Tettamanzi e il Natale al campo rom

Il cardinale di Milano sollecita l'attenzione ai piccoli di qualsiasi nazionalità. «Tutti dobbiamo fare un passo in più nell'accoglienza» 
Tettamanzi al campo rom

La pioggia che cadeva a scrosci impetuosi e che aveva ridotto l’area ad un’unica pozzanghera non ha per nulla limitato l’entusiasmo e la gioia dei grandi e dei piccoli, né tantomeno quella di Dionigi Tettamanzi, cardinale di Milano che, riparato da un ombrello e da uno spesso cappotto si è lasciato accogliere e ha accolto i rom con un calore  da festa in famiglia. Una visita, decisa negli ultimi giorni, nell’ambito delle iniziative volute dal cardinale per sollecitare l’attenzione ai più piccoli, i bambini di Milano, qualunque sia la loro nazionalità e religione.

 

Il tour fra i container e le roulotte è stato inserito in un «cammino» tra la sezione femminile del carcere dove risiedono le detenute madri con i loro figli e la clinica Mangiagalli per incontrare i neonati e le loro mamme e altri bambini ricoverati. Luoghi dove c’è gioia, o sofferenza o fatica nei giorni delle feste come in tutti gli altri giorni dell’anno. Tra queste la visita definita più a “rischio” era  quella al Triboniano, il più grande campo rom del nord Italia, che ormai da mesi il Comune ha programmato di smantellare. Ma la festa ha prevalso e l’accoglienza ha fatto da filo conduttore. Niente protocollo, niente ufficialità. Ma un momento di reciprocità vera condivisa da entrambe le parti. Applausi, abbracci e violini che suonavano alla meglio o con maestria musiche e canzoni meglio accordi. 

«Tutti quanti, – ha detto, visibilmente felice, Tettamanzi – nessuno escluso dobbiamo fare qualcosa in più, tutti possiamo e dobbiamo fare qualche passo in più ». Poi il tuffo nella realtà più bella, i bambini rom e i loro auguri. Lo chiamavano per nome, come uno di casa. Annamaria, gli ha raccontato la sua esperienza: «Vivo da 13 anni al Triboniano, ho studiato e continuo a studiare e da grande mi piacerebbe avere un lavoro». «Voglio ringraziare tutti quelli che nonostante le difficoltà credono sia possibile camminare insieme, superare le difficoltà», ha detto il Cardinale, che ha richiamato i bambini al rispetto delle regole e all’osservanza della legalità: «L’augurio è che voi possiate andare a scuola, essere amici tra di voi e anche degli altri, anche dei "gaggi", che possiate continuare a frequentare la scuola, perché questo vi rende capaci di affrontare il domani come tutti gli altri senza complessi di inferiorità, perché il Signore ci ha fatti tutti preziosi, perché siamo esseri umani e tutti figli di Dio, non dimentichiamolo mai. In questo modo, tutti insieme riusciremo ad avere una vita più serena, più gioiosa, più degna del nostro valore e della nostra importanza».

 

L’arcivescovo ha ricevuto in dono molti biglietti di auguri dai bimbi e ha chiesto loro di scrivergli. Poi si è recato nella casetta dove abita Tsara, di origine bosniaca di otto anni, tetraplegica dalla nascita, e in casa di un bambino con un tumore al cervello. Tsara non può avere cure adeguate perché non ha accesso alla cittadinanza e quindi non ha la tessera sanitaria. La sua famiglia è stata sgomberata dal un campo abusivo. Tutto quello che Tsara riesce a fare è rotolarsi sul materasso della roulotte, ma ha sorriso alla carezza dell’arcivescovo, che appena uscito dalla roulotte ha detto di essere « senza parole, ma proprio per questo diventa ancora più urgente l’appello a darsi da fare, tutti quanti insieme, perché casi del genere siano affrontati e risolti dal senso dell’umanità».

 

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