermato che questa è una realtà molto concreta, e che c’è effettivamente una crescita dell’indignazione ed una maggiore consapevolezza di quello che sta accadendo. Poi, chiaro che, nel bene o nel male, fa sempre più rumore l’evento eclatante, il classico albero che cade messo a confronto con la foresta che cresce: ma confermo che in ogni caso vediamo questa indignazione».