Il territorio fragile e i sindaci sulla graticola

La tragedia di Ischia chiama in causa anche gli amministratori locali. Alcuni disastri potevano essere evitati, ma le responsabilità ben difficilmente sono degli amministratori attuali che ereditano pesanti situazioni di decenni di scelte urbanistiche sbagliate, di abusivismo, di permissivismo e di sanatorie. Intervista a Angelo Cambiano, ex sindaco di Licata e ora consigliere regionale in Sicilia
Cambiano
Angelo Cambiano, ex sindaco di Licata e attuale consigliere regionale in Sicilia (Foto LaPresse)

I primi cittadini sono chiamati oggi a tutelare e a vigilare dove decenni di abusivismo o di permissivismo hanno creato guasti forse irrimediabili. Dopo la frana di Casamicciola, si è giunti persino a invocare il carcere e l’arresto per i sindaci di alcuni comuni. Le frasi pronunciate da qualche esponente del governo sono cadute come miccia su un campo minato. Si è subito fatto dietrofront a chiarire, precisando meglio il senso di alcune dichiarazioni, ma ormai il danno era fatto.

I sindaci sono spesso soli e soprattutto privi di risorse economiche per affrontare problemi pesantissimi. I bilanci dei comuni soffrono, le entrate diminuiscono, i trasferimenti dello Stato sono ridotti, le incombenze e i compiti assegnati ai comuni aumentano.

E c’è anche chi sull’abusivismo si è trovato a combattere una battaglia costata certamente troppo cara.

Le vicende di questi giorni riportano alla memoria quella vissuta nella città di Licata nel 2017. In quel periodo era sindaco Angelo Cambiano, che era stato eletto due anni prima, ad appena 33 anni.

Cambiano si ritrovò al centro di una vicenda pesantissima. Il tribunale di Agrigento aveva ordinato la demolizione di una serie di villette abusive, costruite entro i 150 metri dalla battigia, quindi in zona di inedificabilità assoluta. Il sindaco avviò le procedure, non senza difficoltà. I malumori in città erano fortissimi perché troppi – purtroppo – erano gli edifici destinati alla demolizione. Qualche impresa incaricata dei lavori preferì rinunciare.

Le pressioni erano fortissime. Al sindaco giunsero minacce di morte, proiettili, due case vennero incendiate. Cambiano andò avanti, ma la sua vita e quella della sua famiglia vennero stravolte. Mentre le ruspe entravano in azione, dopo una serie di rinvii, il consiglio comunale votò, nell’agosto del 2017, la sfiducia nei confronti del sindaco Angelo Cambiano.

Le motivazioni della sfiducia toccavano ovviamente i temi amministrativi e presunte inadempienze, così come prevede la legge, ma inevitabilmente quella sfiducia strizzava l’occhio ai tanti cittadini che, direttamente o indirettamente, avevano delle abitazioni in zone di inedificabilità assoluta, cioè entro i 150 metri dalla battigia.

Dopo la sfiducia, Cambiano subì persino un processo per una tettoia abusiva, ma fu ovviamente assolto «per la particolare tenuità del fatto». Successivamente, Cambiano ha aderito al Movimento 5 Stelle e nel settembre scorso è stato eletto nel Parlamento regionale, che in Sicilia ha le stesse funzioni dei consigli regionali.

Ripensando alla sua vicenda e ai sindaci di oggi, spesso sotto accusa, come valuta l’attuale situazione in Italia per ciò che attiene ai temi dell’abusivismo e della tutela del territorio?

«I sindaci devono essere tutelati. Oggi si ritrovano a pagare il prezzo di scelte amministrative sbagliate, di decenni di abbandono dei territori, della mancata assunzione di responsabilità della politica e delle istituzioni. I sindaci non possono, da soli, fronteggiare un fenomeno così complesso, specie in Sicilia, dove le difficoltà sono enormi. La nuova norma nazionale prevede che sulle demolizioni debbano intervenire le Prefetture, qualora i sindaci non riescano. È una buona norma, ma la sua attuazione non sarà né facile, né risolutiva del problema».

Perché?

«Il problema sono le migliaia di pratiche di sanatoria che giacciono negli uffici tecnici dei comuni. Dagli anni ‘80 ad oggi sono state emanate tre differenti discipline sul condono edilizio : la legge n. 47 varata nel 1985, la legge n. 724 del 1994 e, infine la legge n. 269 del 2003, leggi che hanno portato alla presentazione di moltissime richieste, in gran parte inevase, nonostante i comuni avessero anche assunto dei tecnici proprio per questo. Smaltire questo arretrato non sarà facile».

Cosa serve, a suo parere?

«Il fenomeno dell’abusivismo è molto complesso, ma servirebbe affrontarlo con responsabilità, senza campanilismi e riuscendo a mettere da parte vecchie e radicate ideologie. Bisognerebbe rimediare alle tante negligenze di questi anni, trovando delle soluzioni che siano condivise, ma al contempo coraggiose, al fine di risanare il territorio con scelte oculate. Oggi, per fortuna, c’è una maggiore coscienza ambientale, non ci sono più i fenomeni di abusivismo selvaggio del secolo scorso. Ma risanare è una priorità».

Cosa le è rimasto di quegli anni?

«Le minacce di morte ricevute e due abitazioni incendiate nell’arco di pochi mesi furono pesanti. La sfiducia in consiglio comunale aveva formalmente altre motivazioni ufficiali, ma tutti conoscevano la vera ragione. Nessun sindaco vorrebbe, né tantomeno prova piacere a demolire gli immobili ai propri concittadini. Resta la rabbia che oggi a pagare il conto dell’assenza delle Istituzioni sui territori siano solo i sindaci ed i cittadini che hanno commesso gli abusi, a volte ignari, a volte consapevoli, ma pur sempre illusi da certa politica compiacente che è sempre stata solo alla ricerca dei consensi e non delle soluzioni. Dopo la mia sfiducia, si è continuato a demolire sotto la gestione commissariale e con la successiva amministrazione comunale eletta nel 2018. A Licata ad oggi sono stati demoliti oltre 300 immobili abusivi».

Dopo anni di abusivismo non è facile far rispettare le norme. Molte cose sono cambiate. Oggi non vediamo più case abusive nascere come funghi. Le norme più restrittive hanno frenato le velleità e, al contempo, è cresciuta una nuova coscienza civile.

I disastri degli ultimi anni hanno aperto gli occhi. E insieme agli occhi si aprono, inevitabilmente, le inchieste della magistratura. Che interviene puntualmente dopo i disastri.

E prima? Prima i sindaci sono ancora troppo soli!

Eppure i morti sono stati tanti, basti pensare alla tragedia di Rigopiano nel gennaio 2017.

Da Licata, profondo sud, facciamo un balzo di 1500 chilometri e arriviamo al Nord, a Bolzano: un altro episodio che vale la pena ricordare, anche se meno conosciuto.

Nel gennaio 2019, a Bolzano, una frana si è abbattuta sull’albergo Eberle, per fortuna chiuso in quel momento a causa del Covid. Nell’albergo non c’era nessuno (solo il proprietario in un’altra ala): non ci furono vittime e l’episodio non è entrato nelle grandi cronache quotidiane.

L’albergo si trovava nella zona delle famose “Passeggiate di Sant’Osvaldo”, sopra la città. Un percorso naturalistico bellissimo, alle pendici di Monte Tondo, era utilizzato spesso per le escursioni. L’amministrazione le aveva vietate a causa del pericolo dei crolli dei costoni che sovrastano Bolzano. Era arrivata, inevitabile, qualche voce di protesta. Ma se così non fosse stato, se le passeggiate fossero continuate e casualmente qualcuno si fosse trovato lì al momento della frana, certamente gli amministratori avrebbero subito delle forti critiche. Ma di stampo esattamente contrario. Non si può non riflettere su tutto questo.

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