È tornato l’Anticristo?

I tempi di guerra ripropongono questa figura  misteriosa, soggetto dell’arte cristiana. Il “caso” del Signorelli ad Orvieto
Signorelli cappella Orvieto fonte wikipedia

Soffiano venti di guerra e il conflitto esplode. Ora, in Europa, come accadeva nel 1499 quando Luca Signorelli viene chiamato ad Orvieto ad affrescare nella nuova cappella di san Brizio le storie dell’Anticristo.

Ad Orvieto si può giungere dall’autostrada e salire sulla rupe etrusca su cui è posta la città, ma è meglio arrivarci da Viterbo, attraversare colline e boschi e sbucare di fronte al duomo  che, come tutte le cattedrali gotiche, si alza improvviso sopra le case come una selva di marmo fiorito. La facciata dice già molto: vi è scolpito un terribile Giudizio universale da parte di Lorenzo Maitani a metà del Trecento.

Questa scena angosciosa riflette un tempo di conflitti e pestilenze.  Era quanto accadeva nel 1499 con il pericolo di una invasione turca reale e sull’onda della morte l’anno prima di Savonarola, il “profeta  disarmato”, come lo chiamava Machiavelli, espressione dei venti  di riforma improrogabile della Chiesa, che però veniva ancora disattesa.

Guerre, malattie, morti e la fine del mondo allo scadere del secolo: lo scenario di un futuro pauroso. Sarebbe avvenuta la fine del mondo?.

Forse anche oggi in Europa sta finendo un mondo: quello occidentale, preso dall’individualismo più spinto, e quello orientale, diffidente, impaurito e perciò aggressivo.

Riappare attuale la figura dell’Anticristo, di cui si legge nelle lettere dell’apostolo Giovanni. Il personaggio è antico nell’arte cristiana: è i l figlio di satana, il divisore, l’accusatore, è un uomo che si oppone a Cristo, principe della pace, diffondendo – spinto dal maligno – violenza e morte. Travestendosi anche da Messia, da credente, da illuminato.

Ecco perché le volte e le pareti della cappella del Signorelli vedono queste storie dipinte  in maniera drammatica: uno spettacolo dell’inganno, della seduzione dei credenti e degli uomini in genere operata da un personaggio che ha le stesse sembianze di Cristo e che nei secoli si rifà vivo in diverse forme.

Nel ciclo si inizia con l’annuncio della Fine del mondo: crollano gli archi romani- la civiltà -, si oscurano il sole e la luna, dilagano violenza e terrore. Ed appare  su un piedistallo l’Anticristo, simile al Messia, con satana, il suggeritore all’orecchio.

La  folla, in abiti contemporanei, ascolta, dubita ma è affascinata perchè fa miracoli: guarisce,resuscita. E’ popolare, difficile anche per i teologi capire chi veramente egli sia. Ma intanto corrompe e semina violenza.

Non vincerà, questo figlio del male. Nell’ora del Giudizio, i dannati – in una scena di estrema  violenza – periranno, mentre i beati dai corpi splendenti saranno incoronati dagli angeli. Sulla volta della cappella c’è ancora luminoso il paradiso affrescato dall’Angelico cinquant’anni prima.

La morte non ha quindi l’ultima parola.

Ma il ciclo avvertiva – e avverte – la facilità con cui il male ha presa sull’uomo e lo si esprime nella lotta, nell’odio, anche per mezzo della religione. Gli affreschi sull’onda riformatrice di Savonarola e di altri avvisavano di tutto ciò. Purtroppo non furono ascoltati.

Rivedere il ciclo e ripensarlo con gli occhi del presente può essere un invito a come l’arte abbia più volte trasmesso in modo visivo e pressante la necessità di cogliere le varie forme di   tutto ciò che è anti-Cristo nella esperienza umana.

 

 

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