Tiberiade (détti di Malco, discepolo di Giovanni)

Cambia il vento sul lago e trascolora il tramonto sul misero mistero ch’è il mondo da quando l’infinito s’è fatto persona rapporto, incontro. Ma quali i segni della sua presenza? Sapremo anche noi lasciarci guidare dalle sue promesse e gettare la rete sul supremo impossibile… (…Lo stesso sguardo aveva e l’amico lo riconobbe, ne assaporò sulle labbra il nome mentre l’altro, discinto non ne attese neanche il ritorno…) Albeggiava, e sulla riva un fuoco accolse i silenzi che videro l’urlo del Giusto sofferente… In silenzio mangiarono parole fatte pane, pesce arrostito, mani che spezzano, labbra che suggono… Questo ci raccontava e neanch’io chiedevo perché nessuno osasse guardarlo negli occhi…. È scesa sì la luce della resurrezione ma il veggente soltanto, l’amico, ne conobbe i colori e le visioni affollarono uno spazio che non è qui… Che sia ora il tempo della madre, lei che sola conobbe l’intimità delle sue carni, lei che le crebbe tiepide in grembo e sola sotto il patibolo ne gettò il seme dalla terra in cielo affinché germinasse – e germina sempre – il popolo di sua conquista ? Andate da lei, – a noi diceva – ascoltate senza paura il silenzio di questi anni grevi; il vuoto dei nostri giorni chiamerà la sua assenza e noi saremo abitati, non più soli: Trinità, anima, chiesa.

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