Tommaso e l’Islam

Presentato uno studio di Jacques Ellul, sul rapporto tra l’aquinate e l’Islam. Una riflessione sui dialoghi, di cinque secoli fa e che appaiono di stringente attualità
Tommaso e l'Islam

Forse è stato il fatto che entrambi sono studiosi e accademici prima di essere ambasciatori che ha reso interessante il rapido confronto non annunciato, e neanche probabilmente voluto, fra l’ambasciatore di Giordania, Wijdân al-Hâshemi, e l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Miguel Diaz, durante la presentazione del primo numero dei Quaderni aquinati, Tommaso d’Aquino e il dialogo con l’Islam, presso la Libreria Paolo VI di Roma.

 

Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e dal Circolo San Tommaso d’Aquino, riporta gli atti dell’omonima conferenza organizzata nel marzo del 2009 dal Circolo San Tommaso, una realtà giovanile di recente formazione che ieri sera era rappresentata dal suo presidente Tommaso Di Ruzza e da alcuni giovani membri. Sul tavolo dei relatori, chiamati a presentare il libro, l’ambasciatore di Giordania e mons. Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, moderati da don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana.

 

«Il linguaggio usato da San Tommaso per riferirsi all’Islam e soprattutto a Muhammad sarebbe intollerabile oggi – ha dichiarato chiaramente l’ambasciatore al- Hâshemi –, ma bisogna collocarlo nel contesto e vedere come Tommaso fu uno dei primi a lanciarsi nel dialogo interreligioso». Non è mancato il riferimento ai pregiudizi, all’intolleranza e alla violenza che negli ultimi anni stanno danneggiando sempre di più non solo i rapporti fra le varie religioni ma anche le comunità dal proprio interno. L’ambasciatore ha concluso lasciando al pubblico due domande aperte di grande attualità: «Le persone che architettano i conflitti sono disposte ad ascoltare la voce della ragione? E noi, siamo capaci di sederci allo stesso tavolo e dialogare con gli estremisti?».  

 

Nel suo intervento, mons. Bruguès ha insistito invece sul processo storico moderno che ha visto, prima, delle nazioni di origine cristiana conquistare Paesi a maggioranza musulmana e poi, nei nostri giorni, un’immigrazione di musulmani in nazioni a maggioranza cristiana. L’interesse in passato nei confronti della religione dell’“altro” non era decisamente un fattore rilevante. Oggi, la società globalizzata pone il dialogo come un elemento quasi necessario, se non altro per gestire a livello pratico la convivenza.

 

L’ambasciatore Miguel Diaz, come l’ambasciatore al- Hâshemi, ha alle spalle un passato da insegnante universitario. Alla fine degli interventi previsti, Diaz ha dato il suo contributo accademico alla discussione. «Il pensiero di Tommaso ha la capacità di avvicinare l’altro. Nella Summa, il metodo di Tommaso parte sempre dal riconoscere una certa verità nel punto di vista dell’altro il che non implica il dover essere d’accordo. Questo meccanismo – conclude l’ambasciatore Diaz – permette di aprire il cuore e la mente al dialogo».

 

Il “fuori programma” della presentazione ha riguardato temi di attualità e precisazioni che l’ambasciatore al- Hâshemi ha ritenuto necessarie in questo momento storico in cui si parla di persecuzioni nei confronti dei cristiani in nazioni a maggioranza musulmana. «Vorrei ricordare – ha specificato l’ambasciatore giordano – che sono stati più i musulmani che i cristiani ad essere uccisi in Iraq, Yemen, Pakistan e Libano». Parlando poi delle realtà di estremismo, l’ambasciatore si è rivolto direttamente alla sua controparte statunitense ricordando il ruolo negativo che gli Stati Uniti hanno avuto nell’attuale situazione geopolitica mediorientale. «La paura porta all’istinto di preservazione che porta a sua volta alla violenza. Non dico che sia giusto ma solo che tanta gente agisce per ignoranza. Noi abbiamo bisogno di nutrire il nostro popolo, di educarlo perché non ceda alla rabbia e alla frustrazione», ha concluso l’ambasciatore giordano.    

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