Tre paure, tre speranze

Gente
Negli ultimissimi mesi mi è capitato di viaggiare nel Caucaso meridionale, nel Cono Sud sudamericano e in Finlandia. Mondi lontani mille miglia l’uno dall’altro. Nulla sembra avvicinare la madre georgiana al funzionario finlandese o allo studente argentino, se non l’appartenenza al genere umano. Eppure, ripensandoci ora, qualcosa mi sembra accomunare quelle terre. Ma che cosa? La paura, anzi le paure, al plurale. Perché, se è vero che in Georgia l’angoscia si riveste dei panni macchiati di sangue della guerra, se in Finlandia tocca il senso profondo della vita e della convivenza sociale, e se in Argentina si nasconde dietro l’incertezza economica che ritorna dopo la catastrofe del 2001, questi tre sentimenti di paura si trovano ovunque. Subdoli o sfacciati, ma ben presenti. Ha fatto di recente fortuna una formula del sociologo Bauman che parla di paure liquide, quelle delle società post-cristiane e post-moderne. A me sembra di aver avvertito piuttosto la presenza di paure solide. Il terrore che ho letto negli occhi della madre di famiglia georgiana fuggita dal suo villaggio dell’Ossezia del Sud era solidissimo. Come lo era l’angoscia del funzionario di polizia finlandese che si chiedeva come mai i ragazzi del suo Paese avessero preso l’abitudine di fare stragi nelle scuole. Stessa pesantezza aveva la paura di non farcela più dello studente argentino che svolge due lavori durante il giorno per potersi pagare gli studi serali. Attorno alla geopolitica, all’economia e al senso stesso della vita si concentrano allora le paure del mondo. Tornano le guerre e le tensioni tra i Grandi che vogliono fare i gendarmi del pianeta, mentre il terrorismo non dà tregua e l’intolleranza religiosa colpisce in particolare le comunità cristiane (è purtroppo cronaca quotidiana). Si riaffaccia lo spettro del crac delle Borse valori di tutto il mondo, tempesta finanziaria che travolge già milioni di persone, senza far distinzioni tra i risparmiatori, la gente a cui non riesce proprio la continenza del portafogli, e gli speculatori: piove sui buoni e sui cattivi. Riappare, infine, la più subdola delle paure, quella della perdita del senso della vita: la manifestano la sindrome da suicidio che colpisce tanti giovani in Finlandia come in Giappone o negli Usa, ma anche la morte data con leggerezza all’inizio e alla fine dell’esistenza della persona umana. Questi tre ordini di paura sono dunque ormai globalizzati. Anzi, la globalizzazione stessa sospinta dai media sembra essere all’origine della loro diffusione. Perché della paura sono ingordi i nostri giornali, le nostre tivù, le nostre radio. La paura fa vendere, la paura attrae gli utenti come mosche. Non solo la gente del popolino, come diceva Totò, ma anche gli intellettuali di razza, come li dipingeva l’ironico Flaiano. Eppure, paradossalmente, questa deriva mediatica ci svela pure l’enorme potenziale positivo che risiede in questi straordinari frutti della rivoluzione tecnologica. È tempo di usarli come si deve, riproponendo per esempio le speranze che vengono dal pensiero e dall’esempio di tanti costruttori della società, spesso nascosti o poco visibili. Grandi e piccoli. In questi ultimi mesi, ad esempio, abbiamo ricordato il trentesimo anniversario di quella straordinaria stagione che ci portò la presenza in pochi mesi di tre pontefici. Papa Montini, in tempi non sospetti, con lungimiranza chiese risolutamente l’istituzione di autorità mondiali che regolassero la distribuzione delle ricchezze nel mondo, imponendo regole certe e giuste a Stati, imprenditori e finanzieri. Papa Luciani, col suo papato-lampo, lasciò nei cuori il senso di una presenza cristiana fatta di coraggio e identità, ma anche di vicinanza e fraternità. Papa Wojtyla, infine, stupì il mondo appena eletto, invitando evangelicamente a non avere paura, inaugurando la grande stagione del dialogo planetario. Non vi sembrano attuali questi messaggi di speranza che si riaffacciano dopo trent’anni nel pieno della tempesta? Non ci permettono di guardare con meno paura al presente e al futuro? È la speranza che scaccia la paura.

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