Superare un aborto spontaneo

La tenerezza tra i coniugi è un ingrediente importante per attraversare insieme questo dolore. La condivisione, la capacità di essere reciprocamente empatici e supportivi sono fondamentali nel primo periodo.

Con la parola aborto si possono intendere più cose. Voglio qui soffermarmi sull’esperienza che vivono molte coppie che desiderano un figlio, lo ricercano, lo attendono, gioiscono per la scoperta di essere in attesa e poi, pluf! In un attimo il sogno svanisce. Queste coppie vivono un lutto, il figlio già presente nei loro pensieri, già investito di affetti e di attese non c’è più. La coppia è chiamata ad un congedo ancor prima di aver fisicamente incontrato il figlio atteso ed è chiamata a ripensarsi nuovamente come coppia. Entrambi questi processi risentono della personale esperienza di ciascuno dei due partner e della fase di vita che la coppia sta attraversando. Il dolore non muta se si è alla prima gravidanza o alla terza o alla quarta, se si hanno già dei figli oppure no, se si salva solo uno dei gemelli in gestazione.

Quello che è differente è il vissuto interno dell’esperienza intrecciata di simbolismi personali e di coppia. Muta, col mutare delle persone e delle loro fasi di vita, la possibilità che questo evento luttuoso sia un dolore temporaneo legato al congedo, si trasformi in nuove capacità relazionali per la coppia o in alcuni casi in un trauma.

Nella mia esperienza professionale ho conosciuto diverse coppie giunte in terapia dopo uno o più aborti. Era frequente il loro cercare di sopravvivere al dolore e il voler andare oltre senza aver dato il giusto spazio al dolore da condividere. In molti casi la fase di vita della coppia, in cui la crisi si inscriveva, aveva a che fare con l’aborto subito. Il dolore può unire o dividere.

Un altro elemento importante nelle coppie che ho incontrato è stata la modalità con cui vivere insieme la disillusione: il poter sentire nel partner una persona che poteva accogliere e sostenere il dolore o la sensazione di dover proteggere l’altro dalla condivisione del proprio dolore.

Il dolore vissuto da soli spesso ha fatto generare nell’uno o nell’altro sentimenti e pensieri di inadeguatezza. Una donna con quattro aborti può arrivare a odiare il suo corpo ed a pensare che non c’è vita in lei, in realtà sta frettolosamente cercando una spiegazione per non attraversare un dolore che vissuto da sola è indicibile. Ci sono dolori che vanno attraversati insieme, lacrime che vanno piante insieme all’altro e che se asciugate reciprocamente possono far intravvedere nuove speranze, nuovi significati. Un lutto non condiviso e non elaborato rientra tra i motivi che possono portare i coniugi alla separazione.

Un pregiudizio diffuso è che a soffrire di più sia la donna. Ella vive indubbiamente emozioni viscerali legate a ciò che sta avvenendo nel suo corpo, alle reazioni scatenate dagli ormoni prodotti dalla gravidanza. Esiste però un investimento affettivo sul figlio immaginato che è comune ad entrambi ed entrambi sono chiamati al congedo. In un uomo ad esempio l’occasione dell’aborto può permettere di rivedere decisioni e priorità della sua vita e di percepire un suo nuovo ruolo nel nucleo familiare. Questo accade sovente nelle giovani coppie.

Superare il dolore

Per un medico un aborto spontaneo è prima di tutto un evento biologico. Nell’incontro tra quello spermatozoo e quell’ovulo non c’era compatibilità con la vita. Per una coppia quasi mai è solo un fatto biologico, anzi la consapevolezza di questo va conquistata per poter superare il dolore.

Alcuni attribuiscono al figlio un nome, qualcuno gli scrive una lettera di commiato, alcuni gli affidano una missione per continuare a sentirlo vicino e soprattutto sentire che la sua presenza sebbene breve non è stata vana. Chi è spiritualmente orientato sempre più spesso chiede di poterlo benedire e seppellire, indipendentemente dalla settimana gestazionale. Pratiche che aiutano il distacco e l’elaborazione del lutto sebbene per la coppia assumano primariamente un altro significato.

Molto più difficile da elaborare è l’aborto nel secondo e nel terzo trimestre della gravidanza o addirittura a pochi giorni dal parto. Sono mesi in cui la presenza del bambino si fa sentire in tanti modi, non è più solo immaginazione. In questa fase il distacco è minacciato da pensieri e rimuginazioni attraverso i quali si avviano processi di colpevolizzazione che rallentano l’elaborazione del lutto.

La tenerezza tra i coniugi è un ingrediente importante per attraversare insieme questo dolore. La condivisione, la capacità di essere reciprocamente empatici e supportivi sono fondamentali nel primo periodo. A seguire occorrerà scegliere la via della ripresa, a mio avviso possibile attraverso un sano congedo ed un’attribuzione di senso all’esperienza dell’aborto nella propria vita.

 

 

 

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