Storie quotidiane di fragilità

Sento discutere di medicina palliativa e medici di hospice. Di che si tratta? - Marta

«Sento discutere di medicina palliativa e medici di hospice. Di che si tratta?». Marta

 

Un pomeriggio entrammo per la prima volta in quella casa trovando un clima di disperazione: i familiari erano pieni di sensi di colpa nei confronti del congiunto, che rinfacciava loro le scelte che avevano prolungato le sue sofferenze. Il malato, a letto e ormai prossimo all’agonia, da giorni rifiutava qualsiasi contatto. Quando ci vide, ci “accolse” con un filo di voce: «Se siete venuti per farmi morire, va bene… altrimenti, andatevene. E non ditemi che ve lo vieta la legge». Brevi istanti, per comunicare che non era una legge, ma il fatto che a lui tenevamo, a guidare le nostre scelte: «Se ce lo permette, possiamo provare a toglierle il dolore e farla riposare almeno questa notte». Accettò, seppure con diffidenza verso i “nuovi arrivati”, e iniziammo la terapia con morfina, che si mostrò subito efficace. Il mattino dopo, lo scenario completamente mutato: i familiari, commossi, ci raccontarono che la sera prima il paziente, finalmente libero dai dolori, li aveva voluti salutare uno ad uno, riconciliandosi con ciascuno; poi, sfinito, si era addormentato. Eravamo presenti al risveglio: ci sorrise, esclamando: «Sono in Paradiso». Poi si riaddormentò, questa volta definitivamente, morendo nel pomeriggio, in un clima di serenità. Un’assistenza breve, di un giorno. Che cosa sono 24 ore nella vita di un uomo? Ma cosa sarebbe stato, per lui e per la sua famiglia, se quella vita fosse stata interrotta 24 ore prima, per una scelta dettata da una legge o da una ideologia?

L’attività di un’èquipe di cure palliative è fatta di tanti incontri come questo, a volte brevi e intensi, a volte lunghi e continuati in un cammino quotidiano che può durare mesi, insieme con i malati e le loro famiglie. Possono essere l’abbraccio con una giovane donna, per dirle che è il momento di “salutare” le sue bambine di 6 e 9 anni: questo lei aveva chiesto, diversi mesi prima, in uno struggente primo incontro durante un ciclo di chemioterapia. Sono le tante storie quotidiane in cui la complessità dei legami e dei rapporti, nel percorso a volte lungo e travagliato a volte repentinamente breve, richiede inevitabilmente una presa in carico, globale e multidisciplinare, di un’intera famiglia. Sono le storie quotidiane di fragilità che ci segnano, ma al tempo stesso ci spingono avanti, in quel “principio di reciprocità” descritto come «una relazione biunivoca; non soltanto uno dà e uno riceve. Il beneficiato non è un semplice oggetto di benevolenza per chi lo beneficia, ma è qualcuno che restituisce a chi lo sta aiutando il significato del suo operare», come dice Stefano Zamagni.

ferdinando.garetto@gmail.com

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