Tempo e spazi dell’estate

È difficile parlare dell’estate senza pagare un tributo alla retorica: vacanze, riposo, natura, preghiera… Eppure si può sempre staccare qualche giorno dalle occupazioni quotidiane e ritagliarsi un tempo e uno spazio “altri” rispetto a quelli ordinari

È difficile parlare dell’estate senza pagare un tributo alla retorica: vacanze, riposo, natura, preghiera… Per tante persone è tempo di duro lavoro o di solitudine: braccianti che si rompono la schiena raccogliendo pomodori sotto il sole cocente, stagionali che lavorano fino a ore impossibili, anziani parcheggiati in anonime strutture di accoglienza.

Eppure si può sempre staccare qualche giorno dalle occupazioni quotidiane e ritagliarsi un tempo e uno spazio “altri” rispetto a quelli ordinari, tirati tra lavoro, accompagnare i figli a scuola, pratiche da sbrigare, mille appuntamenti… Uno stop necessario per fermarsi un attimo, guardarsi dentro, guardarsi attorno, riappropriarsi di tempo e spazi.

Guardarsi dentro per riappropriarsi di sé stessi, perché spesso ostaggi di social media che pilotano gusti e scelte, fino a imporre modi di pensare e di agire. Sono passati 2600 anni da quando sul tempio di Delfi, in Grecia, si leggeva: «Conosci te stesso», e quanto ancora poco ci conosciamo.

La vacanza può trasformarsi in un supplemento di alienazione e di stress, di “distrazione” – strappati fuori da sé stessi – oppure di interiorità, fino a scoprire anche solo che è bello esserci. Guardarsi attorno per riappropriarsi degli spazi. Per chi non può permettersi un “altrove” sarà la casa, l’ambiente usuale, per altri nuovi orizzonti culturali, paesaggistici.

Per tutti l’occasione per uno sguardo nuovo sulle cose attorno a noi, ordinarie o inusitate, fino alla “contemplazione”, parola che ha in sé il termine “templum”: diventare capaci di meraviglia, scoprendo che anche un angolino può trasformarsi in tempio; se deturpato, è l’invito a un nuovo impegno etico.

Guardarsi attorno e scoprire chi ci sta accanto, persone di sempre e nuove conoscenze. Darsi tempo per ricreare rapporti logorati o crearne di nuovi. Quasi un secolo fa il filosofo Martin Buber diceva che l’“io” lo fa il “tu”. Conosce veramente sé stesso chi riesce a conoscere l’altro.

Infine, darsi tempo per guardare in alto e ascoltare e parlare con quel “Tu” che dà “senso” – sapore e direzione – alla vita. Con la speranza che la vacanza ridia poi valore al tempo e ai luoghi ordinari.

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