Terremoto e istituzioni

La tragica quanto inattesa vicenda dell’hotel Rigopiano ha avuto una doppia valenza scatenando da una parte rabbia e protesta, dall'altra l'orgoglio di essere italiano per chi si è identificato coi soccorritori
Continuano i lavori dei vigili del fuoco all'hotel Rigopiano, 28 gennaio 2017.

Non ci sono momenti più gravi in cui le istituzioni vengano messe alla prova (o per converso valorizzate) delle catastrofi naturali, che arrivano senza preavviso, sconvolgendo il normale corso degli eventi di una società. Emergono i sentimenti primari: rabbia o compassione, pietà o fastidio, protesta irrazionale o commozione solidaristica. Il terremoto del 18 gennaio, con la tragica quanto inattesa vicenda dell’hotel Rigopiano dalla doppia valenza umana e mediatica – sollievo ed euforia per il salvataggio di alcuni ospiti, dolore e rassegnazione per l’estrazione dei cadaveri – ha fatto parallelamente emergere due tendenze contrastanti nell’intera società. Da una parte l’orgoglio di essere italiani, per chi si è identificato coi vigili del fuoco e coi soccorritori che, a rischio delle loro vite, ne hanno salvate altre; dall’altra la rabbia di tanti per un evento che nelle sue pieghe ha nascosto indubbiamente inadempienze e pressapochismo. La prima tendenza ha riunito sia coloro che credono che si debbano comunque sostenere le istituzioni per far funzionare una società, evitando denunce pur vere nel momento dell’emergenza e della solidarietà, sia chi crede nel potere taumaturgico dei capi; la seconda tendenza ha invece coagulato quelli che credono che una sana denuncia possa aiutare a non commettere in futuro errori simili, ma anche coloro che invece vogliono semplicemente demolire governo e Stato.

Da tempo le istituzioni non sono più considerate di ispirazione divina, inutile ricordarlo, e non hanno più bisogno di una fede inscalfibile e cieca nella loro solidità. Non sono dettate dell’Alto, ma sono costruzioni umanissime, frutto spesso di compromessi e realpolitik. Eppure sono nel contempo quelle strutture che permettono alla società di non cedere all’anarchia o al dispotismo, e che reggono la vita politica, sociale ed economica di un Paese. Il nostro popolo sembra essersi accorto recentemente dell’importanza delle istituzioni, risvegliandosi da un lungo sonno, con l’ultimo referendum: anche se ha perso, Matteo Renzi (almeno questo glielo dobbiamo riconoscere con onestà) è riuscito nell’impresa di ridare in qualche modo un senso alle istituzioni, i cui cambiamenti richiedono sempre tempi lunghi e concordanza di visioni per evitare che il patrimonio di convivenza di un Paese venga svenduto, o dilapidato nelle poche ore di un voto. Ebbene, l’attacco sconsiderato messo in atto da politici (pochi) e media (tanti) contro le istituzioni durante le operazioni di soccorso all’hotel Rigopiano, soprattutto nelle prime ore, è sembrato riportarci in qualche modo all’epoca dell’attacco generalizzato alle istituzioni degli anni cupi del terrorismo. Ma la politica e gli stessi media hanno poi rapidamente corretto il tiro, pur con gli inevitabili scivoloni, confermando che forse abbiamo acquisito una nuova coscienza dell’importanza delle istituzioni.

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