Troppe complicità nella pubblicità al gioco d’azzardo

La denuncia inascoltata dell’Aiart, l'Associazione spettatori onlus. L’impegno necessario nonostante la sproporzione delle forze in campo nell’intervista al presidente Luca Borgomeo
Anziana e slot machine

Sono i giovani a sviluppare con maggiore probabilità comportamenti di gioco patologico. È quanto emerge da un report realizzato nel 2012 dal Dipartimento Politiche antidroga (DAP) della Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo cui «la prevalenza di gioco d’azzardo patologico tra gli adolescenti e i giovani adulti, sembra essere da 2 a 4 volte più elevata rispetto agli adulti, con una diffusione che varia dal 4 al 7 per cento».

I primi contatti con il gioco d’azzardo avvengono sin dalle scuole primarie, soprattutto se in famiglia si rileva una consuetudine spiccata col gioco: il contesto familiare in cui il minore vive e cresce può avere un ruolo determinante nello sviluppo dell’interesse per il gioco. In questi casi l’abitudine al gioco è già ben consolidata in tarda adolescenza, tanto che il 40 per cento degli studenti italiani alle scuole superiori dice di aver giocato almeno una volta nell’arco dell’anno. Tra i giochi figurano i “Gratta e Vinci”, il Lotto e il Superenalotto, mentre tipicamente maschili sono le slot-machine, le scommesse sportive e gli “skill game”, che prevedono l’utilizzo di carte come il “Poker”. Secondo le ultime stime, lo Stato spenderebbe una cifra compresa fra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui per far fronte ai costi sociali e sanitari che il gioco d’azzardo patologico comporta per la collettività.

Il fenomeno trova alimento anche nella pubblicità che promuove il gioco d’azzardo sulle tv private e in quella pubblica. Ne abbiamo parlato con Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart – Associazione spettatori onlus, impegnata, da tempo, in una dura battaglia sul tema.

Presidente Borgomeo, qual è la sua opinione circa la pubblicità che promuove il gioco d’azzardo?
«Bisognerebbe prendere atto, con un minimo di coscienza sociale, anche da parte dei gestori, che il gioco fa male. Il gioco fa male alla tasca, il gioco fa male alla salute, il gioco sottrae tempo soprattutto ai giovani che potrebbero impiegarlo in altre attività. E soprattutto il gioco in un periodo di difficoltà economica per milioni di persone, per milioni di famiglie, finisce per essere una speranza che la gente insegue per cambiare, “la botta di vita”, come si dice. Ma noi sappiamo bene, e il giocatore dovrebbe saperlo bene, che vince sempre il banco, il giocatore, anche se qualche volta può vincere, complessivamente perde sempre. Allora se è una attività che produce danni alla salute, produce danni sulla educazione e formazione dei giovani, produce danni alla economia di tante famiglie – tanti casi di cronaca testimoniano questa situazione di dipendenza che porta anche a conseguenze molto negative –, se tutto ciò è vero, come è possibile che anche la tv di Stato, la tv pubblica fa pubblicità al gioco? Fumare fa male e non c’è pubblicità del fumo in televisione. Bere superalcolici fa male e non c’è pubblicità dei superalcolici. Sapete spiegare perché il gioco d’azzardo, che è oggettivamente più pericoloso del fumo e del tabacco per le conseguenze personali, familiari e sulla salute, deve essere invece considerato meritevole di essere pubblicizzato anche nella tv pubblica?».

Di certo si tratta di una attività redditizia per lo Stato, le concessionarie private e non solo: il giro d’affari dell’azzardo legale ha raggiunto in Italia nel 2012 la cifra di circa 90 miliardi di euro; più della metà della raccolta totale deriva dagli apparecchi elettronici, seguono le lotterie, soprattutto quelle istantanee come il “Gratta e Vinci”, e il lotto.
«Mi rendo conto che sono interessi enormi, ma per testimoniare la validità della nostra affermazione basta mettere in evidenza l’ipocrisia del messaggio che accompagna il gioco: “Gioca con responsabilità, il gioco può causare dipendenza”. Se voi stessi che organizzate la filiera complessiva del gioco d’azzardo siete consapevoli che questa è una attività negativa, allora non si fa pubblicità ad una cosa negativa, né ci si mette a posto la coscienza usando come alibi una sorta di bollino rosso per dire che “questo può farti male”. Sappiamo bene che questo genere di indicazioni non distoglie il giocatore dal continuare a giocare, piuttosto può diventare un elemento che accresce l’attrattiva verso il gioco e l’emozione che se ne deriva. Per questo noi dell’Aiart portiamo avanti una battaglia puntando ad eliminare almeno dalla tv pubblica la pubblicità del gioco d’azzardo: la tv pubblica, essendo generalista, è vista anche da molti bambini e quindi anche i minori vengono colpiti dal messaggio pubblicitario e cominciano prima col “Gratta e vinci”, poi via via fino ad arrivare al gioco online, al poker online e alle slot machine, che sono francamente quanto di più negativo ci sia sul piano del gioco d’azzardo, oltre ai risvolti collegati alla malavita, la delinquenza, la criminalità organizzata che utilizza le slot machine non solo per recuperare soldi, ma anche per “lavare” il denaro frutto di altre attività. E questo lo sanno tutti, lo sanno anche i nostri legislatori, lo sanno le forze politiche, bisognerebbe che ci fosse un sussulto di responsabilità per rendersi conto che in un Paese civile fare pubblicità ad una cosa che si sa che fa male è francamente molto negativo».

Dal governo è arrivato il condono per i concessionari del gioco d'azzardo, mentre con le misure fiscali introdotte dalla legge di Stabilità nel 2014 – secondo la CGIA di Mestre – gli italiani pagheranno 1,1 miliardi di euro di tasse in più. Che giudizio dare?
«Senza voler fare una graduatoria delle maggiori ipocrisie – perché di ipocrisie ce n’è un elenco – non si è palesata da parte del pubblico potere una seria volontà di arginare il gioco. La preoccupazione verso il gioco d’azzardo paradossalmente è venuta fuori quando ci si è accorti che il volume delle attività di gioco si spostava da attività come il Lotto o il “Gratta e Vinci”, da cui l’erario lucra maggiore denaro, verso attività che invece sono quasi completamente fuori del controllo dello Stato, come le slot machine, con una perdita significativa di incassi, del gettito tributario correlato, per l’erario stesso. Lo spostamento si spiega perché, come per la droga, anche per il gioco d’azzardo il giocatore ricerca emozioni sempre più forti e dunque se inizia con il Lotto – che pure resta una forma di gioco d’azzardo tra le meno pericolose – poi continua con giochi sempre più pericolosi come il gioco e il poker online, la roulette e le slot machine. E su questi giochi il controllo dello Stato è pressoché insistente. Per questa preoccupazione il pubblico potere è intervenuto, non per una questione morale, di interesse sociale, una questione di grande rilievo come quella di limitare il gioco d’azzardo. E questo la dice lunga sull’atteggiamento del pubblico potere e di tutti i partiti che non intendono contrastare questo gioco. Oltretutto quando vediamo la pubblicità, possiamo notare che è presente sempre il simbolo del monopolio di Stato. Questo non significa che il gioco è promosso dal monopolio di Stato, ma dà all’utente la sensazione che il gioco sia controllato mentre questo non è assolutamente vero. Siamo molto preoccupati per la crescita del fenomeno, ma grazie anche ad “Avvenire”, che è l’unico quotidiano che ha sposato con convinzione e determinazione la causa, finalmente riusciamo ad avere qualche risultato, ma la strada è molto lunga anche perché gli interessi economici che ruotano intorno al gioco d’azzardo sono giganteschi ed è evidente anche che da parte dei quotidiani e della tv si è molto prudenti nel criticare il gioco d’azzardo perché il gettito pubblicitario che deriva da queste attività è notevole e i direttori dei giornali e delle tv ci pensano bene».

Quali attività l’Aiart promuove per contrastare la pubblicità del gioco d’azzardo?
«Il nostro è un lavoro di sensibilizzazione per far crescere la consapevolezza circa la gravità del fenomeno. Lo facciamo con i nostri giornali, i volantini. Abbiamo diffuso 200 mila adesivi con la scritta “Non ci provare” e devo dire che mi fa piacere vederli attaccati sugli zainetti dei bambini. Ci rendiamo conto che c’è una sproporzione enorme fra le dimensioni dell’Aiart con la sua campagna e i grandi interessi economici che muovono campagne pubblicitarie in senso contrario, ma siamo convinti, per ragioni etiche, che dobbiamo insistere, perché questa è una battaglia di civiltà che riguarda anche tutti i media. Dovete spiegarmi perché quando si verifica un caso di cronaca nera legata al gioco, questo, se viene ospitato fra le pagine di un quotidiano, al massimo viene relegato in un piccolo trafiletto, mentre se un jack-point realizza una vincita milionaria c’è un titolo a otto colonne? Allora guardiamoci veramente negli occhi e chiediamoci: è possibile barattare il guadagno, la ricchezza, i soldi, gli interessi, con i valori fondanti di una società? Se una società non riesce a distinguere e tenere saldi alcuni valori è una società destinata nel tempo a regredire, e purtroppo il degrado del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti, e non ultima fra le cause è certamente l’uso disinvolto che viene fatto sulla stampa e sulla tv di certi aspetti».

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