Tutta colpa di un solo uomo?

La nave si muove, fermate le ricerche dei dispersi: ora si teme il disastro ambientale. Il comandante Schettino ai domiciliari. Ora si accertino tutte le responsabilità
Costa Concordia

Undici persone morte, altre 26 disperse. Una nave da crociera, una delle più grandi d’Italia, incagliata davanti all’isola del Giglio, migliaia di persone traumatizzate e uno scorcio di mare pulito in provincia di Grosseto, in Toscana, che rischia di essere ricoperto di petrolio. È da paura il primo bilancio della tragedia che ha visto protagonista la nave Concordia della Costa crociere: nessuno avrebbe mai pensato di poter assistere, nel 2012, ad un naufragio, con morti e feriti, alle porte di casa nostra.

 

Ma di chi è la colpa? Responsabile di tutto, grazie ad un processo sommario deciso dai media e approvato da un’ampia giuria popolare, è il comandante Francesco Schettino, accusato dalla magistratura di naufragio colposo, omicidio plurimo e abbandono della nave. Lui ha guidato le operazioni, lui non ha dato tempestivamente l’allarme e non ha provveduto alla rapida evacuazione dei passeggeri. Anzi, ha fatto ciò che un comandante non dovrebbe fare mai: ha abbandonato la nave e non vi ha più rimesso piede, guardandola da lontano, al sicuro sugli scogli. Ma davvero nessuno sapeva di queste manovre spericolate? Eppure la Costa Crociere le celebrava sul proprio blog con un post prima cancellato, poi ripristinato. E la stessa società di navigazione, che dal sito ha tempestivamente eliminato la Concordia, è stata a lungo in stretto contatto telefonico con Schettino non appena è stato chiaro che la nave rischiava di affondare. E chi doveva controllare? Purtroppo, afferma un dipendente di una compagnia di navigazione, «in quest’ambiente quella del cosiddetto “inchino” è una pratica tanto diffusa quanto stupida, ma pur essendo a conoscenza del fenomeno, le autorità fino ad oggi hanno fatto poco o nulla per sanzionare questi comportamenti».

 

I fatti

Ore 21.45 di venerdì 13 gennaio. La Concordia – oltre 114 mila tonnellate di stazza, quasi 300 metri di lunghezza e più di 4mila persone a bordo – si incaglia su uno scoglio a poco meno di cento metri dall’Isola del Giglio.

L’allarme viene lanciato un’ora dopo. Alle 22.58 viene dato l’ordine di evacuazione: vengono calate in mare le scialuppe, mentre la nave comincia ad inclinarsi e ad imbarcare acqua. Tra coloro che riescono a mettersi in salvo per primi c’è il comandante Schettino, 52 anni, di Meta di Sorrento, e i suoi ufficiali. Dietro di lui, sulla nave che affonda, ci sono ancora centinaia di persone.

 

L’impatto

Ma perché la nave si è avvicinata così tanto all’isola, infrangendo ogni regolamento? Lo spiega lo stesso Schettino, che alle 21.40 telefona all’ex comandante Mario Palombo per avvertirlo che la nave omaggerà l’isola con “l’inchino”.

Dopo l’impatto, per ragioni ancora da chiarire, per oltre un’ora non viene dato l’allarme. Si susseguono varie telefonate tra Schettino e i responsabili della Costa crociere e quando la Capitaneria di porto chiede informazioni, minimizza, lasciando i passeggeri all’oscuro di quanto sta avvenendo, fino a quando, resisi conto che l’irreparabile è avvenuto, gli uomini dell’equipaggio avviano le manovre per l’evacuazione. L’ordine ufficiale di Schettino arriverà solo dieci minuti dopo. A bordo si scatena il panico: le scialuppe non bastano, c’è chi tenta di salvarsi gettandosi in mare. Tra i pochi a rimanere a bordo c’è il capitano Roberto Bosio. Non è in servizio, ma è lui, con una manciata di uomini, a prestare soccorso ai passeggeri.

 

Le telefonate tra i due comandanti

Mentre guarda la sua nave dalla scogliera, all’1 e 46 minuti di sabato mattina Schettino viene raggiunto da telefonata, la terza proveniente dalla capitaneria di porto di Livorno. All’altro capo del telefono c’è il comandante Gregorio Maria De Falco, 48 anni, di Sant’Angelo d’Ischia, che gli intima di tornare a bordo per mettere in salvo i passeggeri ancora sulla nave. In un dialogo allucinato e desolante, Schettino tentenna. Dice che è buio, che sta coordinando i soccorsi da terra, che non ci sono scialuppe, mentre De Falco lo incalza, fino a gridare: “Lei ha dichiarato l’abbandono nave, adesso comando io. Vada a bordo, subito!”

Rimbalzando di sito in sito, da contatto in contatto, questo dialogo surreale viene ascoltato da migliaia di persone: anche telegiornali e radio stranieri lo trasmettono, mentre cresce l’indignazione nei confronti di Schettino (bollato nei casi più gentili come vile, fellone, fino al “solito napoletano”). De Falco, invece, diviene l’eroe della rete. Anche lui napoletano, si schermisce dicendo che ha fatto solo il suo dovere. Ma se in Italia diventa eroe colui che compie il proprio dovere, significa che forse, in questo nostro bel Paese, c’è davvero qualcosa che non va.

 

Tutta colpa di un solo uomo?

Ma è giusto attribuire tutte le colpe ad un solo uomo o, al massimo, a due o tre? Quello dell’inchino alle isole era una prassi: fotografata dai turisti e criticata dagli isolani di turno. Una prassi non solo delle navi da crociera: ricordo ancora lo sdegno di un pescatore ischitano che criticava gli aliscafi che, regolarmente, passavano vicino alla costa. Difficile credere che, tra coloro che avrebbero dovuto controllare, nessuno si sia accorto di niente.

 

«Sono stata sulla Concordia due volte e ho navigato con il capitano Schettino – dice l’ingegnere chimico Valeria Vitiello – e non ci sono stati problemi. Non lo conosco di persona e quindi non posso né voglio giudicare, ma siamo umani e l’errore fa parte della nostra natura. Credo che lui stesso si sia reso conto della tragedia che ha causato e per questo sarà giustamente punito. Girare il coltello nella piaga, però, non ha senso. Il personale della nave è altamente qualificato: se hanno impedito ai passeggeri di salire sulle scialuppe, all’inizio, è solo perché evidentemente stavano eseguendo degli ordini. Ma se  Schettino non era qualificato – aggiunge Vitiello – chi è stato ad affidargli 4.226 persone e una nave di quelle dimensioni?». Sandra Lanzo chiede alle autorità di fare chiarezza. «Non è una sola persona ad avere la responsabilità della guida e non credo che si arrivi a urtare uno scoglio per pura negligenza. Questa – afferma – è gente che deve saper fare il proprio lavoro. Prima di giudicare “i buoni” e “i cattivi” o i “vigliacchi” e “i coraggiosi” sarebbe meglio ricostruire per bene la dinamica dell’incidente e stabilire le responsabilità». Dagli ambienti della marina non manca chi sottolinea che mettere in salvo oltre 4mila persone non è semplice: vanno bene le critiche, ma è innegabile, spiegano, che nonostante tutto si siano evitate conseguenze peggiori.

 

Le reazioni dei napoletani

«La paura e l’istinto di conservazione – dice Serena Alpi, studentessa – fanno parte del genere umano, tuttavia il comportamento di Schettino è inqualificabile. Il fatto che sia napoletano non farà altro che metterci ancor più sotto una luce negativa, ma poco importa di fronte ad un disastro del genere. Di certo lui doveva stare sulla nave nonostante la paura». Per Tommaso Rea, esercente, «Non ci sono commenti da fare. Non è il primo e di certo non sarà l’ultimo caso di errori nautici». Purtroppo, dice Ciro Sannino, designer, «l’albero che cade fa sempre più rumore, anche nel mio cuore! Mi spiace ma, da napoletano, la mia vergogna per Schettino è molto più alta dell’orgoglio per De Falco». «Tutto quanto è accaduto – afferma Nicola Lo Conte – si sta riducendo alla dicotomia eroe-vigliacco. Un atteggiamento figlio dei tempi e della spettacolarizzazione mediatica riservata a qualsiasi evento». De Falco e Schettino, dice Cinzia Feola, «simboleggiano bene ciò che rappresenta la nostra Napoli. Una città dalla doppia faccia: quella pulita, onesta, che lotta e cerca disperatamente di non soccombere, e l’altra, più meschina, disonesta, che cerca il proprio interesse, che si lascia dominare dalle sue fragilità e preferisce scappare piuttosto che assumersi le responsabilità delle proprie scelte, dei propri errori. I comportamenti di entrambi possono davvero essere assunti quali emblema di una città nota troppo spesso solo per i comportamenti degli “Schettino” e non per quelli dei “De Falco”». Il comportamento di Schettino, afferma Amelia Cianci, «rispecchia i tempi che viviamo. Leggerezza, goliardia, superficialità sono il risultato di anni di mancanza di serietà in ogni aspetto della vita e quindi anche del lavoro». Quanto è accaduto, racconta Eva Coppola, «dal punto di vista umano mi fa porre delle domande: cosa avrei fatto al suo posto? Come si sarà sentito Schettino vedendo quanto è accaduto e pensando alle conseguenze? È giusto colpevolizzare un solo uomo? Tuttavia è impossibile non giudicare e non pensare alle responsabilità che comporta questo lavoro, al fatto che la gente salita su quella nave si sia affidata alla professionalità del capitano e del suo equipaggio. La paura fa parte della natura umana, come anche il coraggio. Non tutti sono adatti a quel tipo di lavoro, forse le selezioni dovrebbero essere fatte con più cura e attenzione… Il comandante De Falco è da ammirare ma non tanto per gli ordini impartiti e per aver capito la situazione, quanto per aver chiesto di non essere elogiato, per aver sottolineato che quella tragedia poteva essere evitata e per aver spostato l’attenzione dalle accuse a Schettino alle vite umane che si sono perse e si stanno perdendo».

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