“Sul mare” di Alessandro D’Alatri

In sala l'ultimo film di Alessandro D'Alatri. Non solo una storia d'amore giovanile.
Cinema

Sperimenta sempre. Così, questa volta, D’Alatri usa il digitale (costo ecologico zero), trova facce nuove: Salvatore e Martina, cioè Dario Castiglio e Martina Codecasa, i due esordienti ventenni che si incontrano d’estate a Ventotene: lui, barcaiolo senza macchina, moto e Internet (non ce li ha, né li desidera), lei cittadina genovese insoddisfatta.

«Un film per i giovani e sui giovani – dice il regista –. Non sono felici (nemmeno gli adulti). Non sanno cosa li aspetta, ignorano il passato: la nostra società ha perso la memoria, perciò vivono nell’adesso. Ciò crea fragilità, soprattutto difficoltà di rapporti sentimentali con l’altro sesso. Salvatore ha una sensibilità quasi più femminile, lei ha dei comportamenti più maschili: il rapporto uomo- donna, dopo anni di battaglie, non ha raggiunto l’equilibrio, e ciò nei rapporti fra i ragazzi lo si avverte. Lui è un italiano ancora innocente, ha una sua purezza, lei invece vive un malessere interno. Si parla di giovani, nel film, e delle loro famiglie. Quella di Salvatore, solida, col padre che cerca di capirlo; quella di lei senza padre, con una madre ossessiva. Perciò quando lui le fa una proposta di vita, lei si spaventa perché si deve confrontare con i sentimenti, quelli veri».

 

“Sul mare” è una anomalia nel cinema nostrano.

«Mi sono messo in gioco. Avrei potuto sfruttare il successo, anche economico, di Commedia sexi. Invece, ho scelto di girare un piccolo film, poco commerciale, dove ci sono i sentimenti e le problematiche: immigrazione, lavoro nero, morti bianche…».

 

La vita intera, non solo la storia d’amore, come si vedeva in “La grande guerra” o “Tutti a casa”, film che univano realtà e intrattenimento.

«Oggi invece ci sono film per ridere, o per piangere, autoriali… Per me non va bene. Censurare la vita all’interno di una storia d’amore è come censurare l’amore».

 

Il finale, per quanto duro, ha un senso poetico della morte.

«Chi l’ha detto che la morte è brutta? Oggi se ne ha paura e ciò pietrifica la società. Ma io, da cristiano, non la temo. Per questo faccio dire a Salvatore: “Adesso sto bene, sto in mezzo ai colori”. Ci ho messo pure la canzone Senza fine di Paoli. È senza fine la vita».

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