Tv, Non solo stato o mercato

¦ Il presidente Ciampi si è scagliato contro la tv diseducativa, quella che non fa riflettere e che presenta una realtà deformata. Quella che ci inonda di pubblicità e che relativizza tutto. Bisogna arrendersi? La tv non è da demonizzare, né da assolutizzare. È uno strumento potente, ma è pur sempre uno strumento dove il fattore U, il fattore umano, può essere decisivo. Perché può trasmettere messaggi che tendono a migliorare lo spirito e la cultura delle persone, oppure che tendono ad impoverire la gente. La situazione si può affrontare ripartendo dai contenuti, e non solo dalle regole. Perché le norme, per quanto importanti, non garantiscono di per sé una tv migliore. La tv potrà essere migliore se sarà capace di trasmettere contenuti migliori e se le regole aiuteranno questo processo. Quello che mi sembra strategico è recuperare, consolidare, rafforzare la missione sociale e culturale della televisione, e non solo del servizio pubblico radiotelevisivo, ma di tutta la televisione. Perché tutta la tv si rivolge al grande pubblico e, quindi, ha delle responsabilità. Per andare in questa direzione, credo sia necessario che le forze politiche, economiche e culturali si aprano di più al contributo della società civile. Ci sono in Italia decine di migliaia di associazioni, organizzazioni di volontariato, fondazioni, cooperative, sindacati, ong. Tutto questo non può rimanere fuori dalla tv. Per certi aspetti, questo mondo è già coinvolto nel flusso televisivo (pensiamo a Telethon…), ma si tratta di iniziative, per quanto autorevoli e programmate, non inserite in un disegno di partecipazione realmente incisiva e continuativa rispetto ai programmi e ai palinsesti. È tempo di aprire una nuova riflessione sulle potenzialità del terzo settore. È tempo ormai che la politica non ruoti solo intorno allo stato e al mercato,ma che coinvolga profondamente il terzo settore nei meccanismi decisionali. La società civile sta entrando prepotentemente nell’agone politico e sociale, portando con sé un capitale preziosissimo di persone e di proposte. Come può contribuire a una televisione più umana? Nel libro Speciale Tv. La missione sociale della comunicazione, le Acli con il pres. Luigi Bobba hanno proposto un forum a più voci, a cui hanno partecipato una ventina di soggetti associativi. Ciascuno ha presentato una serie di progetti, alcuni già praticamente pronti per la messa in onda. Mi riferisco, ad esempio, al format sull’essere genitori oggi, ideato da don Antonio Mazzi della Fondazione Exodus, oppure al canale tematico sui diritti umani, proposto da Marco Bertotto di Amnesty International. Il segretario della Cgil, Epifani, ha insistito per una comunicazione più adeguata sulle condizioni reali di chi vive e lavora, o ha lavorato, o cerca lavoro nel nostro paese. Il segretario della Cisl Pezzotta invita la tv a sperimentare e proporre linguaggi che non appartengono alla tv. Qui il campo è apertissimo: dai giovani, all’educazione, al teatro, alle opportunità culturali e religiose. Guido Boldrin, della Compagnia delle opere, indica la tv come uno dei luoghi dove si può promuovere il bello e il vero… Ora bisogna andare avanti e costruire percorsi praticabili per queste idee, lavorando ad esempio a ipotesi di co-progettazioni che coinvolgano emittenti e associazionismo… Qui occorrerà non arrendersi mai. Ritiene che anche il giornalismo televisivo possa trarre beneficio da un serio confronto con la società civile? Riusciranno i giornalisti televisivi a non soccombere alle scalette già fatte e a proporre i fatti veri? Io credo che tra i giornalisti c’è un grande senso di autonomia professionale, vissuta come una condizione indispensabile per continuare a fare questo mestiere. E non sono mancate negli ultimi mesi iniziative diverse, ma convergenti su questo punto, come nella ricerca di un confronto con la società civile. Anche a livello internazionale si avverte una sensibilità comune. La realtà di NetOne, ad esempio, lo sta a dimostrare: nei suoi convegni quante volte ci è capitato ad esempio di condividere gli stessi problemi e le stesse speranze tra colleghi provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’America, dall’Europa. Ogni giorno ci misuriamo con la verità e, nonostante errori e contraddizioni, ogni giorno ricominciamo a cercarla: è questa la sostanza della nostra autonomia. Un’autonomia che potrà rafforzarsi e crescere se sapremo radicarci nella verità, o quanto meno il più possibile. C’è una verità, che è il potere inerme dell’amore, un amore che può cambiare la vita delle persone. È questa verità che non ci farà mai soccombere.

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