Udine tra frico e involtini primavera

Il capoluogo friulano per dieci giorni l’anno viene letteralmente trasformato dal Far East Film Festival: non solo cinema, ma anche occasione di incontro e conoscenza tra persone e culture diverse

Alzi la mano chi tra voi saprebbe individuare, su una cartina muta, il Laos – già vedo la selva di mani alzate…pardon, di sguardi che si abbassano: eppure è anche a conoscere posti lontani che serve un evento come il Far East Film Festival, la maggior rassegna di cinema orientale in Europa, in corso a Udine fino al 29 aprile. Il Laos è infatti la grande novità di questa 19ma edizione, in quanto è la prima volta che questo Paese dell’Indocina – ecco, suvvia, vi ho dato un indizio – partecipa con una sua pellicola; che, nonostante sia stata proiettata nello spettacolo di mezzanotte e mezza tra il 24 e il 25 aprile, ha comunque fatto il pieno in sala a prova di come questo evento sia molto sentito. Perché il Festival, che per nove giorni trasforma letteralmente questa cittadina di provincia, non è solo cinema: è anche e soprattutto incontro a livello internazionale tra appassionati, operatori di settore, giornalisti. Ma anche cittadini che al Teatro Nuovo Giovanni da Udine – dove avvengono le proiezioni – nemmeno mettono piede, ma partecipano a qualcuno degli oltre cento eventi organizzati in città – dalle conferenze, ai concerti, alle dimostrazioni della cerimonia del tè – o hanno occasione di scambiare due parole con qualcuno dei tanti ospiti.

Già, perché gli udinesi sono coinvolti in prima persona nell’accoglienza di chi arriva in città: «Sono qui al Far East già per il secondo anno – racconta Raffaele, studente di Discipline dell’arte, musica e spettacolo all’Università di Padova – grazie alla convenzione tra l’ateneo e il Festival che ci consente di essere ospitati da una famiglia. E in entrambi i casi mi sono trovato molto bene, è stata una bella occasione per conoscerci». Anche Giacomo ed Emanuele, studenti di lingue orientali a Perugia, sono qui grazie ad una convenzione analoga: «Noi siamo ospitati in hotel – riferiscono – però c’è il mondo intero racchiuso in quelle mura: sentiamo parlare russo, tedesco, inglese, e naturalmente le lingue dell’estremo oriente». Per non parlare dei giornalisti: nella sala stampa da cui scrivo sento parlare principalmente inglese come lingua veicolare, ma le provenienze sono le più diverse – anche grazie al progetto Feff Campus, che ogni anno porta a Udine dieci giovani promesse del giornalismo cinematografico scelte tra le candidature giunte da tutto il mondo per un laboratorio sotto la guida di Mathew Scott.

Oltre agli studenti, poi, ci sono gli appassionati di lunga data: «Già da sette edizioni ci prendiamo ogni volta una settimana di ferie – raccontano Ornella e Simona da Torino – insieme ad altri amici piemontesi e lombardi, che abbiamo peraltro conosciuto qui. Ci fa piacere osservare questo piccolo rituale anche perché è l’occasione per visitare la città è i dintorni, da Cividale ad Aquileia, cosa che facciamo sempre volentieri». Ed è una storia comune a molti, da quel che si racconta attorno al teatro; il cui ampio giardino diventa nei giorni di festival un luogo dove passare il tempo e fare nuove amicizie tra una proiezione e l’altra.

Senza contare le contaminazioni culinarie: se diversi ristoranti della città offrono per l’occasione piatti orientali, è altrettanto vero che attori, registi e produttori giunti dal lontano oriente non disdegnano il fatto di provare la cucina locale: dagli involtini primavera al frico, insomma, il passo può essere breve. Una dimensione insomma in cui si è cittadini del mondo: «Chiaramente qui rappresentiamo, agli occhi degli ospiti stranieri, non solo il Friuli, ma l’Italia intera – aveva spiegato qualche tempo fa il ceo della Tucker Film e co-curatore del festival, Thomas Bertacche – per cui chiudersi in una dimensione localistica sarebbe il contrario di ciò che intendiamo fare. Ma, così come andando a Barcellona avrei presumibilmente piacere di conoscere la lingua e la cultura catalana, così cerchiamo di far capire ai nostri ospiti che sono arrivati in Friuli grazie all’incontro con l’arte, la lingua, la musica e la cucina locale». Un Festival cosmopolita per vocazione insomma, che porta l’Asia in Friuli e il Friuli in Asia.

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