Tacciano le armi, rispettiamo la creazione

Fedele al testo, Bergoglio ha precisato cosa è la pace per san Francesco: «Non è un sentimento sdolcinato. La trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento:  Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato» Paolo Lòriga, inviato
Papa Francesco

Nessuna improvvisazione nell’omelia della solenne messa celebrata nella piazza antistante l’ingresso del Sacro Convento e della Basilica inferiore da parte di papa Francesco. Si è attenuto al testo ufficiale, diversamente da quanto fatto in mattinata negli incontri con i giovani disabili e con i poveri. Ma non per questo le sue parole hanno perduto di efficacia e di carica pastorale e civile.

«Da questa Città della Pace – ha detto – ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione».  Bergoglio ha chiesto un sussulto di umanità: «Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo».

E proprio sul tema della pace, il papa, nel corso dell’omelia, ha voluto sgombrare il campo da alcuni equivoci fuorvianti. Ha preso spunto dalla costatazione che molti associano san Francesco alla pace, precisando che ciò «è giusto, ma pochi vanno in profondità». La pace che Francesco ha vissuto e che trasmette è «quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce».

E a questo punto è stato ancora più netto. «La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure la pace è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo. Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito». Qual è allora? «La pace di Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento:  Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore».

Al termine della messa, s’è svolta la cerimonia dell’offerta dell’olio per la lampada votiva a san Francesco quale patrono d’Italia, che quest’anno spetta proprio all’Umbria. Poi, in perfetto tempismo con il rintocco della campana della Basilica che scandiva le ore 13,00, Bergoglio è salito sulla papamobile per recarsi a pranzare con i poveri ospitati alla Casa accoglienza della diocesi, situata nei pressi della stazione ferroviaria a Santa Maria degli Angeli.

Nel Refettorio papale del Sacro Convento sono rimasti a mangiare 400 ospiti più o meno illustri e più o meno soddisfatti della scelta papale di andare altrove. Fuori però la gente era festante nel vedere la partenza del Santo Padre per quella precisa destinazione. L’entusiasmo della  folla ha fatto salire un grido ritmato – Francesco, Francesco – che ha avvolto la bianca automobile. Sentire scandire quel nome nelle vie di Assisi produceva particolari emozioni.

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