Svezia, divampano le proteste dopo il rogo del Corano

Dopo il rogo pubblico del Corano, il libro sacro dell’Islam, a Stoccolma, è divampata la protesta. Questa prassi dissacrante sembra stia diventando una moda, in Svezia, anzi una mania.
Proteste in Pakistan dopo il rogo del Corano in Svezia. AP Photo/Anjum Naveed.
Proteste in Pakistan dopo il rogo del Corano in Svezia. AP Photo/Anjum Naveed.

Questa volta – a peggiorare le cose – il rogo del Corano è provocatoriamente avvenuto davanti alla principale moschea della capitale svedese, la Medborgarplatsen Cami, e durante i giorni di una delle feste più importanti per i musulmani di tutto il mondo, Eid al-Adha (Festa del Sacrificio), che celebra la memoria delle prove superate dal profeta Ibrahim (Abramo) e dalla sua famiglia, nel caso specifico quella formata da Agar e dal loro figlio Ismaele. È la festa per eccellenza che conclude i giorni del pellegrinaggio (hajj) a La Mecca, che ogni fedele musulmano deve compiere almeno una volta nella vita, se i mezzi glielo consentono. Eid al-Adha è quindi la festa della fede e della sottomissione (islam) a Dio.

I precedenti roghi del Corano erano stati messi in scena in Svezia da Rasmus Paludan, un inquietante personaggio di origine svedese, fondatore in Danimarca di un partito di estrema destra xenofoba (Stram Kurs, Linea Dura) che non è mai entrato in Parlamento (meno del 2%). L’autore del provocatorio gesto di mercoledì scorso è stato invece un finora sconosciuto 37enne di origine iraqena con cittadinanza svedese: Salwan Momika.

Aveva chiesto da alcuni mesi l’autorizzazione a compiere pubblicamente il gesto, ma gli era stata negata dalla polizia. Poi è intervenuta una Corte d’appello locale che, forse per rispettare il “venerato” (particolarmente in Svezia e nei Paesi scandinavi) principio della libertà di espressione, ha concesso a Momika il permesso di manifestare. Probabilmente senza comprendere davvero (per quanto ci fossero stati i precedenti episodi di Paludan e il tribunale fosse stato messo in guardia) le conseguenze che un gesto di quel genere avrebbe provocato in mezzo mondo, ben oltre Stoccolma. Vale a dire nel mondo islamico: circa 2 miliardi di fedeli (intorno al 25% dell’umanità).

La polizia si è adeguata alla disposizione del tribunale e lo ha lasciato fare, salvo poi arrestare Momika per aver acceso il fuoco in un luogo pubblico, cosa proibita dal Comune di Stoccolma. Fra parentesi, alla manifestazione erano presenti forse 200 persone, in buona parte giornalisti e musulmani venuti a contestare il gesto sacrilego, che Momika aveva annunciato sui social (dove ha meno di 1.400 followers). Ad un giornalista della Cnn, Momika si sarebbe dichiarato ateo (concetto che nella maggior parte dei musulmani suscita orrore), e convinto che occorre “abolire” il Corano. In un’altra dichiarazione, avrebbe detto: “Non stiamo combattendo contro i musulmani, ma contro i loro pensieri”. Frase che è veramente arduo comprendere, soprattutto alla luce dell’invocata libertà di pensiero ed espressione.

Le reazioni dei Paesi islamici e di molti fedeli musulmani non si sono comprensibilmente fatte attendere, sorprendendo, si può ben dire, le stesse autorità svedesi.

Il presidente turco neo-rieletto, Erdogan, ha tuonato in televisione: “Mostreremo la nostra reazione nel modo più forte possibile, finché non sarà ottenuta una vittoria decisiva contro le organizzazioni terroristiche e l’islamofobia”. Com’era prevedibile ha poi rilanciato il veto della Turchia all’ingresso della Svezia nella Nato.

In Iraq, il leader sciita Moqtada Sadr ha indetto una “manifestazione della collera” davanti all’ambasciata svedese a Baghdad ed ha chiesto di bruciare bandiere Lgbt. Al-Sadr ha anche chiesto di “ritirare la cittadinanza iraqena al vile criminale iracheno che ha sfacciatamente e pubblicamente bruciato il Libro di Dio”. Alcune decine di iracheni sono riusciti ad entrare nell’ambasciata svedese, ma ci sono rimasti solo un quarto d’ora per poi andarsene con calma all’arrivo della polizia.

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha ammonito: “Insultare le sacre scritture è una manifestazione di violenza e odio ed è contraria ai valori fondamentali dei diritti umani”.

L’università islamica di Al-Azhar, in Egitto ha rinnovato l’appello al boicottaggio dei prodotti svedesi e invitato i governi islamici a prendere posizione contro violazioni come quella di Stoccolma e contro le continue provocazioni in tutto il mondo “sotto la falsa bandiera della libertà di opinione e di espressione”.

I Talebani afghani hanno condannato quello che definiscono un “atto odioso” delle autorità svedesi, che dimostra “totale disprezzo” per l’Islam.

Il Marocco ha condannato il gesto come “offensivo e irresponsabile” e richiamato a Rabat il suo ambasciatore a Stoccolma.

Il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita ha espresso ferma condanna, aggiungendo: “Questi ripetuti atti di odio sono inaccettabili nonostante qualsiasi giustificazione, istigano chiaramente all’odio, all’esclusione e al razzismo e contraddicono direttamente gli sforzi internazionali per propagare i valori della tolleranza, della modernità e della lotta contro la radicalizzazione, oltre ad ostacolare il necessario rispetto reciproco nelle relazioni tra popoli e Paesi”.

“Ovviamente è del tutto inaccettabile che ci siano persone che irrompono illegalmente nelle ambasciate svedesi in altri Paesi”, ha osservato il primo ministro svedese Kristersson. Ma ha dovuto aggiungere, con toni più concilianti, che non c’era motivo di “insultare altre persone – ha detto riferendosi a Momika. “Soltanto perché alcune cose sono legali, non sono necessariamente appropriate”, ha aggiunto riferendosi all’autorizzazione concessa dal tribunale di Stoccolma.

Le autorità di polizia hanno poi aperto un’indagine, ipotizzando per l’incendio del Corano così vicino alla moschea il reato di “agitazione contro un gruppo etnico”.

Papa Francesco, intervistato da Hamad Al-Kaabi, direttore di un quotidiano degli Emirati Arabi, Al-Ittihad, ha condannato il rogo del Corano e si detto “indignato e disgustato da queste azioni”. Ha voluto anche sottolineare che “la libertà di espressione non deve mai essere usata come scusa per disprezzare gli altri”.

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