Tra cielo e petrolio. Intervista ad Alberto Ferrucci

Alberto Ferrucci

Alberto, puoi presentarti ai nostri lettori?

 

Mi chiamo Alberto Ferrucci, ho 74 anni e, salvo i primissimi anni della mia vita, ho sempre vissuto a Genova, dove mi sono sposato con Maria Teresa, ho avuto due figli – Aurelio ed Antonella – ed attualmente sono nonno di quattro bei nipotini.

 

 

Diversi ti conoscono per alcuni tuoi articoli o interventi su economia, finanza ed impresa.

Da dove trai la tua formazione in materia?

 

La mia esperienza in ambito economico ed imprenditoriale, ed il mio pensiero in proposito è frutto della mia esperienza di vita.

Io mi sono laureato in chimica industriale, nonostante parecchie difficoltà economiche. Mio padre infatti, marconista su una nave italiana, era stato fatto prigioniero di guerra in Australia, e durante il conflitto spendemmo ogni risorsa famigliare per far fronte alle nostre necessità.

Ritornata la pace mio padre continuò a navigare su navi petroliere per far completare a me e ai miei fratelli gli studi universitari, sinché purtroppo si ammalò. Io ero al terzo anno di università, e dovetti prendermi carico della famiglia: mi impiegai pertanto come operaio analista in una raffineria di petrolio di Genova e presi a condurre uno stile di vita intensissimo che mi permise di laurearmi a pieni voti a 23 anni.

Questo segnò una tappa importante della mia vita: a seguito della laurea mi venne affidata la gestione operativa della raffineria in turno con altri colleghi, e dovetti prendere la forza ed il coraggio di gestire sessanta lavoratori molto più anziani ed esperti di me.

 

 

Quindi Alberto non nasci imprenditore, ma operaio e chimico. Come arrivi allora ad occuparti di economia?

 

Non posso descrivere questo passaggio senza far prima riferimento ad alcuni avvenimenti che segnarono la mia vita ed in seguito influenzarono la mia professione.

Da giovane frequentavo un gruppo di Azione Cattolica, dove peraltro conobbi mia moglie Maria Teresa.

A vent’anni, una sera, dicendo le preghiere, per la prima volta capii che davvero Gesù crocifisso era una persona che aveva dato la vita per me, e mi si sentii spinto a corrispondere a quell’amore. Chiesi al mio curato, don Giorgio Celli, se dovevo intendere questo come vocazione al sacerdozio, ma questi mi rispose che avrei potuto ricambiare in modo radicale l’amore personale di Gesù anche con una vita di lavoro e nella famiglia.

Anni dopo, l’incontro con il movimento dei Focolari mi mostrò con una nuova luce come ricambiare l’amore di Dio nella vita di ogni giorno, semplicemente applicando le parole del Vangelo.

 

 

Cosa c’entra tutto questo con il tuo lavoro?

 

C’entra parecchio perché è stato proprio questo a spingermi, un giorno, ad un gesto che segnò un’ulteriore svolta della mia vita lavorativa in raffineria.

Mi sentivo interpellato, in quel periodo, dal passo del Vangelo “date e vi sarà dato”, ed allora scelsi di condividere con i colleghi ingegneri alcuni studi tecnici relativi ad un nuovo modello di raffineria pubblicato su una rivista specialistica statunitense, che avevo tradotto per mio conto. Questo era del tutto in controtendenza rispetto a logiche di carriera che avrebbero suggerito diversamente, ed attirò la stima di un mio collega, che ricambiò insegnandomi tecniche di calcolo molto specialistiche proprie della progettazione petrolifera.

Tutto questo mi permise, nei mesi successivi, di progettare sistemi di produzione assai efficienti per la raffineria, attirando su di me la stima dei superiori, che mi chiesero dapprima di progettare nuovi impianti, ed in seguito di seguire la progettazione di una intera nuova raffineria da costruirsi in Sicilia.

Questo incarico mi richiese lunghe trasferte negli Stati Uniti, ed anche questo mi diede motivo di compiere scelte in controtendenza. Nel frattempo infatti mi ero sposato ed i miei figli erano ancora piccoli: dovetti discutere parecchio per non separarmi dalla mia famiglia sino ad un possibile punto di rottura: imposi infatti di poter compiere le trasferte con tutta la famiglia, rischiando così di essere sostituito. Ma ciò non avvenne, per cui, dopo alcuni mesi fra Italia e Stati Uniti con la mia famiglia, assunsi l’incarico di seguire la costruzione e la pianificazione tecnico-economica della nuova raffineria, a stretto contatto con l’Amministratore delegato.

Ed infine, a 39 anni, dopo aver appreso anche i diversi aspetti commerciali dell’impresa, venni nominato, dai vertici, amministratore delegato di una società che gestiva la nuova raffineria in Sicilia.

 

 

Diverse esperienze hanno tracciato i contorni della tua figura professionale ed umana: chimico, tecnico, sviluppatore, manager, felice padre di famiglia, cattolico praticante. Insomma, tutto “politically correct”, in un ambiente che non sembra avere nulla a che vedere con il contesto sociale dell’Italia negli anni di piombo.

 

Quelle che sono state le mie scelte di vita, hanno poi caratterizzato gli sviluppi della mia carriera professionale anche in un ambiente che era tutt’altro che favorevole.

L’azienda siciliana, infatti, era all’avvio della produzione: doveva quindi trovare uno spazio nel mercato petrolifero del Mediterraneo ed era molto indebitata. Proprio grazie ad una politica imprenditoriale improntata sulla condivisione delle informazioni a tutti i livelli, ottenni il massimo impegno corale di tutti ed in pochi anni l’azienda riuscì ad estinguere i debiti, ad aumentare la produttività ed a creare risorse per la commercializzazione al dettaglio in Italia. Non sono certo mancate tensioni, ad esempio a livello sindacale, che si sono potute superare proprio grazie a prese di posizione forti dell’impresa, condivise sia dai responsabili che dai tecnici che dagli operai.

Nel 1980 venni incaricato anche della gestione della raffineria genovese dove avevo iniziato a lavorare, e che in quel momento era in grande difficoltà: integrando diversi reparti, migliorando la conduzione degli impianti, svecchiandone le strutture ed assumendo decisioni anche umanamente difficili, riuscii a riportarla in attivo in pochi mesi. Commentando i risultati con tutti i collaboratori riuniti in una sala cinematografica, mi sentii di attribuire pubblicamente il risultato ottenuto alla Madonna della Guardia di Genova, cui mi affidavo ogni giorno prima di andare al lavoro. In questi anni nacque in me una nuova consapevolezza: mi trovavo in una posizione di vertice nell’economia internazionale che mi dava la responsabilità di ragionare ed agire, anche in quell’ambito, secondo le logiche del Vangelo.

 

 

Puoi fare un esempio?

 

In occasione della crisi mondiale del petrolio del ’79 Spartaco Lucarini, direttore della rivista Città Nuova, mi intervistò: spiegai che i petrodollari che fluivano in grande quantità verso i Paesi produttori avrebbero potuto essere impiegati per progetti nel terzo mondo, offrendo occasioni di sviluppo e di lavoro anche al primo mondo, senza creare inflazione; ma sarebbe stato necessario proporre tali progetti all’OPEC, organizzazione dei Paesi produttori, dimostrandone la convenienza economica rispetto all’affidare quelle risorse alle banche occidentali.

Spartaco Lucarini mi propose di getto: «E perché non lo proponi?». Questa domanda mi interpellò profondamente, tanto da convincermi della bontà dell’intuizione.

Giunto a Vienna, i funzionari dell’OPEC che avevo conosciuto in vari congressi mi credettero e condivisero la validità della mia analisi. L’improvvisa morte di Spartaco Lucarini mi fece poi esitare, ma dopo due anni decisi di tornare all’azione, spinto a questa decisione da una risposta ad una mia domanda del ministro del petrolio saudita, lo sceicco Zaky Yamani, durante il congresso “Oil & Money” di Londra.

Diedi così vita alla SPES (Servizio di progettazione economica per lo sviluppo) coinvolgendo i maggiori industriali italiani del settore, prevedendo tra il resto che gli utili aziendali fossero interamente destinati a nuovi studi per lo sviluppo; quindi l’azienda era per i soci “un investimento in rapporti”.

 

 

Una vision molto originale…

 

Sì: quella di individuare le vie di sviluppo di un territorio ricercandone, anche con studi storici, la “vocazione”, il suo compito verso il mondo. Ad esempio, in uno studio sulla Liguria, la SPES individuò per Genova la vocazione di “Crocevia nel dialogo per lo sviluppo”, che fu condivisa dalle istituzioni civili e politiche liguri in un grande congresso da cui nacque un “Centro di Cultura per lo Sviluppo dei Popoli” – in contatto con l’Onu e sostenuto dalle categorie economiche liguri – che istituì vari premi ed incentivi per la ricerca di “tecnologie trasferibili” in paesi in via di sviluppo: trasferibili anche in quanto rispettose della cultura locale.

Arrivai anche, in seguito, negli anni in cui il prezzo del petrolio era sceso a livelli minimi, a proporre alle nazioni del mondo occidentale, ai Paesi produttori di petrolio ed alle società multinazionali la realizzazione di un “Consorzio mondiale per le materie prime” con lo scopo di stabilizzare il prezzo del petrolio ad un livello valido nel lungo termine, ottenendo anche una graduale condivisione mondiale delle materie prime.

Questo progetto, in seguito presentato anche alle Nazioni Unite, raccolse immediati consensi fra i governi dell’Italia, l’Olanda e l’Arabia Saudita, ma non proseguì perché arrivò per me un duro colpo che mi costrinse a ritirarmi da questo ambiente.

 

 

Ce ne puoi parlare?

 

Gli azionisti del gruppo, per ragioni mai del tutto chiarite ma evidentemente connesse al mio modo di agire in totale controtendenza – da una parte toccando interessi privati, dall’altra perseguendo finalità che non erano condivise dai soci, ed infine proponendo un Consorzio Mondiale delle Materie Prime che se attuato avrebbe posto fine alla guerra dei prezzi del petrolio, fattore cruciale della politica internazionale – mi revocarono improvvisamente gli incarichi di amministrazione con accuse del tutto infondate, se non infamanti. Ne seguì un contenzioso molto sofferto, dal quale fui del tutto riabilitato e risarcito

 

 

E poi che è successo?

 

Pur avendo offerte, non me la sentii più di riprendere ad operare come manager per conto di terzi, ed iniziai ad operare come imprenditore autonomo, nell’attività che ancora oggi mi occupa. La mia società elabora nuove tecnologie e fornisce consulenza, progettazione e software nel settore della raffinazione petrolifera, ed in questi anni abbiamo raddrizzato le sorti di più di un azienda del settore.

Ho messo a disposizione dei miei collaboratori tutta la mia esperienza nel settore, sia tecnica che commerciale, così che la creatività condivisa di molti diventa punto di forza dell’impresa.

Ovviamente anche in quest’ambito non ho perso di mira i valori che sempre mi hanno animato. Ad esempio negli ultimi anni, seguendo le applicazioni dei nostri software in nord Africa, ho proposto il progetto “per una raffineria più efficiente, più pulita ed amica”, ispirato dalla visione della Economia di Comunione. Esso prevede l’impiego dei maggiori profitti che si possono ottenere dalla produzione della raffineria con una gestione più attenta ed intelligente, ad una produzione più rispettosa dell’ambiente, al miglioramento degli impianti, ad opere sociali nel territorio ed anche ad incentivi economici per i lavoratori.

Tutti gli impiegati nella raffineria, dall’operaio all’amministratore, sono quindi stimolati ad agire al meglio non solo perché così ne ottengono un tornaconto economico, ma anche un incentivo morale, perché vedono che con il loro lavoro incidono positivamente sul territorio e sulla società.

In questi ultimi anni ho lanciato questa proposta a varie grandi compagnie petrolifere nei diversi continenti e l’ho esposta in vari congressi internazionali: di recente nel Global Technology Forum di Singapore che riporta nel suo sito web una mia intervista in inglese del 2010 (http://www.gtforum.com/gtf/interview/2104133/artc-2010-alberto-ferrucci-challenges-nocs-downstream-sector).

 

 

Un’ultima domanda: abbiamo lasciato la tua famiglia a quando ancora trentenne viaggiavi fra il vecchio ed il nuovo mondo imparando a progettare raffinerie. Ora sei un nonno tutt’altro che inattivo. Cosa pensa la tua famiglia di tutta questa tua avventura?

 

Mia moglie Maria Teresa ha sempre accompagnato le mie scelte e le sono grato del sostegno che mi ha fornito in alcune fasi cruciali della vita. Ricordo ad esempio il confronto che ho avuto con lei quando si trattava di andare a proporre le mie idee all’OPEC o quando per salvare il lavoro a molti avrei dovuto assumere un incarico manageriale che mi avrebbe messo nel mirino delle Brigate Rosse: eravamo consapevoli che ne sarebbe stata influenzata la nostra vita di famiglia ed era necessario il pieno appoggio da parte sua.

Anche i miei figli condividono i miei valori.

Antonella era molto interessata alla SPES tanto da volersi specializzare in cultura africana. In seguito è venuta a lavorare con me e ad un certo punto si è dedicata a seguire i giovani che si interessavano di Economia di comunione. Per anni ha fatto non solo una raccolta delle tesi di laurea, ma anche una sorta di tutoraggio, indicando pubblicazioni, professori di riferimento, creando una rete di studenti in tutto il mondo. Le tesi ora sono più di 300, in 13 lingue diverse, e continuano a svilupparsi: negli ultimi sei mesi, ne abbiamo pubblicate 9 sull’ultimo notiziario EdC e ce ne sono altre in lavorazione. Antonella gestisce anche il sito www.edc-online.org, sito tradotto in 6 lingue che invia una newsletter ogni 15 giorni agli iscritti.

Aurelio ha scelto di studiare chimica industriale come me, ed attualmente è il vicepresidente esecutivo della società Prometheus. Di fatto si occupa della società: io continuo ad essere presente con la mia esperienza ed inventiva sul campo, accanto ad Aurelio che ha raccolto la mia esperienza imprenditoriale dandovi continuità anche sul piano dei valori che vi stanno alla base. Anzi, a dire il vero, Aurelio è molto più bravo di me… oltre ad essere molto analitico e rigoroso nei calcoli, ha un carattere estremamente generoso e conciliante; Antonella invece ha preso tutta la mia determinazione.

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