The company

Il 78enne Robert Altman ci conduce nel mondo del balletto a stile libero, all’interno del Jeoffrey Ballet di Chicago. Altman è rimasto colpito dalla dedizione dei ballerini, dal duro allenamento a cui si sottopongono e dal desiderio di esibirsi in danze in cui la musica sembra coinvolgerli oltre le leggi della gravità. Molto curato sotto l’aspetto estetico The company ha una trama esile e sembra quasi un documentario, ma si lascia vedere con facilità soprattutto da chi ama questo genere d’arte. Frey, la protagonista Campbell, incontra successo come danzatrice, ma lavora anche come cameriera, ha una madre apprensiva, si innamora di un cuoco e s’infortuna durante le esibizioni. Si evidenziano coralmente, anche se in maniera abbastanza soft, le ambizioni, le rivalità, le delusioni. Si possono ammirare vari balletti perfettamente eseguiti e ripresi in diretta, come quello sotto una pioggia incipiente. Spesso si ha l’impressione di essere a teatro. In realtà lo spettacolo che ci è offerto non è visto tanto dagli occhi degli spettatori, quanto da quelli degli organizzatori e dei ballerini stessi, dei quali si percepisce l’impegno trepidante. E c’è anche un confronto, suggerito dagli incitamenti del direttore, tra questo gruppo di giovani e quelli, per lui mitici, del ’68. Altman evidenzia che, a differenza di quelli, pieni di tensioni e volontà innovative, ma pure di contraddizioni, questi si dedicano con serietà al loro lavoro, ma anche in maniera un po’ succube del meccanismo competitivo, cieco sotto apparenze garbate. L’insieme delle varie sottolineature denuncia, realisticamente, l’inesorabilità di quell’ambiente, come indica anche la suggestiva bocca della divinità indiana che, nell’ultimo spettacolo, divora diversi ballerini. Regia di Robert Altman; con Neve Campbell, Malcom Mc- Dowell.

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