Tutela dell’ambiente in Costituzione: ora i fatti

Approvata con un solo voto contrario la modifica della Costituzione con l’inserimento della protezione dell’ambiente negli articoli 9 e 41. Effetti concreti previsti nel medio termine con il ruolo decisivo delle reti di cittadinanza attiva

La protezione dell’ambiente è in Costituzione. Il testo è passato in seconda lettura alla Camera dei Deputati l’8 febbraio 2022 (Il testo è disponibile qui: http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.3156-B.18PDL0163210.pdf), con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti, dopo la precedente approvazione al Senato con la maggioranza dei due terzi.

Quindi, la proposta di riforma costituzionale n. 83 sulla “Tutela costituzionale dell’ambiente” (disponibile qui: https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/48678.htm), presentato dalle senatrici de Petris e Nugnes, entra subito in vigore e non può essere sottoposta a referendum.

La modifica costituzionale
La Costituzione ha innovato il testo degli articoli 9 e 41. Il nuovo articolo 9 integrato recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

L’articolo 41, ora, è così integrato: «l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».

Bisogna aggiungere che i cambiamenti apportati all’art. 9 sono stati mitigati per le regioni e le province autonome da un ulteriore articolo introdotto nel testo di riforma costituzionale dal senatore Calderoli e altri, che limita l’applicazione della riforma legislativa di tutela degli animali alle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi statuti speciali.

Un argine costituzionale alla devastazione
Il fondamento di tale innovazione legislativa affonda nella convinzione che fosse ormai necessario tutelare costituzionalmente l’ambiente, soprattutto di fronte all’attacco violento e ormai insostenibile alla casa comune: disboscamenti incessanti a fini economici, trivellazioni in mare, inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra, utilizzo intensivo delle fonti energetiche fossili, degli allevamenti bovini, suini ed ittici, produzione abnorme di rifiuti.

Inoltre bisogna aggiungere la logica dell’usa e getta, un vero cancro per la natura, in quanto produce montagne di rifiuti senza che nessuno ne abbia mai immaginato lo smaltimento. Gli estensori, inoltre, hanno supportato la proposta con l’illustrazione della presenza della tutela dell’ambiente in molte costituzioni di Paesi europei e della stessa Unione Europea.

Gli effetti a medio termine
Questa riforma, importante, avrà però effetti a medio termine. Nell’attualità, in cui si decide il futuro del nostro Paese, servirà a poco. Forse, una parte delle molte energie spese per la costruzione del consenso, potevano essere impiegate per cercare di costruire in Parlamento un approccio ecologicamente responsabile, dando forza alla nostra Costituzione materiale.

Il percorso di riforma costituzionale doveva accompagnarsi ad una strategia politica per orientare il Paese post pandemia verso l’uso di energie alternative a basso impatto, per ripensare le grandi opere e per schierarsi fattivamente al fianco dei movimenti, come quello delle mamme NO-PFAS e di conversione dell’ex Ilva di Taranto, al fine di far partire una reale conversione ecologica.

Nonostante i continui proclami, non si è ancora intervenuti con bonifiche definitive nella Terra dei Fuochi in Campania e per una gestione realmente basata sulle 3R (Ridurre, Riutilizzare, Riciclare) dei rifiuti in molte regioni italiane. Per farlo, lo strumento per cambiare strada c’era: i soldi previsti per la transizione ecologica nel PNRR.

Questo sforzo enorme di riforma normativa, purtroppo, non disturberà chi attualmente sta prendendo decisioni per il prossimo decennio, dove l’idea di base è un’interpretazione “sviluppista” della sostenibilità.

Questo sta avvenendo nonostante la presenza di un intergruppo parlamentare che si ispira alla Laudato si’, che ha sostenuto fattivamente la riforma costituzionale in Parlamento. Hanno svolto un lavoro importante sui principi costituzionali, ma non sono riusciti ad incidere sulle scelte di riforma del Paese, che purtroppo sono in buona parte in linea con il passato. Nessun reale cambio di rotta sembra all’orizzonte rispetto alle politiche di sviluppo sostenibile pre-pandemia.

Opportunità e rischi di inutilità
La difesa dell’ambiente in Costituzione sarà importante per orientare l’azione futura dello Stato, del Governo e delle Regioni al fine di dare più forza ad un reale percorso di transizione ecologica. Inoltre, aprirà la strada ad una tutela giuridica della nostra casa comune nel caso di inattività della politica.

Le numerose vertenze sui territori, inoltre, potrebbero contribuire a costruire un percorso di giurisprudenza costituzionale in grado di far cambiare l’orientamento del paese sulle scelte di politica economica e sociale.

Per cambiare, però, si dovrà aspettare la formazione di una giurisprudenza, con un tempo di almeno cinque anni. Inoltre, come già avvenuto per l’art. 11 della Costituzione, che “ripudia la guerra”, il rischio elevato è che possa venire disatteso il principio ispiratore della riforma.

In questo contesto, anche questa importante riforma, potrebbe essere una goccia d’acqua pura in un oceano inquinato. Proprio l’acqua come bene comune ci dovrebbe insegnare che le norme, anche costituzionali, se non si trasformano in azione, non producono alcun effetto.

Infatti, a più di 10 anni da un referendum disatteso, la gestione dell’acqua è stata privatizzata ovunque in Italia, con poche e limitate esperienze pubbliche.

Come ha detto durante la Settimana sociale di Taranto il ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, «se avessero inserito (tale tutela dell’ambiente in Costituzione, ndr) un po’ di tempo fa, tutta una serie di scelte sarebbero state dichiarate incostituzionali», ricordando che finora ogni proposta in questa direzione aveva trovato le porte sbarrate da parte dei decisori politici. Ora si tratta solo di fare sul serio dunque».

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