Troy cioè il ritorno del pelpum

Oliver Stone gira Alessandro Magno, ma c’è anche Annibale, Il gladiatore 2, Cleopatra 2 in progetto… Hollywood riscopre – ma l’hai mai dimenticato? – il peplum, cioè il filone storico antico, naturalmente rivisitandolo con i mezzi del kolossal. La preoccupazione di fedeltà all’originale non è forse in primo piano, visto che, nel caso di Troy, si saccheggia allegramente Omero Virgilio e Ovidio. Ma tant’è. La saga di Troia regge, e lo spettacolo – quasi tre ore fra duelli e battaglie micidiali, love story Elena – Paride (della serie, al cuore non si comanda), scenografie lussuose – è assicurato. Con degli esterni da favola – i golfi di Malta -, una fotografia luminosa, una musica che fa il verso alla Cavalcata delle Valkirie (qualcuno l’ha notato?), l’epos greco-americano va alla grande. E, legge suprema, non annoia. Ovvio, del fascino di Omero, della poesia sua eccelsa, non restano che briciole. Tolto ogni riferimento soprannaturale – essenziale invece per l’uomo antico e, guarda caso, sempre ripreso nei nostri ingenui peplum degli anni Cinquanta-Sessanta (vedi La guerra di Troia, 1961) – la vicenda fila veloce tra un antefatto, la conquista della città, il suo incendio ed un finale malinconico. Come a dire: e adesso, dopo tanto sangue, che si fa? Non ci sarà una sottile vena antimilitaristica nel filmone del supereroe Achille-Brad Pitt? Il quale, contrariamente al previsto, non se la cava male nel dar corpo (soprattutto) ma anche anima al Pelide iroso e triste (come lo vuole Omero). Vedi uno dei momenti più belli del film, il suo incontro col vecchio Priamo, uno stupendo Peter O’ Toole che solo con gli occhi dice cos’è un grande attore. Intenso l’Ettore di Eric Bana e assai appropriati i suoi momenti con Andromaca, mentre la coppia Orlando Bloom (Paride) e l’Elena di Diane Kruger appaiono personaggi da fiction, dai dialoghi talora melensi. Alla fine, dei greci (degli americani, ndr?) muoiono tutti (tradendo ovviamente Omero), tranne Ulisse l’astuto. Ma la loro guerrona a cosa è servita? Ad assicurare l’immortalità agli eroi, dice Achille, convinto più per fatalità che per scelta. Gli Usa dunque saranno immortali come i poemi omerici? Il regista Wolfgang Petersen non sembra crederci troppo. Comunque ha girato un peplum del XXI secolo grande grande – gli effetti del digitale sono evidenti – e un poco triste. Mentre, in Omero, qualche risata c’è, eccome. Magari, per sollecitare poesia e fantasia, serve andare a (ri)leggerselo. Non si sa mai. È meglio del film.

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