Toscanini – La vita è musica

Grande festa lo scorso 16 gennaio, data della morte, a quasi 90 anni, del grande Arturo. Direttori di prestigio lo hanno ricordato con concerti straordinari. Daniel Baremboim alla Scala di Milano, il teatro di Toscanini, che lo inaugurò anche nel 1946, ricostruito dopo i danni della guerra. Lorin Maazel, che Toscanini lanciò da ragazzino, a New York, dove il maestro aveva lavorato per decenni; e poi a Roma, sia all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Antonio Pappano che al Teatro dell’Opera con Gianluigi Gelmetti, sale a suo tempo frequentate dal Maestro. Ma chi era realmente il piccolo musicista di Parma, figlio di un garibaldino e di una sarta, che a 19 anni, nel 1886, esordisce a Rio de Janeiro in Aida, spinto sul podio da un’orchestra agitata, iniziando una carriera strepitosa fino al 1954? Nelle incisioni e nei video rimasti, lo si vede avanzare diritto al podio, timido nei confronti del pubblico, e subito trasformarsi in un prodigio di vitalità. Controllata, perché il suo era un gesto chiaro, efficace, privo di istrionismi: tutta la musica che veniva eseguita gli si rifletteva in volto, da dove due occhi penetranti saettavano colori e ritmi con sicurezza implacabile. Disciplina, rigore, fatica era ciò che pretendeva da sé stesso e dagli interpreti. Di qui le ire leggendarie quando la musica non era servita dagli esecutori, ma piuttosto asservita al gigio- nismo o alla pigrizia. Perché Toscanini, da sempre, era un perfezionista, che non curvava mai l’anima – una sua splendida espressione – davanti ai compromessi, sia nell’arte come della vita. E ciò spiega il suo approccio etico al far musica e l’implacabile avversione ad ogni forma di dittatura. Certo, l’uomo aveva le sue debolezze, ma – come hanno confessato commossi a Porta a porta due suoi grandi cantanti come Giuseppe Valdengo e Giulietta Simionato – sapeva essere affettuoso e generoso. Vissuto tra Otto e Novecento, apprezzato da autori come Verdi, Puccini, Strauss, Debussy, S ? ostakovic, di cui diresse sovente le prime mondiali , Toscanini, in una epoca di forti cambiamenti nell’arte e nella società, ha percorso con il suo carattere di ferro – ma ipersensibile e perciò spesso tormentato – i decenni da protagonista, diventando, specie negli ultimi anni americani, un vero idolo delle masse. Riconosciuto come un gigante dell’arte del dirigere, cioè del ricondurre a unità i diversi interpreti nello spirito fedele al compositore. Oggi, in cui alcuni direttori si comportano come star, la modestia di lui che fuggiva dalla mondanità, la sua umiltà e lo studio indefesso anche di partiture arcinote per scovare sempre nuove luci, appaiono una lezione di alta moralità artistica e umana. Se è vero che la tecnica direttoriale si è raffinata, la filologia sviluppata, la messinscena operistica affidata a grandi registi, la sua rivoluzione rimane di attualità pregnante. Quello che lo muoveva infatti era l’amore sconfinato per la musica che per lui era la vita. Solo davanti ad essa, alla sua spiritualità egli curvava la sua anima. Perciò ancor oggi, afferma Riccardo Muti, forse il suo più diretto erede, senti Toscanini e dici Così è giusto. È l’èlemento della giustezza che contrassegna nel tempo la sua arte. Di una vitalità sempre attuale. TRE DOMANDE A PIETRO MELOGRANI Storico e amante della musica, Melograni ha appena pubblicato Toscanini, la vita le passioni la musica(Mondadori, euro 18.00). Professore, che eredità lascia Toscanini ai giovani d’oggi? Che bisogna lavorare! Infatti, grazie al lavoro indefesso si ottiene qualcosa nella vita. E ciò vale sia per Mozart che per Toscanini . Toscanini personaggio mediatico. Quanto c’è di vero? Negli Usa era famoso quanto il campione Joe Di Maggio. Il suoi concerti con l’orchestra NBC erano seguiti da milioni alla radio e alla televisione: un lavoro che ha migliorato la qualità culturale del pubblico e avvicinato moltissimi alla musica classica. Ancor oggi se non si vedono le sue registrazioni, non se ne coglie la grandezza. Certo, ha adottato delle innovazioni che erano nell’aria, condivise pure da altri musicisti. La sua rivoluzione? Tornare ad essere fedeli al testo dell’autore . Qualche dettaglio sull’uomo? Molto affettuoso in casa. Molti amori, ma non ha mai voluto lasciare la moglie. E poi una grande generosità. Nel dopoguerra, ad esempio, si è sentito in dovere di aiutare i mutilatini di don Gnocchi, pur essendo un repubblicano anticlericale.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons