Thor il temerario

A Larvik, Norvegia, patria dell’ultimo grande esploratore dei tempi moderni, che ha dedicato tutta la vita all’incontro fra i popoli  
Larvik

Larvik, sul fiordo omonimo, in Norvegia, vanta nei suoi dintorni bellezze naturali come il lago Farris, il fiume Numedalslågen  e  la foresta di di Bøkeskogen con i faggi più a nord del mondo. La città, da cui ha preso nome la Larvikite, uno roccia intrusiva di tipo sienitico, è famosa per aver dato i natali a Thor Heyerdahl, il norvegese noto in tutto il mondo per le sue imprese al limite delle possibilità umane. Imprese che lo hanno portato lontano dalle metropoli e dagli agglomerati umani, nei luoghi incontaminati del sogno, dell’avventura e del mistero, di cui tuttora è prodiga la nostra Terra, fra popoli eredi di civiltà antichissime: ora fra gli aborigeni della Polinesia, ora fra gli indios del lago Titicaca, ora fra i tuareg del Sahara, ora a colloquio con gli enigmatici colossi dell’Isola di Pasqua.


 Giustamente Heyerdahl è stato definito "vichingo temerario", lui che dai suoi antenati sembra aver ereditato la stessa ansia di conoscere ed esplorare che li ha visti percorrere distanze incredibili sull’oceano, e loro emulo per le traversate che lo hanno reso famoso: quelle del Kon-Tiki, dei Ra I e Ra II, del Tigris, realizzate per dimostrare ad antropologi e scienziati scettici la possibilità di contatti, in epoche remote, tra popoli di diversi continenti, che hanno saputo sfidare le immense solitudini marine su imbarcazioni di balsa o di giunchi.

Migrazioni e scambi motivati certamente dal bisogno di cercare terre più propizie, più abbondanti risorse, ma anche – perché no? – per sentirsi meno soli su questo globo ruotante nell’universo, più vicini gli uni agli altri.
Norvegese al cento per cento dunque, Heyerdahl. Anche per il coraggio, per l’amore alla natura. E al tempo stesso cittadino del mondo, visto come casa comune dell’umanità. Per questo ha lavorato attivamente – anche in quanto vicepresidente, patrono e membro di svariati organismi internazionali – per costruire ponti tra le nazioni e genti di diversa razza, religione e convinzione politica.


 La passione di mettere in contatto i popoli, ecco: come quando ha affidato la costruzione delle sue straordinarie barche a maestranze nordafricane, sotto la supervisione di indios delle Americhe, esperti nell’arte di costruire zattere; o ha privilegiato la varietà delle nazionalità nel cercarsi collaboratori, compagni ed equipaggi per le sue imprese.
Dopo di lui, numerosi sono stati i temerari, uomini e donne, che hanno attraversato gli oceani, a volte sui più originali galleggianti; ma nessuno lo ha superato, anche come messe scientifica e produzione di libri e documentari ricavati dalle spedizioni fatte.

Heyerdahl uomo di pace. Come quando nel ’78, a Gibuti, al termine della fortunata navigazione col Tigris,  impossibilitato a ripartire a causa dei conflitti che coinvolgevano Somalia, Etiopia e Yemen, per protesta contro l’assurdità della guerra ha dato alle fiamme la sua barca di giunchi, lanciando al tempo stesso un appello alle Nazioni Unite per far cessare la fornitura di armi in quella zona.  Uno che è stato sempre attratto dalla visione d’insieme dei problemi, considerando la specializzazione come un limite: per questo, anche se membro di numerose accademie scientifiche di tutto il mondo, non ha mai voluto intraprendere una carriera accademica normale.

Sempre in prima linea soprattutto là dove c’era da sciogliere un enigma del passato, aveva però lo sguardo rivolto anche al futuro. Come dimenticare le sue campagne per responsabilizzare gli organi competenti del mondo sulle minacce che incombono sull’ambiente, in particolare sull’inquinamento dei mari, problema da lui studiato dal vivo durante le sue spedizioni marine? Anche negli ultimi anni, ultraottantenne, Thor Heyerdahl era incapace di star fermo: dalla figura alta e imponente, ancora vigorosa, ora lo si incontrava alle Canarie, dove aveva messo in luce edifici che ricordano quelli precolombiani, ora nel Perù settentrionale – ultimo suo luogo di residenza –, impegnato a disseppellire le incredibili piramidi di argilla di Cerro Purgatorio a Tucume, forse la più vasta area archeologica del mondo.

Sempre fortunato, lui: dove ha affondato il piccone, è saltato fuori qualcosa che ha aperto nuove conoscenze dell’antichità. Un po’ come Schliemann, col suo pallino di Troia.  Guardato con sospetto da tanta parte della scienza ufficiale, che solo a fatica si è fatta convincere da questo precursore dell’archeologia sperimentale, o blandito, a seconda dei casi; carico di onorificenze, di riconoscimenti, era rimasto però un uomo modesto, semplice, libero, uno che aveva saputo far fruttare per gli altri i talenti concessigli.


Il romanzo di una vita
Thor Heyerdahl nasce il 6 ottobre 1914 a Larvik, Norvegia.
Specializzatosi in antropologia delle isole del Pacifico, nel 1937 con la moglie Liv trascorre un anno a Fatu-Hiva (arcipelago delle Marchesi), conducendo una vita da Robinson. Dalle sue osservazioni sulla fauna e la flora dell’isola, deduce la provenienza dal Sud America, in epoca precolombiana, di alcune migrazioni di popoli verso la Polinesia, su zattere di balsa.
1941: la pubblicazione delle sue teorie suscita scalpore tra gli antropologi: è convinzione comune che il legno poroso di balsa non possa rimanere a galla a lungo. Solo dopo la guerra, tuttavia, riuscirà a costruire una zattera di balsa al modo antico: il Kon-Tiki.


1947: partito da Gallao in Perù con sei uomini a bordo, dopo 101 giorni e circa 8000 chilometri di
mare aperto il natante raggiunge l’atollo di Raroia nell’arcipelago delle Tuamotu. È la dimostrazione clamorosa dell’attendibilità delle teorie di Heyerdahl; e il libro che ne ricava, tradotto in ben 67 lingue, sarà il primo di altri best seller.

1952: spedizione archeologica nelle isole Galapagos, il gruppo polinesiano più vicino al Sud America. Lì rinviene resti ceramici identificati come prodotti pre-incaici eseguiti da aborigeni dell’Equador e del Perù settentrionale.  

 

1955: anche i suoi scavi e ricerche all’isola di Pasqua, famosa per le sue statue colossali e mura di origine sconosciuta, accertano una stretta parentela con gli aborigeni d’America. 

1861: davanti a circa 3000 specialisti riuniti in congresso ad Honolulu, come pure in un simposio speciale sulle Galapagos vengono presentati i risultati delle spedizioni nel Pacifico di Heyerdahl. Una risoluzione, adottata all’unanimità, stabilisce che «l’Asia e le isole adiacenti costituiscono il primo importante luogo di origine per le popolazioni e la cultura delle isole del Pacifico e il Sud America ne rappresenta l’altro». È la conferma delle sue teorie.
Attratto dalla somiglianza tra le antiche imbarcazioni di canna del Messico e del Perù e quelle di papiro costruite all’epoca dei faraoni, che avallerebbe l’ipotesi di contatti transoceanici prima dell’arrivo in America degli europei, Heyerdahl prende a modelli i bassorilievi e le pitture murali delle tombe egizie per realizzare all’ombra delle Piramidi una barca di 15 metri che viene chiamata Ra, l'antico nome del dio del Sole sia in Egitto che nella Polinesia. Con un equipaggio di sette uomini di sette nazioni diverse Ra salpa nella primavera del ’69 dalle coste del Marocco, sotto la bandiera delle Nazioni Unite. Ma dopo 5000 chilometri in otto settimane, un incidente fa interrompere l’esperimento una settimana prima di raggiungere le Barbados.  Heyerdahl ci riproverà con il Ra II costruito da indiani aymara del lago Titicaca come si usava  nell’antica Mesopotamia ed Egitto. Dopo circa 6.100 chilometri e 57 giorni di navigazione, la barca giunge a destinazione, dimostrando così che barche di papiro hanno potuto portare impulsi culturali dal Nord Atrica all’America Centrale in epoca precolombiana. Contro gli scienziati "isolazionisti", ipotizza un collegamento via mare tra le civiltà della Mesopotamia, dell’Egitto e della Valle delI’Indo (tre zone in cui, in epoca preistorica, erano usuali le imbarcazioni di papiro o canne d’altro tipo): decide quindi di verificare se il più antico tipo di nave sumera, quello costruito con canne "hardi", fosse adatto anche alla navigazione marina oltre che quella fluviale.

1977: costruisce – là dove il Tigri e l’Eufrate confluiscono – il Tigris, una barca di canne lunga 18 metri. Ancora sotto la bandiera delle Nazioni Unite, salpa con un equipaggio internazionale di undici uomini. Il viaggio, conclusosi dopo cinque mesi e 6.800 chilometri a Gibuti, ha collegato i territori dei sumeri nel Golfo Persico con i porti dell'Oceano Indiano e le antiche acque egiziane del Mar Rosso.


1981-84: dagli scavi da lui promossi alle Maldive, sotto la punta dell’lndia, emergono imponenti testimonianze di una civiltà avanzata, stabilitasi su quelle isole almeno 1000 anni prima che gli europei navigassero l’Oceano Indiano, ed in stretto contatto con altre grandi civiltà sul continente.

1986-88: nuovi scavi archeologici nell’isola di Pasqua. Tornano alla luce altre preziose informazioni sullo sviluppo delle famose piattaforme templari, le cosiddette Ahu-ene.


Dal 1988 lo studioso divide il suo tempo tra gli scavi di Tucume, nel Perù settentrionale (la zona presenta ben 26 piramidi di argilla essiccata) e quelli di Guimar, nell’isola di Tenerife, dove ha scoperto un grandioso complesso cerimoniale, probabili vestigia della civiltà aborigena delle Canarie.


Muore a Colla Micheri il 18 aprile 2002.
 
 

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons