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Sudafrica: dazi doganali Usa al 30%

di Armand Djoualeu

- Fonte: Città Nuova

L’ America di Donald Trump vuole imporre dazi doganali del 30% alle merci provenienti dal Sudafrica. Una cosa curiosa che forse Trump non ha notato è che questi dazi danneggiano in particolare i coltivatori afrikaner “bianchi”, proprio quelli che il presidente Usa aveva promesso a maggio di difendere dal governo di Pretoria.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (a destra) incontra il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa (a sinistra) nello Studio Ovale della Casa Bianca a Washington, DC, USA, 21 maggio 2025. Foto: EPA/JIM LO SCALZO / POOL via Ansa

Continua la saga diplomatica ed economica tra l’amministrazione Trump e il Sudafrica. Al Sudafrica vengono imposti dagli Stati Uniti dazi doganali del 30%, mentre altri Paesi africani hanno ottenuto esenzioni. Diversi Paesi in tutto il mondo sono infatti riusciti a ridurre l’importo dei dazi attraverso altri impegni e accordi commerciali, comunque vantaggiosi per gli Stati Uniti. L’Unione europea, ad esempio, sembra riuscita all’ultimo minuto a ridurre la sua aliquota dal 30% al 15%.

Dopo aver denunciato l’applicazione dei dazi doganali da parte dell’amministrazione Trump, il Sudafrica ha proposto martedì 12 agosto a Washington un nuovo accordo commerciale che definisce “generoso”, e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che «tutti i canali di comunicazione rimangono aperti al dialogo con gli Stati Uniti».

Il presidente sudafricano ha telefonato direttamente al presidente americano, Donald Trump, nel tentativo di disinnescare la crisi che i dazi Usa potrebbero generare. Il dialogo si è svolto mercoledì 13 agosto mattina, su iniziativa del presidente sudafricano. Per il presidente Ramaphosa, l’imposizione di dazi statunitensi al 30% minaccia settori chiave come l’agricoltura, l’industria automobilistica e il tessile, e va il più possibile evitata. Sarebbero a rischio circa 100 mila posti di lavoro. Ma senza un accordo rapido, le ripercussioni economiche potrebbero essere gravi per il Sudafrica.

Occorre rilevare, però, che i viticoltori e gli agrumicoltori sudafricani sono tra i più colpiti da questi nuovi dazi, soprattutto nella provincia del Capo Occidentale. E paradossalmente sono proprio quegli agricoltori afrikaner “bianchi” che Donald Trump aveva promesso a maggio di difendere dalla presunta “oppressione” del governo sudafricano.

Tuttavia, alcuni importanti economisti hanno fatto notare che molti prodotti sudafricani sono in realtà esenti da questi nuovi dazi, in particolare i minerali. «Queste sono di gran lunga le maggiori esportazioni verso gli Stati Uniti in termini di valore», spiega Azar Jammine, noto economista sudafricano e direttore della società di consulenza Econometrix. «Se li escludiamo [i minerali], le esportazioni interessate rappresentano in definitiva solo circa il 2,5% delle esportazioni sudafricane».

Secondo Jammine, le motivazioni degli Stati Uniti sono più politiche che economiche, e il margine di manovra in una trattativa del governo sudafricano con Trump è prossimo allo zero. Ciò è dovuto alle ripetute critiche rivolte dall’amministrazione Trump alla politica di rinnovamento del Sudafrica e alla sua posizione relativa al conflitto di Gaza. Di fronte alle pressioni americane, Pretoria è sempre rimasta ferma. Il ministro Khumbudzo Ntshavheni ha ribadito: «Il programma di trasformazione del Paese non è negoziabile».

Manifestazione a sostegno del popolo palestinese davanti all’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Pretoria, Sudafrica, 1° agosto 2025. Foto: EPA/KIM LUDBROOK via Ansa

Va inoltre ricordato che se gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale del Sudafrica, il primo è la Cina.

Ma non solo: il Sudafrica aderisce ai Brics, di cui è uno dei 5 Paesi fondatori (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Dal 1° gennaio 2024 ai 5 fondatori si sono aggiunti altri 11 Paesi, e altri 16 hanno presentato richiesta di adesione.

I Brics rappresentano già fin d’ora il 46% della popolazione mondiale e il 29,3% del Pil globale. E si pongono in evidente alternativa ai Paesi del G7 (di cui fanno parte gli Usa).

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